L’insostenibile inutilità degli intellettuali cortigiani

La sabbia della clessidra seppellisce tutto non solo i diverbi, i bisticci, ma anche tanti corpi.  I pensatori sono megalomani, narcisisti, si parlano addosso

Un quadro di Mafai

Il 15 Aprile 1944 tre gappisti uccidono a colpi di pistola l’anziano filosofo Giovanni Gentile. È un chiaro messaggio anche se crudele, che nella società dell’avvenire non ci sarà posto per gli ideologi del fascismo. Esecuzione inutile, perché al cambiamento di regime un gregge di scrittori, pittori, cineasti e pensatori abbandona la vecchia palandrana e indossa la nuova, senza conati di vergogna. L’intellettuale conferma di essere il giullare che sta sempre con il principe, chiunque esso sia. Da Gramsci il monito caduto nel vuoto: gli intellettuali sono convinti di mantenere il controllo ideologico, cioè di comandare le masse considerandole sempre bambine. E non sono neutrali, al di sopra per il loro sapere, ma classe sociale. 

Comunque c’è stata la “liberazione”: l’intellettuale cerca di adeguarsi e scopre l’impegno, il greve engagement. Basta ululare alla luna; dobbiamo celebrare il popolo e il lavoro, detergere il sudore.  Il mito è il minatore russo Stachanov. L’impegno dovrebbe essere il feto che produce il nuovo, ma per tanti sarà uno zaino da portare che opprime. Qualcuno esagera: si addentra nella “proprietà privata linguistica e di sfruttamento linguistico-comunicativo”, ovvero lotta contro la lingua usata dai padroni che conduce a una “libertà illusoria”. Di questi si perde traccia, smarriti negli abbecedari.  

E l’epurazione? Operazione strana, che permetterà un tiro al bersaglio ridicolizzando i voltagabbana. Solo un caso. Giorgio Bocca, ormai nonno, minaccia di prendere il mitra e ritornare a fare il partigiano a fronte di un successo della destra. Eppure ha scritto in lode ai Protocolli dei Savi di Sion, la famosa opera antisemita. E guai a ricordarglielo!  

Gli anni scorrono e monta la polemica di Vittorini con Togliatti per il dibattito politica e cultura. Vittorini sembra schierarsi con il disimpegno, liberarsi dalla morsa del partito ma a sua volta la imporrà nella letteratura. Libri bocciati e censure: Il Gattopardo sarà da lui rifiutato e pubblicato solo dopo la morte dell’autore. Anche Calvino eseguirà bocciature clamorose. Paraninfi degli editori tiranneggiano una pletora di lacrimosi scribacchini, qualcuno dei quali si suiciderà. E sopravvalutano i cortigiani come Moravia. Da notare che il suo libro capolavoro, Gli indifferenti, è stato pubblicato nel 1929! Frattanto c’è l’euforia del boom economico e lo sfarfallio di dollari e rubli sborsati per aggiudicarsi la famosa egemonia. 

La carovana continua il suo allegro tran tran borghese con i figli apostati che nel ’68 gli gridano: “Morirete tutti di comodità!”  Ahimè, ecco a disturbare nel 1977 il terribile quesito: “Faresti il giudice popolare in un processo alle brigate rosse?” A Torino ne viene rimandato uno per la diserzione di tutti i giudici. Sindrome depressiva: paura! E gli intellettuali sono coraggiosi o vigliacchi? Montale: “Non andrei, il precetto evangelico dice di non giudicare.” Umberto Eco: “No, non mi suicido.” Sciascia: “Non accetterei per non far da cariatide a questo disfacimento…”  Sanguineti lo accuserà di essere una sentinella che diserta. Notevole Testori con il suo: la poesia è un verme. “Un verme che striscia per distruggere, con la disperata richiesta di una libertà che scardina le prigioni, che striscia per aderire alla povera gloria della carne, al dolore del sangue.” 

Nessun intellettuale si siederà sugli scranni del tribunale, solo un cicaleccio in famiglia, ma non è finita. Il 16 Marzo 1978 avviene il sequestro Moro con l’eccidio della scorta. Lo sdegno è unanime ma loro, le mosche cocchiere, che diranno? Metafore e chiacchere a non finire, immaginiamo. Pasolini, quello stesso che vogliono fare patrono d’Italia, conciona di processo al palazzo del potere sul “corsera” ed arrivano i brigatisti a colpire il cuore dello Stato. Esiste una tragica attinenza? I terroristi sono i Cavalieri dell’Apocalisse giunti a briglia sciolta a far giustizia? 

Le cicale questa volta sono restie a stornellare.  Testori inizia con: “Accuso e condanno la cultura”. Bel colpo!  “Queste morti sono le stazioni gloriose di una via Crucis senza Dio e sul Golgota c’è la turpe fabbrica,” si lamenta. Asor Rosa: “Ci sono due società parallele. Quella integrata e quella emarginata.” Ferrarotti insinua che la mitologia della P38 è nel manifesto del futurismo di Marinetti. (Accidenti!) Si rimproverano i silenzi e Calvino: “Non abbiamo più commenti. Vedo un complotto oscuro.”  Bobbio: “Se gli intellettuali non hanno aperto subito il becco hanno fatto bene.” Piccioni: “Sono i frutti dell’odio maturati dalla lotta di classe.” Vinciguerra si scaglia contro i pedagoghi del crimine e ci mette anche Moravia che si sente estraneo. Una sezione toscana CGIL-scuola approva quanto accaduto destando “aberrazione”.  E il florilegio termina con il pilatesco slogan: “Né con le BR né con lo Stato,” adottato da Sciascia sulle orme di Lotta Continua.

La sabbia della clessidra seppellisce tutto non solo i diverbi, i bisticci, ma anche tanti corpi.  Gli intellettuali sono megalomani, narcisisti, si parlano addosso. Ferretti si avventura ne: l’autocritica dell’intellettuale, così altri.  Sino a Battista che scrive sull’estinzione degli intellettuali d’Italia. Nel 2009: è un profeta! In effetti sono scomparsi, dove sono finiti? Una folla di gnomi dalle faccette gialle, gli emoji, li hanno rosicchiati, alienati, e c’è stato il funerale del nozionismo. Sono comandati dai giovani in rivolta che usano un linguaggio elementare, l’emoticon, un insieme di abbreviazioni, parentesi, e basta. Una sorta di esperanto enigmatico da iniziati, da cospiratori. Giovani che sono gli allievi della scuola liberata, degli esami collettivi ecc. 

Il Ferrarotti è contro l’onnipotenza tecnica, avversa il suo delirio tecnologico. “Altro che il pastore dell’essere di Heidegger,” sbotta. Boccia il diritto all’ozio. E cita la “Fenomenologia dello spirito” di Hegel, sicuro che nessuno andrà a consultarlo. Ma l’insigne sociologo che ha questo buffo sfogo da luddista compie 96 anni, è un “festival excelsior” del passato.  

Gli intellettuali sono colpevoli di questa necrosi culturale? Gli intellettuali servono? Non lo so, ma se ho qualche quesito chiedo alla rete e vado a passeggiare con il mio Avatar. 

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Gianfranco Andorno

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