Cultura. Arturo Reghini tra massoneria fascismo e anticattolicesimo

In mezzo al novero dei “figli di un dio minore”, di quei pensatori ignorati o al massimo bistrattati dalla cosiddetta cultura ufficiale di regime (democratico), merita di sicuro un posto la figura di Arturo Reghini: fiorentino, classe 1878, è stato matematico, filosofo ma soprattutto uno dei più acuti e preparati esoteristi italiani (intendendo tale termine nella sua accezione più alta e dignitosa).

Voce autorevole del pitagorismo italiano, autore di numerosi studi sui numeri e sul simbolismo ad essi sotteso, esponente di rilievo di quella massoneria colta che nulla ha in comune col malaffare o lobby economiche, a lui si deve l’aver riportato in vita la corrente pagana italiana, nettamente contrapposta alla cultura ed allo stile di vita cristiano-cattolico.

Nel 1914 pubblica sulla rivista Salamandra l’articolo “Imperialismo pagano” (in seguito oggetto di una querelle col barone Julius Evola, autore di un’opera omonima pubblicata nel 1928) nel quale il pitagorico fiorentino espone il suo manifesto metapolitico, affermando senza mezzi termini che “nella lunga serie dei secoli, dalla fondazione della Chiesa di Roma in poi, il Papato, sempre e poi sempre, è stato il naturale nemico di Roma e d’Italia. La civiltà latina, eclettica, serena, aperta, in una parola gentile, e l’Impero romano con essa, furono soffocati dalla mentalità esotica, intollerante, fanatica, dogmatica del cristianesimo. È questo un delitto che attende ancora espiazione”.

Manifesto destinato ad essere ripubblicato nel 1924 sulla rivista Atanòr, forte della chiara sintonia con il Fascismo che, in maniera palese, definiva se stesso l’erede legittimo della tradizione imperiale romana. Pochi sanno che, proprio in quegli anni, il Gruppo di Ur (sodalizio cui facevano parte, tra gli altri, sia Evola che Reghini) tentò di influenzare “culturalmente” Mussolini spingendolo verso posizioni tradizionali e pagane, nell’intento pratico di creare uno Stato autenticamente romano, antitetico alla cultura ed al pensiero della Chiesa di Roma. Progetto che, però, non fece i conti con le scelte pragmatiche del Duce e che fallì miseramente con la stipula del famigerato Concordato del 1929 e le note vicende che seguirono.

Arturo Reghini morirà a Budrio nel 1946, lasciando un’eredità culturale che è tutt’oggi punto di riferimento dell’esoterismo e del pitagorismo italiani.

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Giuseppe Contarino

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