L’ossessione per la produzione sregolata e l’ansia di tenere sempre alti i numeri dell’indotto anche in tempi di crisi si sono saldati a Prato come in altre aree d’Italia (su tutte il settore del Tac materano): ecco cosa c’è dietro l’eccidio dei lavotatori in Toscana, che adesso viene salutato da istituzioni, politica e sindacati con insopportabile ipocrisia. L’illegalità e il nero, come spiegato anche da inchieste di Report, sono una alternativa plausibile o una opportunità di doppio lavoro in ampi territori nazionali. In questa zona grigia c’è tolleranza e ignoranza, un mix micidiale che avvelena la vita industriale dei tanti che si ostinano a produrre rispettando le leggi, rendendoli di fatto poco competitivi.
Nelle more delle surreali diatribe ex post si è destata dal torpore ideologico anche la fatina di Monte Citorio, Laura Boldrini. Il presidente della Camera ha scoperto che corriamo il rischio “di importare il peggio della globalizzazione, anziché esportare il nostro modello che è stato quello di combinare libertà di impresa e tutela dei diritti, e rischiamo di tollerare delle enclave in cui c’è stata la delocalizzazione dei diritti”.
Il mondo senza frontiere e senza regole – soprattutto sul lavoro -, cara Boldrini, non è il migliore dei mondi possibili.
* Limonka è una rubrica di commenti e idee