La storia. Perugia: 11 novembre 1945, la protesta degli studenti contro l’occupazione degli inglesi

"La prolusione del prof Rivera fu interrotta da urla e grida di contestazione ed uno studente, dal palco dove si trovava, lanciò un petardo, una castagnola, che esplose in terra con grande fragore nello spazio compreso tra il tavolo del rettore e le sedie delle autorità"

L’11 novembre 1945 a Perugia il Magnifico Rettore Giuseppe Rufo Ermini decise di celebrare di nuovo l’inaugurazione dell’anno accademico con quelle forme solenni abbandonate a causa della guerra. 

Ermini, dal giugno ’44 Commissario dell’Università su disposizione del governatore militare alleato, era stato proclamato rettore nel maggio del ’45, carica che avrebbe tenuto ininterrottamente sino al 1976. Docente di diritto, sarà attore della grande crescita della Università perugina, senatore con la Democrazia Cristiana e ministro della Pubblica Istruzione. Succedeva al settantenne Paolo Orano che era stato internato per “propaganda fascista” nel campo di concentramento di Padula (SA), dove morì il 7 aprile 1945 per un’emorragia non curata dovuta ad ulcera intestinale. Con lui in prigionia il settantottenne Astorre Lupattelli, padre dell’Università per Stranieri, che lo seguirà a breve nella stessa sorte il 3 giugno del 1945, poco dopo il rilascio.

Annunciata da “nobilissimi manifesti”, l’inaugurazione fu organizzata nella chiesa accanto a Palazzo Murena, che allora aveva funzioni di aula magna, alla presenza, tutti solennemente vestiti e infiocchettati, dl rettore e senato accademico, vescovo e autorità cittadine, con un posto di ostentata preminenza per il Town Major, il colonnello inglese che allora governava la città, seduto al centro davanti al tavolo delle autorità, proprio davanti al rettore, su una poltrona posta al termine di una lunga guida rossa.

“Gli studenti fin dall’inizio si erano mostrati poco attenti e piuttosto rumorosi. Ad un certo punto la prolusione del prof Rivera (docente di Agraria ndr.) fu interrotta da urla e grida di contestazione ed uno studente, dal palco dove si trovava, lanciò un petardo, una castagnola, che esplose in terra con grande fragore nello spazio compreso tra il tavolo del rettore e le sedie delle autorità.

Avvenne il finimondo, molti si allontanarono spaventati, a questo punto un gruppo di studenti, in attesa nell’ingresso, afferrò con forza l’estremità della guida rossa sopra la quale era seduto l’ufficiale inglese che nella confusione generale cadde a terra. Dagli studenti presenti si levarono, insieme a sonore risate, urla e strepiti ancora più forti e l’inglese, rosso in viso, si alzò in piedi, subito attorniato dal Rettore e dalle altre autorità che si scusarono. La cerimonia fu sospesa e l’Università chiusa a tempo indeterminato. (Pompeo Cagini Dai Balilla ai Camici Bianchi Diario di Trent’Anni Perugia 2003).

Il fatto suscitò ovviamente grande scalpore. Subito fu organizzata una sottoscrizione di studenti che prese le distanze dall’accaduto, Il Giornale Dell’Umbria condannando l’incidente lo descrisse come un deprecabile atto di goliardia andato decisamente sopra le righe.

Dello stesso tono il giornale Il Socialista che però con stupore sottolineava come uno dei protagonisti fosse stato uno studente “che ha affrontato il campo di battaglia per la cacciata dei tedeschi”. 

All’interno del Pci il fatto non fu invece visto come una goliardata, bensì come un vero e proprio atto provocatorio effettuato da persone ancora legate al “partito fascista” che a Perugia continuava ad avere molti seguaci, stante il forte radicamento che aveva avuto in città

Quel gesto sembra però anche apparire come la manifestazione clamorosa del malcontento che in città si era creato nei confronti delle truppe alleate.

Se infatti alcune testimonianze raccontano che il rapporto con gli inglesi era fondamentalmente di indifferenza , e che questi ai perugini non facevano “né caldo né freddo”, altre fonti ci descrivono una realtà ben diversa.

Già nella notte antecedente al 28 ottobre 1944, anniversario della marcia su Roma, Perugia si era riempita, come scrive la Commissione Alleata di Controllo della Provincia di Perugia, “sia in strade principali che secondarie” di scritte ostili agli inglesi, prodotte però ”probabilmente ad opera di elementi proto-nostalgici”…”il cui tenore è indicazione di sicuro malcontento”.

Come ci racconta sempre Pompeo Cagini, i militari inglesi “…si ubriacavano e giravano schiamazzando per le strade che al mattino ritrovavamo sporche e maleodoranti, era pericoloso circolare di notte e non poche volte tentavano anche di penetrare nelle abitazioni private:…il loro comportamento fu gravemente lesivo per gli abitanti che venivano malmenati e alcune donne furono violentate…i soldati alleati scorrazzavano per la città con i loro grossi camion Dodge che, per le strette vie del centro, procuravano danni ai passanti e più di un perugino morì per lesioni da schiacciamento subite da automezzi guidati da autisti noncuranti dell’incolumità dei pedoni…spesso si assisteva ad incontri di pugilato tra perugini e soldati inglesi che con il loro comportamento avevano provocato una giusta reazione” (P. Cagini cit.).

A Pilonico Paterno, come scrisse il parroco, fu “profanata la chiesa, ridotta dagli inglesi a stalla per cavalli: manca la biancheria ed i tappeti degli altari”

A Ponte Valleceppi don Giuseppe Bulloni scrive che “il 27 giugno 1944 durante questa notte due indiani assaltano una casa di campagna cercando di violare due madri di famiglia, Zeppa Caterina e Brodini Demetria trovano la morte con cinque feriti”

A Ramazzano don Leone Riccieri riferisce che “un graduato indiano, a mano armata, è entrato nella casa colonica, e approfittando dell’assenza di tutti i componenti della famiglia, che travavansi nei campi a mietere il grano, ha violentato una donna maritata, mentre un altro soldato indiano stava a guardia sulla porta di casa con il fucile in spalla”.

Altro motivo di grande disagio in città era provocato poi dalla requisizione delle case da parte degli alleati. Perugia, “Allied Operational and Occupation Headquarters”, costituiva base di rilievo per una serie di servizi a supporto delle forze combattenti sul fronte della linea gotica; infatti erano di stanza a Perugia gli ufficiali di Stato Maggiore, il personale degli ospedali, gli addetti alla logistica e la Army School, centro di addestramento, che da sola contava su quasi 500 persone.

A causa di ciò il sindaco Fausto Andreani, nominato dalla stessa autorità militare, si vide costretto addirittura a lamentarsi con Bonomi, capo del governo italiano, per la situazione dei tanti perugini cacciati dalle proprie abitazioni. Ma il Quartiere Generale Alleato, venuto a sapere della cosa o probabilmente interessato del problema dallo stesso Bonomi , rispose seccato per il fatto che il sindaco avesse infranto il divieto di comunicare direttamente con il proprio governo a Roma scavalcando la censura britannica. La vicenda e la situazione a Perugia furono prese così male dalle autorità militari inglesi da decidere nel gennaio del 1945 di destituire il Provincial Commisioner.

Il clima che si viveva in città traspare evidente anche dalla minuta della lettera che il 12 dicembre 1945 Aldo Capitini, in qualità di Commissario dell’Università per Stranieri, scrisse al colonello Vaughn, comandante dell’Army School Of Education: nel rassicurarlo dell’ottimo funzionamento della neocostituita associazione italo-britannica, Capitini evidenziava i progetti futuri per “…un concerto tutto di musica inglese…letture di commento alle tragedie di Shakespeare…una sala con giornali e riviste inglesi…”. Per il vertice di una istituzione nata per diffondere nel mondo la lingua e la cultura italiana non doveva essere entusiasmante.

Capitini scrive, e poi cancella, la comunicazione all’autorità inglese di essere “…in attesa della risposta alla mia proposta per la legna usata nello scorso inverno dall’Army School”. Richiesta cancellata perchè sicuramente ne comprese subito l’ingenuità e forse anche nel timore che un sollecito di pagamento potesse non essere gradito. 

Niente da dire, i ruoli nella guerra son sempre gli stessi, dai tempi di Brenno ai giorni nostri…

Antonio Chimisso

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