Serie-Tv. Anna Delvey, la finta ereditiera che ha (quasi) ingannato tutta New York

L'epopea della Sorokin - raccontata da "Inventing Anna" su Netflix - appassiona per la spregiudicatezza e la fascinosa doppiezza della protagonista

Inventing Anna su Netflix

Nel 2018 l’élite newyorkese viene messa a dura prova, se non quasi ridicolizzata da eventi complessi che hanno coinvolto e fatto tremare le fondamenta della ricca società americana. Jessica Pressler, nota giornalista presso il NY Magazine,  ha ricostruito e denunciato la rete d’inganni di Anna Sorokin, alias Anna Delvey, una ragazza di origine russe accusata a solo 26 anni di dieci capi d’accusa e condannata per almeno sette. Da qui il successo di “Inventing Anna” su Netflix.

Ma ricominciamo dall’inizio. Chi è Anna Sorokin? 

La giovane compare a New York (dalla Germania) per la prima volta nel 2013 come stagista di una nota rivista americana. Come una meteora, si incasta perfettamente nella volta celeste dell’alta società, devota da tutta la vita. La ragazza dall’accento tedesco e russo fa subito breccia nel settore altolocato: non ha solo un gusto e fascino impeccabile ma anche una grande, anzi grandissima ambizione: aprire un club artistico e super esclusivo stile Soho House a suo nome, nel centro della grande Mela. 

Partendo da questo sogno fuori portata, inizia pian piano un escalation di bugie e truffe ai danni delle persone a lei più vicine e non solo. Per ottenere l’attenzione dei più ricchi e dalla cerchia di amici perfetta, crea un personaggio (super chic) del tutto inventato che spende e spande senza nessun tipo di controllo.  Si fa conoscere come un ereditiera indipendente, scampata da una padre anaffettivo, che aspetta al compimento dei suoi 26 anni l’apertura di un fondo da 60 milioni di dollari. Ottiene la partecipazione alle feste più esclusive, beve champagne di lusso e vola su jet privati: nonostante il suo comportamento a volte rude e sfacciato riesce comunque a conquistare il cuore e, soprattutto, il portafoglio di moltissimi esponenti dell’alta società di New York. 

Ma torniamo al presente. Netflix, con l’appoggio della regista e produttrice Shonda Rimes, ha portato nuovamente alla luce la storia della finta-ereditiera quasi sconosciuta in Europa. Negli episodi da 60 minuti ciascuno (un po’ troppi per alcuni) la regista riesce e a far emergere temi assai cari al pubblico contemporaneo. Il tema del maschilismo ad esempio, che molto spesso fa sembrare la nostra truffatrice come la vera vittima del sistema dal momento che ancora oggi è difficile essere considerati nel mondo imprenditoriale se non sei un uomo di successo, in particolare in un’età cosi acerba.  Si percepisce anche un messaggio nuovo e diverso per quanto riguarda il mondo dei social: mai prendere per reale tutto quello che si vede su questi portali e soprattutto non è oro tutto ciò che luccica.

Ci si chiede come sia stato possibile in diversi anni che nessuno dei “truffati” (e si parliamo anche di banche internazionali!) non abbia mai nutrito nessun dubbio verso questa giovane ragazza misteriosa. Le persone sembravano così accecati e interessati esclusivamente alla ricchezza della giovane non rendendosi conto di ciò che accadeva intorno a loro. Tutti volevano essere Anna Delvey, nessuno aveva veramente il coraggio d’indagare sul passato della giovane, nessuno voleva infrangere il sogno americano.  

La serie “Inventing Anna” a pochi giorni dalla sua uscita ha sollevato diverse polemiche accusando la regista di aver dato troppo spazio alla protagonista rendendola spesso un personaggio cool e geniale, quasi un “Robin Hood” moderno che è riuscita a rubare a casa dei ladri. Verso la fine degli episodi sembra quasi automatico provare antipatia per l’antagonista Rachel Williams, ex amica della Sorokin, truffata in malo modo che dopo numerosi tentennamenti riesce finalmente a denunciare l’amica alle autorità, ricavandoci del denaro al tempo stesso, per aver venduto la vicenda a numerosi magazine. 

Un altro punto interessante è che Anna Sorokin uscita di prigione qualche tempo fa (scontando molto meno di quanto le spettasse) ha cominciato nuovamente a pubblicare sulle sue pagine social, definendo la prigione  “come stancante e noiosa” tornando a postare foto e ricordi come se nulla fosse successo.  E’ giustissimo poterle dare la possibilità di reintegrarsi nella società ma è altrettanto corretto darle voce su uno strumento potentissimo come Instagram seguito da milioni e milioni di ragazze? Immagino che per ora non sapremmo mai la risposta..

Elisabetta Gaffi

Elisabetta Gaffi su Barbadillo.it

Exit mobile version