L’analisi. E’ il momento di una manifestazione per cambiare la vecchia costituzione

patria-inno-italiaSolita piazza. Solita gente. Solite bandiere. Soliti slogan. Di meglio e di più  la sinistra dura e pura (quella della Fiom di Landini, del “Fatto Quotidiano”,  di Vendola e Rodotà) non è sembrata  in grado di offrire alla riflessione sulla crisi “di sistema”, riproponendo, come ad  ogni cambio di stagione, sabato 12 ottobre,  in Piazza del Popolo, a Roma, il liso guardaroba cucito sull’ intangibilità della Costituzione. A sentire certi interventi e a leggere le “ragioni di fondo” della protesta, convocata nella convinzione che la Carta possa e debba essere ancora “una preziosa guida per affrontare la complessità della vita sociale contemporanea”,  si comprende il senso del distacco dalla “realtà fattuale” della sinistra italiana, ormai incapace di dare risposte adeguate alla crisi del nostro Paese, che è insieme crisi economica, sociale e politica. E perciò crisi che riguarda anche il nostro impianto costituzionale, sulla cui debolezza strutturale esiste non solo una ricca letteratura ma anche la diffusa consapevolezza da parte della più vasta opinione pubblica.

Pensiamo, al riguardo,a quanto scrissero, a partire dagli Anni Sessanta del Novecento, autori come Giuseppe Maranini (“Miti e realtà della democrazia”, Comunità, Milano 1958), Giacomo Perticone (“La partitocrazia è uno spettro”, “Il Politico”, 1959), Lorenzo Caboara (“Patologia dello Stato partitocratico”, Leonardi, Bologna 1968), Panfilo Gentile (“Democrazie mafiose”, Volpe, Roma 1969). Ad unire queste, come tante altre analisi, la denuncia della lontananza tra eletti ed elettori, la scomparsa di ogni selezione meritocratica del ceto politico, lo strapotere delle segreterie dei partiti, il gregarismo ideologico, l’occupazione partitocratica dello Stato, con il conseguente controllo del cosiddetto sotto governo e dell’amministrazione pubblica, la corruzione diffusa, l’instabilità politica.

Di questa “realtà”gli italiani sono, oggi,  ben consapevoli, vivendola quotidianamente sulla loro pelle, salvo poi cercare nell’astensionismo elettorale e nel voto di mera protesta (ultimo quello dato al Movimento Cinque Stelle) gracili ed inadeguati palliativi.

Da qui, dalla “presa d’atto”di una  “crisi di sistema” ormai evidente, bisognerebbe partire per lanciare ben altre parole d’ordine e ben altri appelli alla mobilitazione di quelli del conservatorismo costituzionale, incarnato dalla sinistra. Da qui bisognerebbe partire per  una mobilitazione, anche popolare, quindi “di piazza”,  che rimettesse al centro la necessità di ritrovare/ricostruire il senso dello Stato, uno Stato finalmente autorevole, fondato su una rinnovata democrazia, su un sistema rappresentativo in grado di garantire il massimo della partecipazione insieme ad una salda governabilità, un’autentica legittimazione popolare unita ad una ritrovata efficienza “di sistema”.

Su tutto l’idea-forza di un’Assemblea Costituente, eletta con il sistema proporzionale, attraverso la quale richiamare i partiti alle loro responsabilità e fissare nuove regole e nuovi obiettivi per un’ Italia da troppo tempo in balia dell’emergenza, mascherata da “larghe intese”, della precarietà, nascosta dietro gli impegni europei, della non-politica, giustificata dalla crisi. Gli argomenti ci sono tutti. Qualcuno vuole farsi avanti ?

Mario Bozzi Sentieri

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