Il punto (di G.deTurris). Caro ministro Valditara, la scuola ha bisogno di regole

"Quel che sta succedendo nelle italiche scuole mi pare superi ogni limite della immaginazione, anche se in passato se ne erano già avute avvisaglie"

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Scuola, Creative Commons CC0

Egregio signor Ministro,

non se anche per lei, come per il suo collega degli Interni, viene preparato il cosiddetto “mattinale”, una sintesi degli avvenimenti più significativi anche in itinere dal punto di vista del suo dicastero. Fosse così ritengo che di cose da leggere ne avrà parecchie, specie negative. Infatti quel che sta succedendo nelle italiche scuole mi pare superi ogni limite della immaginazione, anche se in passato se ne erano già avute avvisaglie. E quel che è peggio a tutti i gradi scolastici.

Gli ultimi episodi sono tanto esemplificativi quanto sconcertanti: da ragazzini delle medie che prendono a pallonate l’insegnante in classe, alle superiori dove gli studenti, soprattutto studentesse, si vestono come se stessero in spiaggia o in un locale da ballo. E non invece nella sede pubblica dove si impartisce cultura e istruzione per il loro futuro.

Il fatto è, caro signor Ministro,  che i cosiddetti discenti credono di aver a priori sempre ragione, e non si sa perché: vedi l’ultimo episodio (per ora):  al liceo scientifico romano “Plinio Seniore” una ragazzina si è tolta la felpa in classe rimanendo in top, e il professore le ha detto “O ti copri o ti denudi”. Ironicamente, mi pare ovvio, o doveva stare zitto ed accettare il fatto compiuto? Pubbliche proteste dei discenti, femmine e maschi uniti nella lotta contro il maschilismo autoritario. La storiella è finita sui giornali con il prof dalla parte del torto, ovviamente . 

A quanto pare il concetto è: io faccio – e mi vesto – come mi pare e piace indipendentemente da luogo in cui mi trovo. Il faccio come mi pare e piace è un modo di pensare diffuso in tutto il nostro Paese presupponendo l’assenza di regole, o meglio il menefreghismo delle regole che pure esistono, e non può che essere così. 

Lo stesso dicasi dall’episodio di pochi giorni prima della preside che aveva proibito l’uso del cellulare nella scuola e la ribellione della studentessa che rivendica il diritto di utilizzarlo in nome di una presunta “libertà”, spalleggiata dalla famiglia.

Questo il punto, cari signor Ministro. A parte la cosiddetta “autonomia scolastica” esistono o non esistono delle “regole”, anche solo generiche, su come ci si deve comportare a scuola? Il Ministero dell’Istruzione (e oggi anche del Merito) ha mai emanato delle circolari valide in tutte le scuole italiane, ad esempio sulla necessità di un abbigliamento di studenti (ma anche dei docenti) consono al luogo che frequentano che non è una balera o un posto di villeggiatura? Esiste una circolare che autorizza presidi e professori a non consentire l’ingresso di smartphone a scuola e in classe? Oppure impone che essi siano consegnati all’ingresso nell’edificio scolastico e la loro riconsegna all’uscita? A me sembra di no e se sbaglio mi si corregga. 

Non dovrebbe esistere il faccio come mi pare e piace, oppure il nessuno mi può obbligare e conculcare la mia libertà personale. Ciò vorrebbe dire pura anarchia perché quel che si chiede non sono comportamenti assurdi ma semplicemente seguire il senso comune e la buona educazione. Altrimenti è anarchia, appunto. La politica del laissez-faire in questo ambito ha portato ragazzini e ragazzi a ritenere che tutto sia concesso e fattibile impunemente, senza conseguenze disciplinari, anche sparare con una pistola ad aria compressa contro i maestri in cattedra, anche a scattare foto di quanto accade in classe, anche a fare della indisciplina la regola unica da seguire.

Intendiamoci, non è che alle medie e al liceo cinquanta o sessanta anni fa si fosse stinchi di santi, e spesso dipendeva anche dall’autorità o autorevolezza di chi sedeva in cattedra, ma certo non si raggiungevano gli eccessi di oggi.

Sicché, caro Ministro, si chiede da lei un minimo di attenzione e presa di coscienza della situazione. Se non esistono, emani delle circolari in merito, se invece esistono ne confermi la validità, in modo che presidi e docenti abbiano in mano un punto di riferimento ufficiale e di forza per imporre un mimo di regole e disciplina agli alunni (e ai loro genitori). Che non sono concetti “autoritari” come i progressisti li definiscono, ma solo indicazioni di buon senso e buona educazione, come detto, nonché di corretto vivere in comunità.

Non credo che sarebbe accettabile andare in chiesa o in parlamento in top o con l’ombelico scoperto o in ciabatte o con i calzoni strappati. Perché dovrebbero esserlo a scuola? Coraggio, allora. Non fa parte di un governo che si fa forte della sua “discontinuità” con i precedenti?

@barbadilloit

Gianfranco de Turris

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