Tre e funzione di trilogia nell’opera narrativa di Mário Cláudio

Lo scrittore lusitano: "Ogni simbolo invita a una lettura consolidata. Ma il compito di interpretarli non può essere lasciato ai creatori"

È risaputo come il Tre sia considerato il numero perfetto per eccellenza, pur non avendo nulla a che vedere con i “numeri perfetti” matematici, ossia, quei numeri che sono eguali alla somma dei loro rispettivi divisori – è il caso, ad esempio, del numero sei divisibile per uno, per due e per tre.

La scuola pitagorica – noto movimento filosofico e scientifico sorto nel I secolo a.C. – considerava il Tre un numero perfetto, poiché era una sintesi dei numeri pari (il due) e dei numeri dispari (l’uno). Lo stesso occorre con gli antichi Celti, secondo i quali il Tre rappresentava la triplice manifestazione del Dio unico (Forza, Saggezza e Amore), e con i Cinesi, poiché numero della totalità cosmica (Cielo, Terra e Uomo).

Al Tre, tuttavia, sono stati assegnati significati simbolici e magici da tutte le civiltà e in ogni epoca. Nelle varie religioni sono molto comuni le triadi divine, dalla cosiddetta Trimurti induista (Brahma, Siva e Vishnu) alla Trinità del Cristianesimo.

Ricordo che Filone di Alessandria – il famoso filosofo ellenista di cultura ebraica vissuto nel I secolo d.C. e uno dei primi grandi commentatori di testi biblici, a lui noti nella rispettiva traduzione greca – del numero Tre voleva spiegarne la sacralità e la perfezione per il tramite delle tre dimensioni degli oggetti (lunghezza, larghezza e altezza). Da qui la grande importanza del numero Tre durante il Medioevo. Si pensi, ad esempio, alla Divina Commedia, un vero Itinerarium Mentis in Deum, percorso da Dante attraverso i tre regni ultraterreni così da approdare alla visione della Trinità e in cui il Tre e i suoi multipli possiedono un alto valore simbolico: tre sono le parti dell’opera, trentatré sono i canti e nove sono i cerchi infernali, così come i cieli concentrici del Paradiso.

Secondo la Kabala, il Tre è associato alla terza lettera dell’alfabeto ebraico, la gimel (ג), la cui forma ricorda la figura che, nell’atto di correre, mette il piede in avanti per mettersi in movimento. Quindi, cabalisticamente, il Tre rappresenta l’origine del movimento, inteso quale impulso a uscire da sé stessi, dai nostri propri limiti che la dualità ci indica in continuazione (positivo/negativo, buono/cattivo e così via).

Il Tre, difatti, è profondamente “attivo” e da esso scaturisce una grande forza energetica. È il simbolo – anche da un punto di vista esoterico – della conciliazione, in quanto elemento fortemente unificante. In effetti, tanto il Due separa quanto il Tre unifica. In questo senso, non possiamo dimenticare come l’espressione geometrica del Tre sia il Triangolo, simbolo dell’ascesa del molteplice all’Uno.

Alla luce di tali importanti presupposti ben si comprende il perché, nel corso dei secoli, si sia normalizzato l’uso “artistico” del numero Tre, in funzione di Trilogia, termine che indica un insieme di tre opere distinte dello stesso autore – di genere letterario, teatrale, cinematografico o altro – caratterizzate da un significativo nesso tematico o anche solo stilistico e che possono essere considerate sia come opere autonome, sia come un unicum creativo.

Ricordo inoltre che il termine Trilogia era utilizzato nell’antica Grecia (τριλογία) per indicare l’insieme di tre tragedie di uno stesso autore riferite allo stesso soggetto – basti pensare alla celebre trilogia Orestea di Eschilo. Con il trascorrere del tempo, il termine sarebbe stato impiegato in letteratura, soprattutto nel genere narrativo. Non solo in quella “letteraria”, ma anche nella letteratura cosiddetta “di consumo” o “d’intrattenimento”, un fenomeno ben distinto, sviluppatosi a partire dalla seconda metà dell’Ottocento, a seguito delle trasformazioni culturali manifestatesi nei Paesi avanzati d’Europa e del Nordamerica – con un interesse crescente, peraltro, da parte degli editori – per poi imporsi definitivamente nel Novecento. È il caso, ad esempio, solo per citarne alcune: delle varie trilogie fantasy dello scrittore americano Terry Brooks, in particolare quelle appartenenti al Ciclo di Shannara, con oltre venti libri scritti fra il 1977 e il 2015; della Trilogia di Hunger Games di Suzanne Collins, anche lei scrittrice americana; dell’epica Trilogia del Secolo, dedicata al XX secolo, di uno dei più famosi giallisti britannici, il gallese Ken Follett. Anche in ambito cinematografico sono numerosi gli esempi di trilogia; ad esempio, fra quelle di fantascienza più note abbiamo la doppia trilogia di Star Wars di George Lucas, mentre fra quelle fantasy la trilogia di Matrix dei fratelli Wachowski.

Ovviamente, anche nelle letterature di espressione portoghese ritroviamo varie trilogie. A cominciare dalla pioniera, la Trilogia das Barcas (1517) di Gil Vicente: tre pièce morali in un atto che rappresentano sostanzialmente un’allegoria dei vizi umani.

Nella letteratura brasiliana ci sono diversi esempi di Trilogie, quali: la Trilogia Indigenista di José Alencar (O Guarani, Iracema e Ubirajara), la cosiddetta Trilogia Realista di Machado de Assis (Memórias Póstumas de Brás Cubas, Quincas Borba e Dom Casmurro) e la Trilogia O Tempo e O Vento, il capolavoro dello scrittore del Rio Grande do Sul Érico Veríssimo (O Continente, O Retrato e O Arquipélago).

Lo stesso dicasi della letteratura portoghese, con autori come – solo per citare i più importanti: Almeida Faria, che ha affrontato il tema post-25 aprile nella Trilogia Lusitana (Cortes, Lusitânia e Cavaleiro Andante, romanzi pubblicati fra il 1978 e 1983); António Lobo Antunes con la cosiddetta Trilogia de Benfica, tre romanzi pubblicati fra il 1990 e il 1994 (Tratado das Paixões da Alma, A Ordem Natural das Coisas e A Morte de Carlos Gardel), tutti ambientati in un quartiere popolare di Lisbona, dove lo stesso Lobo Antunes trascorse la sua giovinezza; José Saramago con la sua Trilogia Involontaria, nella definizione dello stesso autore («involontaria» perché «non pensata prima», ma che «neppure diventò volontaria, nel senso di corrispondere a qualcosa di deliberato e pianificato» – sono dichiarazioni dello stesso Saramago, tratte da un’intervista rilasciata nel marzo 2004 alla «Folha de São Paulo», intervista in cui l’autore, riferendosi ai romanzi che compongono tale Trilogia Involontaria (Ensaio sobre a Cegueira, Todos os Nomes e A Caverna, pubblicati fra il 1995 e il 2000), afferma: «C’è un nesso fra di essi, evidentemente, ma mi rifiuto di usare parole quali trilogia, tetralogia o pentalogia…» (cit. in MACHADO, 2004).

Infine, arriviamo a Mário Cláudio, la cui narrativa è profondamente caratterizzata e segnata – in termini di genere e più che in qualsiasi altro scrittore portoghese – dal numero Tre in funzione di Trilogia. Non è un caso che più o meno un terzo della vasta produzione narrativa marioclaudiana sia formato da quattro trilogie, ossia, da dodici titoli in totale, di cui nove romanzi (riuniti nelle tre trilogie – così come sono state designate dalla critica portoghese – da Mão, 1984-1988, da Árvore, 1990-1997, e das Constelações, 2000-2004) e tre novelle (un insieme intitolato Trilogia dos Afectos o das Gerações, 2008-2015).

Quanto alle prime tre trilogie, si suole evidenziare come, nonostante ogni romanzo costituisca un’unità narrativa autonoma, presentino denominatori comuni, non solo in relazione a ciascuna delle trilogie (1), ma anche in relazione al loro insieme, riferentesi tutte di fatto all’Identità che caratterizza il Portogallo del presente e del passato, nei suoi aspetti sia positivi che negativi. Quanto alla quarta trilogia, formata da novelle, anch’esse autonome quanto al profilo narrativo e con l’unico comune denominatore di mettere a confronto protagonisti di età diverse – di pura invenzione, come nel caso di Boa Noite, Senhor Soares, o realmente esistiti, come nel caso di Retrato de Rapaz e O Fotógrafo e a Rapariga –, non hanno nulla a che vedere con l’Identità presente e passata del Portogallo (cfr. DE CUSATIS, 2020: 48).

Date queste considerazioni, nonché la natura, per così dire, intrinseca delle quattro trilogie marioclaudiane, le quali, a differenza di quella di José Saramago, sono volutamente “volontarie” e “pianificate” nel corso degli ultimi trentacinque anni degli oltre cinquant’anni della carriera letteraria di Mário Cláudio, è del tutto evidente come l’uso del numero Tre in funzione di Trilogia assuma nel nostro Autore un valore particolare, se non addirittura “vitale”, all’interno del suo profilo letterario. Nelle sue varie interviste concesse Mário Cláudio non ha mai spiegato chiaramente la ragione o le ragioni di tale scelta letteraria. Di certo, non avrebbe molto senso accontentarsi di alcune sue affermazioni in cui ha dichiarato di avere un «fascino irresistibile» per il numero tre e che i numeri pari gli provocano «irritazione». Non c’è dubbio che si sia trattato di risposte volutamente “vaghe” a precise domande rivoltegli circa l’utilizzo del numero Tre in funzione di Trilogia nella sua opera, ma anche, in generale, della presenza, in funzione simbolica, di elementi e figure o di altri numeri, quali il cinque e il sette.

In una lunga e interessante intervista rilasciata nel settembre del 2013 – in seguito pubblicata nel volume Mário Cláudio e a Portugalidade (2015) – si legge la risposta dello scrittore alla domanda postagli circa il ruolo dei simboli nella sua opera:

 

«Ogni simbolo invita a una lettura consolidata, e che s’inserisce nelle voci dei rispettivi dizionari, esistenti proprio per fornirci dei chiarimenti in proposito. Spetta a ciascuno di noi, quando si è in grado di farlo, declinare l’insieme dei significati nell’opera che abbiamo segregato. Ma il compito di interpretarli non può essere lasciato ai creatori, pena l’esaurimento della fonte della linfa fertile dell’intera trasformazione» (cit. in RITA, 2015: 32).

 

Come ho già avuto modo di scrivere e scusandomi per l’autocitazione:

 

«Per quanto mi riguarda, sono dell’idea che debba essere rivalutata la spiegazione del ricorso nella sua narrativa al numero Tre in funzione di Trilogia. Soprattutto se teniamo conto del profondo interesse che Mário Cláudio manifesta per il sacro e il trascendente. Aspetti che accompagnano la sua vasta cultura, anche caratterizzata dalle sue conoscenze nei campi della Kabala e delle filosofie e religioni orientali» (DE CUSATIS, 2020: 49).

 

Note

(1) Ricordo che la prima, Trilogia da Mão, presenta tre figure artistiche del nord del Portogallo, tutte geniali, poiché nessuna di loro ha studiato regolarmente; la seconda, Trilogia da Árvore, è basata sulle vicissitudini di famiglie rappresentative portoghesi appartenenti a diversi periodi storici; la terza, la Trilogia das Constelações, ha lo scopo di far emergere sia le paure e le ossessioni dell’Uomo sia il desiderio di vivere opponendosi al Potere o combattendo contro la forza del Destino e del Tempo.

 

Bibliografia di riferimento

– DE CUSATIS, Brunello Natale, 2020. Diversidade e confronto de gerações na obra de ficção marioclaudiana:Boa Noite, Senhor Soares”, “Retrato de Rapaz” e “O Fotógrafo e a Rapariga”. In: Trilogia do Belo. Encontros de Filosofia e Literatura nos 50 Anos de Vida Literária de Mário Cláudio. Organização [de] Maria Celeste Natário e José Vieira. Dom Quixote, Alfragide, 2020: 45-59.

– MACHADO, Cassiano Elex, 2004. José Saramago combate “cegueira” com votos em branco. In: «Folha de São Paulo», 22/03/2004.

– RITA, Anabela et al. Entrevista a Mário Cláudio. In Mário Cláudio e a Portugalidade. [Organização de] Carla Sofia Gomes Xavier Luís et al. Edições Fénix, Lisboa, 2015: 25-35.

 

[La prima versione di questo articolo – qui rivisto e attualizzato – è stata pubblicata in Brasile (con il titolo Presença do número três com função de trilogia na obra de ficção marioclaudiana à luz da história cultural e literária universal: breves apontamentos) nel volume collettaneo: Mário Cláudio: Palavra entre Palavras. 50 anos de vida literária. Organização [de] Maria Teresa Abelha Alves, Rita Aparecida Coelho Santos, Maria Celeste Natário. Pontes Editores, Campinas (SP) 2020, pp. 35-39.

Tutte le traduzioni dal portoghese delle citazioni sono a mia cura].

 

 

Brunello Natale De Cusatis

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