“Beato Lui” di Buttafuoco ovvero Berlusconi e l’eterno ritorno dell’Arci-italiano

Il panegirico dello scrittore siciliano sull'epopea del Cav tra televisione, politica e letteratura

Beato Lui di Pietrangelo Buttafuoco

Beato lui. C’è chi lo ha detto, almeno una volta; magari parlandone al bar, con gli amici. E chi mente. Innanzitutto a se stesso. Silvio Berlusconi è morto. Evviva Silvio Berlusconi. Il panegirico di Pietrangelo Buttafuoco sigilla e proietta la parabola del Cav lì dove s’è incistata da trent’anni: dentro la testa degli italiani, fisso nell’immaginario collettivo.

Divide, ha diviso, e continuerà a farlo. Ma, di sicuro, non lascia indifferenti. Silvio Berlusconi non è passato inosservato, nel suo transito terrestre. Chi lo ha amato, alla follia. Chi lo ha odiato, altrettanto pazzamente, disperatamente. “A ciascuno il suo Silvio e ognuno, con lui, per lui, da lui – beato lui – porta un pezzetto di sé”.

Pietrangelo Buttafuoco scrive del più mozartiano degli italiani, intingendo la penna nel mito, nel teatro, nella letteratura. Perché, piaccia o no, Silvio Berlusconi – beato lui – è stata l’ultima epifania carismatica della politica e della società italiana. Poi, si può giudicare la sua opera: quello a cui ci ha ridotto con l’edonismo della tv commerciale, che pure ci sollevò l’umore dalle paturnie paternaliste Rai; la rivoluzione liberale che annunciata non venne mai. Le promesse, a volte infrante. I danni collaterali del potere, a cominciare dall’esibizione delle corti e dallo squillare assordante di giuramenti di fedeltà talora urlati, affettati. La retorica degli anni ’80, che negli anni ’20 del Terzo Millennio diventa nostalgia canaglia. Il saper prendersi in giro in un Paese di bacchettoni e saccenti per conto terzi.

Le citazioni che si susseguono in Beato Lui appaiono, a prima battuta, eccessive. E questo solo perché Berlusconi, beato lui, ha saputo rompere le barriere dello schermo entrando a far parte, nel bene o nel male, nella gioia o nel dolore, nell’esaltazione fideistica o nel rancore, delle case degli italiani. Tra un consiglio per gli acquisti e l’altro. Ecco la ragione del successo e la fonte del carisma dell’uomo che venne da Arcore o, se preferite, dello Stregatto shakespeariano che dipinge Pietrangelo Buttafuoco. Complessità che si spiega a tutti. E, nel farlo, gli vende qualcosa.

La morte, però, non esiste. Almeno negli occhi e nel cuore di chi crede. E Berlusconi è tutto un atto di fede. Si è  ventilato, ce n’è a iosa di meme ironici, che possa un giorno tornare. Non è uno sparire, quello del Cav secondo Buttafuoco. È un celarsi. Se chi scrive non avesse paura di bestemmiare, sussurrerebbe che dalle ultime pagine del panegirico, emerge che la fine di Silvio Berlusconi altro non è che un nascondimento al mondo. Consumatosi non con la morte, né con i lunghi ricoveri a favor di telecamere. Ma con l’addio a Palazzo Grazioli a Roma. Si è nascosto, Silvio. Tornerà? Lui no. Ma l’Arci-italiano che ha incarnato sì, prima o poi ritornerà.

*Beato Lui di Pietrangelo Buttafuoco, Longanesi, 144 pagine, 17 euro

Giovanni Vasso

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