Di solito gli scrittori non hanno molta fortuna in politica. Nel 1990 il futuro Premio Nobel Mario Vargas Llosa venne sonoramente sconfitto alle presidenziali del Perù dall’allora sconosciuto Alberto Fujimori; mentre andò meglio al cecoslovacco Vaclav Havel che nello stesso anno riuscì a farsi eleggere alla guida del Paese e tre anni dopo a riconfermarsi presidente della Repubblica Ceca. Due esempi diversi di una tendenza generale in cui gli intellettuali faticano a occuparsi di politica.
Per tentare di contrastare l’ascesa della destra liberista dell’ex presidente Macri e del sindaco di Buenos Aires Larreta, Cristina e gli altri notabili dell’ala progressista del peronismo hanno offerto la candidatura all’attuale ministro dell’Economia, Sergio Massa. Un politico ancora giovane ma già assai navigato: centrista in gioventù, poi peronista, in seguito vicino al PRO di Mauricio Macri, poi di nuovo filoperonista, sicuramente molto moderato e gradito agli ambienti del potere economico. In coppia con il vice Agustìn Rossi, già ministro della Difesa e uomo di fiducia della Kirchner, sotto la denominazione di Uniòn por la Patria, Massa cercherà di contendere la Casa Rosada al candidato di Juntos por el Cambio (PRO e Uniòn Civica Radical), al momento favorito nei sondaggi. L’alfiere di Juntos por el Cambio uscirà dalle Primarie di agosto, anche se sembra favorito l’attuale sindaco di Buenos Aires, Horacio Rodriguez Larreta, in coppia con Gerardo Morales.
Di fronte alla candidatura di Massa, lo scrittore Mempo Giardinelli ha deciso di rompere con il peronismo ufficiale e si è unito alla coalizione Paz, Democracia y Soberanìa (Pace, democrazia e sovranità), che lo candida alla presidenza in tandem con Barbara Solernou. Il programma di Giardinelli è molto chiaro, di rottura, parecchio di sinistra ma con quelle tipiche venature nazionaliste e sovraniste che ancor oggi scuotono le masse popolari argentine. Il candidato di Paz, Democracia y Soberanìa propone una nuova Costituzione che prenda spunto dall’ultima che considera legale, cioè quella emanata nel 1949 dal governo guidato da Juan Domingo Peròn. E poi una modifica del sistema giudiziario con l’elezione popolare dei giudici; la rinazionalizzazione dei fiumi e dell’estrazione di litio, oro e rame; la riconversione del mare argentino in una “fabbrica” di alimenti ittici; l’abbassamento della giornata di lavoro a 6 ore e della settimana lavorativa a 4 giorni.
«A partire dal 1992, durante la presidenza Menem, il Paranà è stato illegalmente ceduto a soggetti stranieri – ha spiegato Mempo Giardinelli in un’intervista – Di fatto l’Argentina è stata espulsa dalle coste del fiume, che appartengono ai porti gestiti da compagnie straniere: lì non esiste amministrazione nazionale, non ci sono le nostre bandiere e non c’è neppure controllo sulle migliaia di navi che entrano ed escono dal Paranà senza pagare imposte al nostro Stato e senza neppure dichiarare le merci che trasportano».
Esiliato in Messico durante la dittatura militare, Mempo Giardinelli è rientrato in patria alla metà degli anni Ottanta, ha fondato la rivista letteraria Puro Cuento e nel 1993 ha vinto il prestigioso premio Ròmulo Gallegos. Nel suo curriculum figurano anche un dottorato honoris causa all’Università di Poitiers, in Francia, il Premio Nazionale del romanzo in Messico, il Premio Grandes Viajeros in Spagna, il Grinzane Montagna 2007 in Italia e il Premio Andrés Sabella in Cile nel 2013. In Italia sono stati tradotti sette suoi romanzi, tra cui i noir “Luna caliente” e “Il decimo inferno”.
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