Apollo, Pan, Dioniso, richiama sin dal titolo una visione pagana della vita e F. G. Jünger fu sempre attento alla mitologia greca, tanto da dedicarvi questo libro che ebbe una gestazione particolare. Nel 1943 Jünger pubblicò un libretto, poi un altro intitolato I Titani. Nel 1947 riunì i due libretti, vi aggiunse due saggi su Pindaro e sugli Eroi e pubblicò il lavoro intitolandolo Miti greci: questo.
Ernst Jünger, che fu influenzato dal libro del fratello, nel 1982 scrisse nel suo diario: “Da tempo mio fratello Friedrich Georg e io ci siamo occupati, sia soffrendone che essendo spettatori, del ritirarsi degli dei e dell’avvento dei titani”. F. G. Jünger dimostra nella sua opera che l’uomo moderno è un soggetto “mitopatico”, che soffre l’azione degli dei e che ripete di volta in volta lo schema del loro agire. Questo libro è forse uno dei migliori scritti da un autore della cosiddetta “emigrazione interna” in Germania. I componenti, che derivavano dal movimento culturale della Rivoluzione conservatrice e non condividevano la politica del Nazionalsocialismo, preferirono restare in Germania mettendosi da parte, passando al “bosco”, poiché il regime, una volta giunto al potere, tradì ideali e aspettative degli intellettuali rivoluzionario-conservatori. F. G. Jünger fece appello a un sapere e a un approccio alla cultura che prescindesse dal razionalismo e che si affermasse “con il simbolo”, con una rappresentazione mitica. Infatti, per l’autore in ogni uomo, nelle proprie interiorità e attività, ci sarebbe un dio. Non solo: anche la tecnica avrebbe radici mitiche, titaniche, prometeiche del tutto specifiche. Deve rifarsi, per comprendere la realtà intorno a sé, a una visione simbolica e immaginale più che razionale in senso stretto. L’esito sarebbe una percezione differente. Gli dei di cui parla Jünger sarebbero in rapporto di “fraterna antitesi”. Un’antitesi che però li porterebbe a incontrarsi. Così Apollo “è esaltato come l’archetipo – dice Jünger – alla base dello stile cognitivo ed esistenziale che privilegia la ragione contemplativa e il senso della misura e della concretezza contro ogni anelito faustiano”. In Pan “si rivela l’eterno ciclo della natura che basta a se stessa, che non è consapevole di sé e in cui non esistono né storia né dramma. Qui il tempo scorre soltanto, qui non ci sono né il mutamento né il bisogno di esso”. Dioniso libera e segna “l’eliminazione delle determinazioni temporali, dei confini e l’aprirsi dell’Ade” perché, come disse Otto richiamandosi a Eraclito, “Ade e Dioniso sono una stessa identica cosa”.
In definitiva, l’ideale di uomo che lo scrittore e filosofo indica, è un soggetto immerso nella contemplazione apollinea, profondamente rispettoso della Madre Terra e in grado di vivere all’unisono con la Vita.
F. G. Jünger, Apollo, Pan, Dioniso, Le Lettere ed., (a cura di Mario Bosincu) pagg. 283, euro 18,00
Manlio Triggiani