Mazzini e Dante, la missione morale dell’Italia

Ragazzoni e il germe dell'unità di una nazione: il pensiero dello studioso autore del saggio assumono particolare significato considerato che vive in una Italianissima, ma difficile terra di confine l’Alto Adige

Giuseppe Mazzini

Achille Ragazzoni, storico del Risorgimento, è un personaggio che non ha certo bisogno di presentazioni. Da una vita è al servizio di quella Cultura della Nazione che è essenza e vitalità per una comunità chiamata a preservare la propria Identità ed i propri Valori anche «contro influenze e pressioni – come amava sottolineare Papa Giovanni Paolo II – dei modelli proposti dall’esterno».  Il pensiero e l’azione di Ragazzoni assumono particolare significato considerato che vive in una Italianissima, ma difficile terra di confine l’Alto Adige.  Per il 150° Anniversario della morte, dedica un libro al Padre della Patria Giuseppe Mazzini (1805-1872) studioso di Dante (1265-1321).

 Achille, non finisci mai di sbalordire. È appena uscito, per le Edizioni Arŷa di Genova, «Giuseppe Mazzini scrive di Dante. Germe dell’Unità d’Italia». Cosa hai scoperto di nuovo?

“Che Mazzini, sin da giovane, si appassionò a Dante e continuò a studiarlo praticamente per tutta la vita, arrivando a scriverne con molta profondità. Egli riuscì a vedere anche un alto significato politico e metapolitico, sempre attuale quest’ultimo, negli scritti di Dante. Quello con Dante fu uno dei primi e più importanti incontri spirituali dell’Apostolo dell’Unità”.

Alla luce di quanto pubblichi, possiamo considerare Dante Avo Ideale dei nostri Quattro Padri della Patria, Cavour, Garibaldi, Mazzini, Vittorio Emanuele II?

“Detta così l’affermazione suona un po’ troppo semplicistica. Certo è che Dante influenzò, e non poco il Risorgimento: nelle epoche di decadenza l’opera di Dante è negletta, quando l’Italia crede in se stessa, invece, viene recuperata e, soprattutto, sentita”.

Nel libro traspare una certa tua sorpresa nel constatare come il repubblicano Mazzini esalti il monarca Dante. Perché, visto che il nostro Risorgimento ebbe quella specificità, alquanto unica, nel vedere monarchici e repubblicani lottare per l’Unità d’Italia? Non a caso, vista tale Unicità, al nostro Risorgimento non hanno fatto seguito un nuovo o un secondo risorgimento.

“Va precisato che l’Impero del Medioevo non era, dal punto di vista istituzionale come si intende oggi, né monarchia, né repubblica., ma un insieme di monarchie, repubbliche, principati, liberi comuni, ecc. tenuti insieme da un ideale superiore, addirittura metafisico. Nel Risorgimento monarchici e repubblicani hanno lottato insieme per un ideale superiore, l’Unità d’Italia, facendo sacrificio delle proprie personali convinzioni (vedi Garibaldi, per esempio). Di fronte al nemico ci sta la Patria e non il partito… Neppure questa elementare considerazione, ovvia per tutti i paesi con cui confiniamo, siamo riusciti ad assumere come eredità del Risorgimento. È un gran peccato!”.

Perché personaggi di indiscusso acume intellettuale, pensiamo al repubblicano e deputato Giovanni Bovio (1837-1903), hanno disconosciuto il pensiero di Mazzini che vide la esistenza di una tradizione italica già nell’epoca preromana?

“Nel caso di Bovio, i cui grandi meriti non sto neppure a discutere, si tratta solo di pura e semplice ignoranza della questione. Nel mio libro ho sottolineato, riprendendo peraltro un giudizio altrui, come il libretto del Bovio su Mazzini, uscito postumo, è proprio, tra tutto quanto Bovio ha scritto, di più scarso valore”.

Mazzini “scopre” Dante, soprattutto nelle opere minori, durante l’esilio londinese. Quanto ha influito l’esilio patito da Dante sull’esule Mazzini?

“Mazzini in esilio avrà avuto modo di confrontare la propria situazione con quella del “ghibellin fuggiasco” di foscoliana memoria, certo. Lo scritto londinese sulle cosiddette “opere minori” di Dante è il migliore tra gli scritti mazziniani di argomento dantesco. Forse non per caso”.

Mazzini ci rivela anche il ruolo svolto da Ugo Foscolo (1778–1827) che fa emergere un Dante Patriota.

“Senza Mazzini è ragionevole pensare che gli scritti danteschi del Foscolo sarebbero andati irrimediabilmente perduti. Tra l’interpretazione dantesca del Foscolo e quella di Mazzini ci sono, effettivamente, molti punti in comune; il principale, l’interpretazione di Dante come precursore dell’idea di Italia unita e della missione spirituale affidata ad essa”.

Nell’epoca in cui è vissuto, contrassegnata da lotte tra fazioni contrapposte, Dante è stato arruolato, a volte fra i guelfi, a volte fra i ghibellini o addirittura definito cambia casacca. Un andazzo trascinatosi nel tempo che forse Mazzini, discostandosi da certi stereotipi spezza, regalandoci un Dante «Cristiano e Italiano», che «amò sovra tutti la Patria, e l’adorò destinata a cose più grandi», la immaginò come poi si è delineata, «Ch’Appenin parte, e’l mar circonda, e l’alpe». Quindi, Dante Guida morale della Nazione?

“Sicuramente. Dante deve tornare ad esserlo. Se un messaggio il mio libro deve avere, è proprio questo”.

info: https://www.edizioniarya.it/product-page/giuseppe-mazzini-scrive-di-dante

 

Michele Salomone

Michele Salomone su Barbadillo.it

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