Riletture. “Nelle mani giuste”: noir su stragi, squilibri di potere e seconda repubblica

Giancarlo De Cataldo racconta la trattativa stato-mafia, la fine della Prima repubblica e la caduta di Nicola Scialoja

Le divisioni tra generi letterari mantengono sempre un rapporto ambivalente e infedele con la lettura e i lettori. Cambiano di continuo, rivelandosi imprevedibili. Come tutte le etichette sono rassicuranti, classificano l’universo simbolico del lettore, orientandone le scelte e placandone l’ansia interpretativa. Il giallo è un genere sempiterno, fiorente da diverso tempo, addirittura da più di un secolo. Roberto Cotroneo offre questa definizione:

“Giallo. Genere letterario commerciale alla moda e molto amato dagli aspiranti scrittori e dai lettori. Più che un modo di scrivere romanzi è un mondo di stare nel mondo: in un mondo dove la gente ha paura e non capisce bene quello che accadrà. I gialli veri sono quelli che complicano le soluzioni e non danno certezze. I gialli letterari che si scrivono in questi anni sono invece a soluzione finale: tutto alla fine torna in ordine. E passa l’ansia. Se volete scrivere un giallo sappiate che non deve sostituire gli ansiolitici. Provate a non essere troppo rassicuranti”.

Il giallo richiede dunque uno scarto rispetto alla rassicurazione letteraria ed emotiva, la catarsi ansiolitica di cui parlava Stephen King facendo eco alla tragedia greca.
Giancarlo De Cataldo, dopo il successo e la meritata fama di Romanzo Criminale, ha proseguito il proprio percorso artistico focalizzandosi sulle pieghe della repubblica con quello che potremmo definire un sequel ideale per continuità, anche se l’autore non si riconosce in tale definizione. Scrive dunque Nelle Mani giuste (Einaudi collana Stile Libero – BIG, 2007). L’intento è quello di analizzare il contesto storico delle stragi mafiose dei primi anni novanta, abbandonando la retorica che rischia di addensarsi quando si affronta l’argomento, in favore di un’analisi trasfigurata in chiave romanzesca. L’autore, a più riprese, chiarisce che non si tratta del seguito di Romanzo Criminale, non si tratta di un romanzo noir in senso stretto, nè di un romanzo giallo.
Nel romanzo, De Cataldo imposta le proprie coordinate sulla tesi di Phyllis Dorothy James, secondo cui

“un libro giallo non parla di omicidi ma della restaurazione dell’ordine”.

Il contesto è quello della trattativa Stato-mafia, vista dagli occhi del Commissario Scialoja, già apparso in Romanzo Criminale, ormai passato a quello che potremmo definire il lato oscuro, a capo di una struttura deviata che orchestra trame per conto della massoneria deviata. Si tratta di un noir apparentemente classico, innestato, sempre in apparenza sull’idea di trame oscure che governano e guidano il potere restando in retrovia, basi e chiavi di lettura di un certo complottismo. C’è posto però anche per una buona dose di fonti derivanti dal giornalismo d’inchiesta, ossia l’Italia contemporanea che racconta se stessa. Le vicende di Tangentopoli, delle stragi: Capaci, Via d’Amelio, Firenze, Milano sono il triste palcoscenico d’ambientazione. C’è spazio per avvertire un’eco alla narrativa di John Le Carrè.
La storia e la relativa cronaca che ne deriva sono attraversate dai due poli, i veri protagonisti, archetipi del non risolto, antieroi shakespeariani con molti margini ed altrettante sfaccettature.

” (…) c’era, credo, una forte voglia di leggere storie sull’Italia di oggi – e anche di ieri – e noi scrittori di genere abbiamo occupato questo spazio (…)”

racconta l’autore in un’intervista di Fabio Zucchella per “Pulp libri”, n. 68, luglio/agosto 2007.
Scialoja ondeggia, senza cognizione del tempo, tramortito da un’overdose di cinismo e disillusione. Incastrato in un cono d’ombra, l’ex commissario è offuscato dall’amarezza, funestato dalla delusione umana e politica si ritrova inerme con gli ideali e i buoni propositi del sempiterno archetipo dell’eroismo civile ormai sbriciolati. Fino a pochi anni prima avrebbe voluto rovesciare qualsiasi forma di contropotere e riportare l’ordine, non con la forza bruta dell’autorità, ma con la forza dell’etica autorevole, ma così non è stato.
De Cataldo delinea e declina un uomo scisso, devastato, imploso che si nutre ormai della stessa ambiguità che utilizza come arma di controllo e manipolazione. Nicola Scialoja è ormai prigioniero della propria nemesi e attanagliato dalle proprie ombre vede in Patrizia la chiave della propria prigione e, contemporaneamente, il proprio personale appiglio per riemergere dal gorgo. Come un affresco preraffaellita, Patrizia simboleggia l’oblio, i ricordi riemersi dall’esilio in cui si ritrova, esilio temporale, esilio sentimentale ed esistenziale. Si inseguono a vicenda, quasi vogliano chiudere i conti con un passato che riemerge con prepotenza. Sullo sfondo intrighi, antieroi e rovine alle prese con il frantumarsi di corpi, menti e ideologie contro l’insorgere della storia.
Nelle Mani Giuste è un romanzo corale con cui De Cataldo delinea un epilogo sugli incandescenti retroscena della storia contemporanea, sfornando un interessante romanzo inchiesta.

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Stefano Sacchetti

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