Il punto. La lezione della Scozia e la libertà dei popoli contro lobbies ed élite tecnocratiche

imageGli indipendentisti hanno già vinto la loro battaglia, al di là dell’esito della consultazione referendaria. E questo risultato supera ampiamente i confini dell’isola britannica.

Alzi la mano chi conosceva, fino a poche settimane fa, Alex Salmond, leader indipendentista scozzese. Per fronteggiare questo signore, e la sua sfida in nome dell’autodeterminazione dei popoli, si sono scomodati i grandi della Terra: da Bill Clinton fino ai vertici della Banca tedesca, oltre ai maggiori leader europei. Per non parlare delle firme e degli opinionisti (compresi quelli nostrani), tutti travestiti da Cassandre nel prefigurare sciagure in caso di vittoria del “Sì”…

Bene, Salmond, questo piccolo Davide, ha fatto scacco matto a Golia, mostrando che il Re (o la Regina, se volete) è nudo: i popoli liberi, estranei ai giochi della City e alle formule astruse e  austere della Bce e del Fmi, reclamano partecipazione, una più diretta gestione politica della propria comunità, maggiore consapevolezza nelle scelte energetiche o belliche, differenti orientamenti giuslavoristi e un welfare al passo con i tempi.

Con il voto per la Scozia indipendente è tornata la politica. Destra e sinistra italiane hanno snobbato l’avvenimento, prese come sempre dalle beghe di Palazzo. Ma questa valanga di energia e partecipazione che arriva dalla Scozia non sarà sempre canalizzabile nel populismo sistemico alla Grillo-Casaleggio: si sono rotti gli argini e una nuova visione comunitaria della politica, dell’Europa e dell’esistenza stessa dei popoli, appare di nuovo possibile. A Edimburgo, come a Roma e Atene.

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Michele De Feudis

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