La mostra. “Videro e credettero” originale sintesi tra filosofia e arte cristiana

videro credetteroUn insieme di occhi e mani, menti e pensieri. Può essere definita così la commistione tra arte e filosofia promossa in una nuova mostra dalle radici cristiane: “Videro e credettero. La gioia e la bellezza di essere cristiani” realizzata dall’associazione Itaca per l’Anno della fede, d’intesa e col patrocinio del Pontificio consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione, del Progetto Culturale e dell’Ufficio Comunicazioni Sociali della CEI. La manifestazione, che dopo Messina sarà realizzata in altre diocesi, intende essere uno strumento itinerante a disposizione di diocesi, vicariati, decanati, zone pastorali per una comunicazione città per città dei contenuti essenziali della fede e della vita cristiana. La mostra propone un percorso che intende mettere in luce i tratti essenziali della fede come una possibilità per ciascuno: «La “porta della fede” […] è sempre aperta per noi» (Porta Fidei, 1).

La mostra è suddivisa in cinque sezioni: il “contesto” è il primo. Come scrisse Pèguy, poeta francese, è in “un mondo dopo Gesù senza Gesù nel quale viviamo”. Si inizia proprio con un pannello che ritrae la città di Cracovia, con un nuovo quartiere costruito dopo il 1950 privo di Chiese, perché così voleva il regime comunista. Si passa poi alla domanda di Eliot che ispira il dibattito sulla fides et ratio con le sue varie encicliche «È l’umanità che ha abbandonato la Chiesa o è la Chiesa che ha abbandonato l’umanità?» e gli risponde con l’epigrafe, un Benedetto XVI che nel dicembre del 2011, mai così vicino ai giovani e agli intellettuali, esordì così: «Il nocciolo della crisi della Chiesa in Europa è la crisi della fede». Il secondo step della mostra passa dritta alla questione più spinosa: il cuore dell’uomo moderno. Gesù sembra essere la risposta ai quesiti di natura positivistica e nietzschiani sull’uomo che tende all’infinito, inconciliabile con l’Essere divino. Ma è Gesù, il Dio che si fa finito e abbraccia l’uomo. Dio ignoto, lontano, irraggiungibile, Il titolo (e l’immagine portante della mostra), Videro e credettero, è stato suggerito dal racconto di Pietro e Giovanni che corrono al sepolcro; vedendo le bende a terra Giovanni “vide e credette”. Dopo l’antefatto la terza sezione è dedicata nello specifico al Gesù di Nazaret. Il pamphlet grafico parte con la domanda di Dostowvskij su come «un uomo colto, un europeo dei nostri giorni può credere, credere proprio, alla divinità del Figlio di Dio, Gesù Cristo?». La risposta ancora una volta suggerita dall’arte e dal mito, attraverso l’esperienza di Giovanni e Andrea che iniziano a seguire il Maestro perdendosi nella sua eccezionale umanità, conquistando così la loro fede. Un Dio straordinario e umano al tempo stesso, ancora una volta. «Per credere c’è solo da lasciarsi andare, c’è solo da guardare» scrive ancora Péguy nella fase del “riconoscimento”. Dopo aver citato la Versione di Pasolini sul Cristo Re, ecco il racconto biblico di un Gesù che abbraccia indistintamente prostitute, usurai, criminali, rendendoli belli, umani, dolci. È il racconto di Nicodemo, di Maddalena, di Zaccheo, da cui si evince questo straordinario pathos. Si passa quindi alla resurrezione splendidamente dipinta dal Tiziano, dove il ladrone sembra librarsi dalla croce per andare in Paradiso mentre un sofferente Cristo vive il sacrificio per tutti i peccatori. E così si compie il mistero della fede e si arriva all’ultima tappa riflessiva della mostra: il Gesù contemporaneo, esempio di vita nelle nostre vite con la parabola forte del figliol prodigo. La Chiesa viene dipinta come madre che abbraccia i suoi fedeli nella storia, così come ricordato oggi nel discorso di Papa Francesco: “i comandamenti come segni di benevolenza di una madre che vuole solo la felicità per i propri figli” non come semplici diktat. Finalmente si concilia il piano della ragione, aperto da Hannah Arendt, col piano della fede, post-cartesiano, sino a Cornelio Fabro e agli insegnamenti riscoperti di Sant’Agostino, alla sintesi di Ratzinger. Una sinossi unica che apre al fedele-lettore le porte della comprensione dell’incompreso fardello “Gesù è dentro di noi e ci riempie di sé”.

La mostra, ideata da Eugenio Dal Pane, fondatore e direttore editoriale di Itaca, è curata da monsignor Andrea Bellandi, professore stabile ordinario della Facoltà Teologica dell’Italia Centrale, di cui è stato Preside dal 2003 al 2009. La ricerca iconografica è curata da Sandro Chierici, storico dell’arte e direttore editoriale di Ultreya. Tanti i “partners” di questa emozionante mappa della fede, tra cui il quotidiano Avvenire e la Conferenza Episcopale. Tra le numerose citazioni e il racconto dei tanti volontari provenienti dalle fila scolastiche del mondo laico, ci siamo trovati immersi in questo “bagno di fede”, una volta tanto con un sale di sano liberismo etico e culturale, dal quale ne siamo usciti rigenerati. Una mostra per chi crede di credere, ma soprattutto per chi crede di non aver mai creduto, visto che l’uomo ha bisogno dei suoi totem, per dirla alla Durkheim, non fa mai male provarci, San Tommaso insegna: “vedere per credere”.

Santi Cautela

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