Whisky è parola che fa venire immediatamente in mente il cinema in bianco e nero, le atmosfere che hanno creato le basi del mito a stelle e strisce. La costruzione stessa di un racconto possibile dell’America, oggi improponibile per tutta una lunga e lunatica serie di tragicomici veti incrociati tra woke, salutisti e braghettoni assortiti, è in fondo a una bottiglia. Dai fumosi bar del proibizionismo, gestiti dai dritti della mala, dove indagano gli investigatori privati con l’impermeabile e la fiaschetta sempre piena di segreti da dimenticare, è arrivata l’essenza stessa del “duro” del cinema. Lì, una caterva di omaccioni pettoruti, in gessato e bretelle, ha fatto strage di nemici (di celluloide) e di cuori (delle ammiratrici) sul grande schermo. Da John Wayne (che ha dato anche il nome a una distilleria) e Humphrey Bogart dal mito Casablanca fino alla vita reale fino a James Dean. Hanno provato a coinvolgere pure Bruce Lee ma l’iniziativa di un marchio americano per aprire al mercato cinese s’è frantumata contro le proteste della famiglia, degli amici e degli allievi.
Belli, maledetti e duri, durissimi: in una mano il bicchiere, nell’altra la sigaretta sempre accesa. Un’iconografia che l’Italia imparerà a conoscere benissimo, prima con la copiosa messe di film americani che invaderanno le sale e poi con la gigantesca (e deliziosa) semi parodia che ne faceva il mai abbastanza compianto Fred Buscaglione: ricordate “il dritto di Chicago Sugar Bing”, quello che “ha avuto da bambino/ Al Capone per padrino / E sua madre lo allattava / A whisky e gin”. Appunto.
Oggi il whisky, come la stragrande parte delle acquaviti e delle bevande iperalcoliche, s’è globalizzato. E se Irlanda e Scozia ancora si contendono chi l’ha tenuto a balia, se è in America che il whisky è diventato parte di un mito e continua a essere considerato un gioiello nazionale (anche se, occorre dirlo, negli Usa c’è pure chi pensa che la pizza sia stata inventata a New York…), oggi è il Giappone che fa incetta di premi e presenta una produzione di eccellenza. La maestria degli artigiani distillatori nipponici batte, regolarmente, i produttori internazionali nelle competizioni di qualità. A dimostrazione del fatto che nulla è impossibile quando si lavora con tenacia. Nemmeno dare una lezione, di whisky, ai pettoruti gangster del cinema.