Il commento (di G. de Turris). La deriva orwelliana in arrivo con il glossario di Stato

informazione-rispettosa-delle-persone-LGBtQualche amico ritenuto un po’ eccessivo il “dialogo sgradevole” pubblicato da Il Borghese del dicembre scorso in cui si denunciava in modo un po’ grottesco il sorgere di uno Stato di Polizia Verbale da far invidia alla neolingua di 1984. Purtroppo, invece, la realtà ha in breve superato la fantasia.

Infatti ecco che sul sito governativo delle Pari Opportunità è stato pubblicato un opuscolo dal beneaugurante titolo di Linee guida per una informazione rispettosa delle persone LGBT, sigla che sta per lesbiche gay bisessuali transessuali. Addirittura con il finanziamento dal Consiglio d’Europa che ha a cuore simili problematiche fondamentali nel pieno della crisi del Vecchio Continente,è stato redatto dall’Unar, che qui sta per Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali, il cui direttore generale è tal Marco De Giorgi. Una struttura che immagino avrà i suoi uffici,il suo personale con i suoi stupendi, e con i suoi costi, creato chissà da chi e che di certo avrà oltre il direttore generale avrà anche un presidente, un segretario eccetera eccetera.

In pratica un vademecum indirizzato al giornalista politicamente e sessualmente corretto per usare quelle che si ritengono le parole e definizioni “giuste” in questo settore, giuste non si sa bene in base a quale criterio ideologico e lessicale.

Comunque sia, il problema gravissimo è questo: per la prima volta dalla fine della dittatura fascista un governo democratico interviene con tutta la sua autorità e ufficialità per indicare una “verità (linguistica) di Stato” stampando un apposito glossario ad uso della stampa italiana. Non dunque una modifica che si verifica più o meno spontaneamente fra la gente ancorché sotto il condizionamento ossessivo dei mass media e degli intellettuali, ma imposto dall’alto, ex catedra. E’ lo Stato che ci dice che parole, che termini, che linguaggio usare. Le “veline” del Minculpop che ogni giorno arrivavamo nelle redazioni dei giornali italiani per indicare cosa dire e cosa non dire, che aggettivi e vocaboli usare e non usare per certe persone o avvenimenti, sono abbondantemente superate da un manualetto scritto dal governo italiano su finanziamento del governo europeo ad uso dei giornalisti italiani tutti. Un bignamino da temere in tasca e compulsare ad ogni occasione per non dire cose sbagliate e discostarsi dalle “linee guida” governative.”Veline” fasciste vituperate e ridicolizzate, mentre queste “linee guida” lo saranno?

La realtà, come detto supera la fantasia. E se qualcuno non si adegua che succede? Non si sa, ma il De Giorgi intervistato da Il Giornale del 19 dicembre 2013 ha preannunciato che “insieme all’Ordine dei Giornalisti stileremo un protocollo d’intesa per ragionare su questi temi”. Vedremo cosa uscirà da questi alti “ragionamenti”: richiami, ammende, sanzioni, denunce, condanne, radiazioni? Ma un ordine professionale può imporre o anche semplicemente consigliare ai suoi iscritti che per mestiere fanno comunicazione in che modo dovrebbero esprimersi? Tutto ciò non è una contraddizione di fondo in una nazione che si autodefinisce democratica? O dietro l’ipocrita usbergo della democrazia diventa “bene” quanto invece in una dittatura era “male”?

Dieci anni fa il presidente Ciampi ammonì i giornalisti italiani di avere “la schiena dritta” alludendo da par sui ad una immaginata (e illusoria) “occupazione della Rai” da parte del protervo Berlusconi che ovviamente non vi fu e che era soltanto un pretesco per additarlo al pubblico ludibrio: vedremo adesso se l’avranno di fronte al glossario di Stato che intacca la loro libertà d espressione. Magari, invece, saranno per la maggior parte d’accordo, piegando la loto spina dorsale ai diktat del politicamente corretto che ormai ha imposto la sua dittatura occulta in nome di “diritti” e “dignità” prefabbricati e calati dall’alto dalla casta politico-intellettuale che sta pian piano, quasi senza ostacoli, imponendo la sua visione del mondo distorta e innaturale.

 

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Gianfranco de Turris

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