Stranger Things-mania

I registi Matt e Ross Duffer hanno fatto sì che la serie diventasse un cult non solo per la trama originale ma anche per la valanga di riferimenti alla cultura pop degli anni '80

Stranger Things

E’ Stranger Things mania. La piattaforma del “Todum” (parola inventata ma dal suono facilmente riconoscibile) più famoso di sempre ha raggiunto con i suoi contenuti risultati strepitosi rivolgendosi a target nuovi e diversificati, trasformando l’intrattenimento in qualcosa d’innovativo e personale. Facendo riferimento a Netflix, non si può non dare importanza alla storia di fantascienza iniziata qualche anno fa con protagonisti cinque giovanissimi attori ormai noti a livello mondiale; una storia che senza tanti sforzi, è entrata nelle case (e nei cuori) di tutti noi.  I registi Matt e Ross Duffer, due fratelli dall’aspetto comune ma con un inventiva piuttosto incredibile, hanno fatto sì che la serie Stranger Things diventasse un cult non solo per la trama originale ma anche per la valanga di riferimenti alla cultura pop degli anni ’80 risvegliando e avvicinando tantissime generazioni, cosa spesso assai improbabile per una serie moderna. 

L’attesissima penultima stagione di Stranger Things (divisa in due parti) al suo debutto di luglio, è riuscita a mandare Netflix in tilt per i troppi utenti collegati nello stesso momento causando numerose interruzioni in tutto il mondo. Ed è cosi che la quarta stagione diventa la serie in inglese più popolare di sempre con 781 milioni di ore di visione nelle prime settimane, superando di grand lunga Bridgerton, altra serie Netflix fenomeno giovanile.  Altro record difficile da prevedere ( e da battere) è la meravigliosa canzone degli anni ’80 Running up that hill di Kate Bush, mantra di una delle protagoniste e di quasi tutta la stagione, tornata nella classica della Billboard Hot 100 dopo ben 37 anni di distanza dal su debutto. 

La visione della penultima stagione ha diviso fortemente i più esperti critici della serie: c’è chi dice che il mix vincente è stato raffigurare i nostri protagonisti come dei semplici ragazzi con paure e difficoltà e invece chi voleva vederli vincitori senza grande sforzo. Altra critica (forse la più plausibile) è non aver dato molto spazio a tematiche più delicate come l’omosessualità di Will e la crisi esistenziale del fratello Jonathan lasciate in momenti marginali quando la brevità non pare essere un pezzo forte di questa stagione. Una cosa è sicura: senza essere uniti da una profonda amicizia il percorso alla vittoria sarebbe molto più lungo e tortuoso ma per questo bisognerà attendere il 2024.

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Elisabetta Gaffi

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