Politica. Berlusconi da Santoro e ritorna il “tutti pazzi per il talk show”

All’inizio fu l’epica del libro e della cultura cartacea, quotidiani e riviste, con al comando le truppe della sinistra, capaci di guidare l’opinione pubblica e di influenzare le scelte politiche. Ciò avveniva per condivisione (intellettuali e uomini di cultura, rivoluzionari di professione e engagé di ogni tipo) o per aspirazione (il popolo che nell’astruso intellettualismo di alcuni maestri della gauche vedeva un incomprensibile ma superiore spirito guida). Craxi irrompe nella frigida comunicazione politica italiana iniettando le prime dosi di immaginario prototelevisivo, aprendo il varco al regno televisivo, onirico e immaginifico, consumismo e comunismo estetico: tutti degni di esserci e di viversi. Il trionfo del 68, lo giudicherà Perniola in un suo libro recente. La messa in atto visiva e visuale di ogni libertà pensata.

Da quel regno si è immaginato negli ultimi mesi di trasmigrare nell’iperuranio virtuale, la Rete, luogo di nomadismo e di mascheramento, di sovversione e situazionismo più che di rivoluzione. Ma nel momento in cui Casaleggio e Grillo pareva riuscissero a imporre la dittatura dell’assenza (dalla tv), inaugurando l’era  della famigerata webdemocrazia, Berlusconi – che si precipita anche nel salotto di Michele Santoro – irrompe nell’agorà televisiva dettando i tempi e ritmi a queste elezioni, ma soprattutto rivitalizzando lo scontro televisivo. Monti si è ambientato in maniera perfetta, anche perché la sua figura pur all’antitesi con quella di Berlusconi, ha un suo stile prettamente televisivo. Silvio è perfetto nell’esaltare le potenzialità spettacolari del medium, Monti è il vecchio saggio della tribù che si ascolta attenti davanti al fuoco: la tv è il camino intorno a cui si raccoglie la famiglia italiana.

Al periodo critico come quello attuale non è congeniale l’uomo di frontiera, il ribelle digitale. Anche Bersani si trasforma nell’uomo del buonsenso, in equilibrio fra neocapitalismo e rigurgiti veterosindacalisti, paterno conciliatore, pacificatore di risse condominiali, un viso che nelle nostre case la tv ha reso familiare quanto le sue filastrocche romagnole. Elezioni casarecce, in attesa che ci si accorga della vacuità di un fuoco che riscalda ma non arde. Che si spenga quindi, cosicché il gelo ci costringa a reinventarci per vivere e non costituisca un espediente che ci rende contenti di sopravvivere. Ricordando che spesso è saggio colui che cerca di non esserlo.

Guerino Nuccio Bovalino

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