Altra scoperta: la maldicenza giova alle imprese! Voci di corridoio – o di altri posti meno riferibili –, indignazioni da distributore del caffé, spietate valutazioni su stile e salute, conti approssimati sul salario di questo o quella, imitazioni non sempre carine, scherzi goliardici: chi è senza colpa scagli la prima pietra.
Certo, l’educazione giudeo-cristiana aborre la maldicenza, ma ora gli etologi rivalutano le malignità confidenziali. Basta santarelline con una parola buona per tutti – chi si credono queste perfettine? –, largo alle lingue biforcute, loro sì che rafforzano i legami sociali.
I felini pomiciano, le scimmie si spidocchiano, l’Homo faber sputtana. In questo teatrino infantile, il cattivo (assente), permette ai buoni (presenti) d’intendersi alle sue spalle, provando il brivido della trasgressione. E poi spettegolare ispira fiducia. Non ci si scambiano forse osservazioni «pericolose» irripetibili?
Eppure le origini di questa abitudine non lusingano. Per la psicanalista Virginie Megglé, cominceremmo da piccoli a dir male degli amichetti per mantenere la predilezione dei nostri genitori. Per lo psicologo Laurent Bégue questa tendenza «naturale» verrebbe da un senso d’ inferiorità. Ma il pettegolezzo è un boomerang : ogni maldicente attira maldicenze.