La notte dell’antica festa gaelica di Beltane saluta l’arrivo della stagione della luce

E' il momento dell’anno in cui la luce e la vita si espandono in tutta la loro grandezza e in cui le energie della vita si mostrano in maniera totale

Beltane

Nel Nord Europa la notte tra il 30 Aprile e il primo Maggio si festeggia Beltane, l’antica festa gaelica di Beltane (Bealtaine, significa maggio in lingua gaelica irlandese), destinata a omaggiare l’inizio della stagione di luce e di caldo, perchè un tempo due erano le stagioni: quella calda che iniziava il 1° giorno di maggio e quella fredda che iniziava il 1° giorno di novembre. Anche il Friuli è rimasto l’antico retaggio celtico delle due stagioni: la Viarte e la Siarade. La festa celebrata anticamente dai druidi, gli antichi sacerdoti delle popolazioni celtiche, Beltane è il momento dell’anno in cui la luce e la vita si espandono in tutta la loro grandezza e in cui le energie della vita si mostrano in maniera totale.
Beltane significa “i fuo­chi di Bel”, ovvero i falò accesi in onore di Bel, il Luminoso, dio della Luce e del Fuoco. È la festa della rigenerazione della vita, la fase in cui si celebra il ritorno dell’estate e della fertilità. I pensieri si rivolgono all’esterno, alla realizzazione dei progetti, è una sorta di estroversione stagionale in cui siamo completamenti coinvolti a dare il meglio di noi per la nostra vita e per quella degli altri. L’origine di Beltane, che significa ‘’fuoco luminoso’’, e che coincide con il Primo Maggio, secondo i celti è il momento in cui le attività legate alla terra, ai raccolti, in cui il bestiame veniva portato al pascolo e c’era la benedizione dei falò accesi, i ‘’fuochi di Beltane’’.
Negli Highlands scozzesi e nelle isole Ebridi, per la festa di Beltane, il primo giorno di maggio, veniva preparato un formaggio che doveva essere conservato fino alla prossima festa di Beltane ed era considerato un potente amuleto contro i malefici che avrebbero potuto compromettere la produzione casearia (Frazer 1973, II: 954-958).
In molti paesi del nord Europa il giorno del 1° maggio si festeggia la primavera: in inglese si chiama May Day e il suo corrispondente italiano, il Calendimaggio, ancora perdura in alcune zone d’Italia. Uno di biancospino per attrarre amore, guarigione o fortuna. È propiziatorio accendere due piccoli fuochi e passarvi in mezzo. In modo da purificarsi cercando di avvertire l’energia che riempie i nostri corpi e il nostro spirito.
Simbolo di questo giorno è il mughetto.
La leggenda del Mughetto, quale buon auspicio per tutti noi.
Il mughetto è una pianta erbacea con fiori bianchi e profumati, simili a dei campanellini. In molti paesi del mondo è usanza regalare almeno un mazzo di questi fiorellini, simbolo di felicità che torna e portafortuna, associato anche all’arrivo della primavera. Nessun augurio migliore insomma in un giorno come questo.
Nella mitologia latina il mughetto, dedicato al dio Mercurio, rappresentava la speranza e durante i riti sacri se ne regalavano tre rametti in segno di amicizia. Tempo dopo, per i cristiani, il mughetto divenne il fiore di San Leonardo. Secondo il mito infatti il fiore si generò in segno di vittoria dalle gocce di sangue del santo, ferito durante la sua lotta contro il demonio.
A introdurre la tradizione per cui il mughetto si associa proprio al primo maggio è stato Carlo IX nel 1561, grazie a cui successivamente si diffuse l’abitudine di andare nei boschi per prendere un mughetto che poteva essere venduto nelle strade senza dover pagare tasse.
Il primo maggio, infatti, ha sempre avuto particolare rilievo nella storia anche prima di diventare la festa dei lavoratori. Per alcuni era il giorno di inizio della primavera, per altri il giorno in cui cominciava il mese dei fidanzamenti, per altri ancora era quello in cui i naviganti uscivano in mare. Ma il mughetto ha sempre avuto il suo significato di buon auspicio.
Secondo antiche credenze popolari, questa pianta grazie al suo profumo poteva rafforzare il cervello e la sua memoria.
Il mughetto trasmette un messaggio d’amore perché fiorisce all’inizio della primavera e l’atto di cercarlo nelle foreste ombreggiate è un’opportunità per le prime passeggiate dell’anno per i boschi ed all’aperto.
Conosciuto anche con i nomi di Giglio delle Convalli, o Mugherino presenta piccoli ed eleganti fiori a forma di delicati calici disposti a spiga e rivolti verso il basso. Hanno un colore candido e un profumo intenso che “mette in mostra” la felicità per il ritorno della primavera. Una particolarità di questa pianta è quella di avere due sole foglie. Queste nascono alla base della pianta, sono larghe dai due ai 4 cm, di forma lanceolata e con una superficie liscia di color verde brillante.
La leggenda narra che l’usignolo attenda la fioritura del Mughetto per andare a cercare l’amore, mentre i monaci la usavano per adornare gli altari, come se le campanelle disposte a scalini fossero la rappresentazione di una scala candida verso il paradiso. Secondo antiche credenze popolari, invece, con il suo intenso aroma si poteva migliorare la memoria.
Per tale motivo il Mughetto veniva usato durante alcuni rituali sacri.
La seconda leggenda invece narra di come i mughetti siano diventati velenosi. Infatti il mughetto per quanto sia bello e profumato nel contempo è velenoso.
La leggenda racconta che il mughetto non era stato creato da Madre Natura per essere velenoso. Ma il piccolo fiore voleva essere più grande e imponente, andò quindi un giorno a chiedere a Madre Natura di trasformarlo in un albero. Gli alberi, infatti erano molto alti, e dall’alto della loro chioma potevano vedere tutto. Al netto e inamovibile no, il mughetto decise di andare di notte nel laboratorio di Madre Natura, dove trovò una infinità di pozioni e combinazioni, alla fine non sapendo quale scegliere, provò tutte le pozioni che riuscì a prendere, per trovare quella che lo avrebbe fatto diventare un grande e maestoso albero.
Nessuna pozione però funzionò, perché non si va contro il volere di Madre Natura, la quale quando trovò il mughetto morente non poté fare altro che salvarlo, senza però riuscire a liberarlo da tutte le pozioni che aveva preso e che ormai lo avevano fatto diventare velenoso…

Paolo Paron

Paolo Paron su Barbadillo.it

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