Cultura. Cento anni fa la fondazione della rivista Lacerba di Papini e Soffici

lacerba“LASCIATE OGNI PAURA, O VOI CH’ENTRATE! … sarà questo un foglio stonato, urtante, spiacevole e personale. Sarà uno sfogo per nostro beneficio e per quelli che non sono del tutto rimbecilliti … una battaglia culturale come violenta azione di molestia, di sfacciata provocazione …”. (Dall’Introibo di Lacerba – manifesto programmatico lacerbiano uscito nel primo numero della rivista)

Correva l’anno 1913 quando fu fondata, il 1° gennaio, la rivista di letteratura, arte e filosofia “Lacerba” da Giovanni Papini e Ardengo Soffici.

Il nome le deriva dal trattato scientifico – L’Acerba- di Cecco d’Ascoli (1269-1327), composto in versi in cui l’autore si scaglia contro Dante Alighieri e tutti gli esponenti della cultura dell’epoca da lui considerati nemici del pensiero razionale scientifico. Fu di G. Papini l’idea di inserire un verso“Qui non si canta al modo delle rane”– tratto da quest’opera trecentesca nella testata della rivista ad indicare una precisa volontà polemica nei riguardi delle visioni ideali religiose e politiche.

Lacerba è il frutto della separazione di alcuni scrittori e artisti (Papini, Soffici, Marinetti, Carrà) de La Voce (un’altra rivista letteraria fondata da Prezzolini nel 1908) che non vi si riconoscevano più – “Questa baracca non mi interessa più – scrive Soffici a Papinis’è infiltrato qualcosa nell’organismo che mi ripugna. Non si sa da dove sia uscito, ma oscilla su tutti come nebbia di mediocrità e di meschineria, anche di falsità, che rattrista … Ma fortunatamente noi ci salviamo.” (Una vecchia canzone ieri come oggi si sarebbe alzata nel vento:  “Anche se tutti … noi no!”) . In particolare le diverse opinioni sul futurismo ne segnarono il definitivo divorzio, troppo divergenti ed inconciliabili le considerazioni dei fondatori delle due riviste. Da una parte, Prezzolini che lo riteneva “roba vecchia, residui, rimasticature, zeppe …” e dall’altra, Papini che sosteneva  “il futurismo essere l’unico movimento d’avanguardia, guerra contro l’accademia, contro l’università … contro la cultura ufficiale, è la liberazione dello spirito dai vecchi legami … è forsennato amore per l’Italia e della grandezza d’Italia … è odio smisurato contro la mediocrità, l’imbecillità, la vigliaccheria, l’amore dello status quo e del quieto vivere …”.

Questo centro d’attrazione di spiriti indipendenti, arditi ed appassionati dopo una scissione interna al movimento futurista (da una parte i fiorentini Soffici, Papini, Palazzeschi, Carrà che si proclamano gli autentici futuristi, dall’altra i milanesi, definiti con disprezzo “marinettisti”) per una serie di riserve ed anche di ambiguità, vira di bordo. Indossa l’abito dell’interventismo, schierandosi per l’entrata in guerra dell’Italia, e puntando su quello che Carrà chiama “il nemico naturale (Austria)e “l’odioso imperialismo teutonico”. Intervenire, precisa, “è stretto dovere nostro e di ogni giovine italiano che non sia figlio di puttana. Il popolo è pronto a marciare con noi”. Interventista, dall’agosto del ’14 Lacerba, si dedica solo alla propaganda politica e al nazionalismo estremo attaccando il governo italiano per la neutralità ormai imbecille e i “piagnoni” neutralisti e socialisti.

Il terzo periodo della rivista comincia con il 1915. Stavolta, accanto all’impegno politico riaffiora quello culturale (letteratura ed arte) con collaboratori d’eccezione come Palazzeschi, Govoni, Ungaretti, Sbarbaro, De Robertis. In questo anno uscirà l’ultimo numero di Lacerba; una chiusura definitiva contrariamente alle premesse, in base alle quali sarebbe dovuta essere solo una temporanea sospensione per tutta la durata della guerra.

A distanza ormai di cento anni credo sia debito ricordare le battaglie combattute e vinte da questa fanciullesca armata che con la sua impegnata e concreta attività ha affermato e diffuso nuove idee letterarie e ha reso noto lo spirito della sua epoca. Impaziente di spoltrire il mondo e di spalancare le frontiere dell’intelligenza e dell’arte. Tessitrice dell’elogio dell’uomo solo, indipendente e spregiudicato (il “genio”, una sorta di superuomo);  una “testa calda” ingenua e sognatrice, sarà forse sembrata a molti. Questa meteora però, nonostante i suoi due anni di vita è riuscita a far seguire i fatti alle parole: “Abbiamo vinto il ministero Salandra-Sonnino ha fatto suo il nostro programma”. L’Italia scende in campo.

Di quanti altri “progetti” si potrebbe dire lo stesso? Lacerba fu avanguardia allo stato puro e coraggio delle idee.

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Valentina Berti

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