La tradizione studentesca dell’Università di Coimbra

Dalle origini all’attualità, viaggio nella storia di uno degli atenei più prestigiosi e antichi d'Europa

La prima Università portoghese, col nome di Estudo Geral Português, iniziò a funzionare a Lisbona dopo che il sovrano Dionigi di Borgogna firmò, il 1° marzo 1290, il documento Scientiae thesaurus mirabilis, confermato mesi dopo, il 9 agosto, dalla bolla di papa Nicola IV De statu regni Portugaliae. In questa Università – tra le più antiche d’Europa – vennero istituite quattro Facoltà: delle Arti, di Medicina, di Diritto Canonico e di Diritto Civile.

Nel 1308, l’Università fu trasferita a Coimbra, dove già da tempo esisteva la Escola do Mosteiro de Santa Cruz. Esattamente trent’anni dopo, nel 1338, fu ritrasferita a Lisbona, rimanendovi fino al 1354. Di nuovo a Coimbra, nel 1377, ritornò ancora a Lisbona, con la creazione, nel 1380, della Facoltà di Teologia, disciplina il cui insegnamento fino ad allora era stato impartito esclusivamente dai conventi domenicani e francescani.

Nel 1537, sotto il regno di Giovanni III di Avis, occorse il trasferimento definitivo a Coimbra, accompagnato dalla Riforma degli Studi e dall’ingresso di nuovi docenti, alcuni anche stranieri. Durante questo periodo, vennero anche fondati diversi collegi, in maggioranza legati agli ordini religiosi. Il collegio più importante sarebbe stato quello delle Arti, che operò come centro dell’insegnamento preparatorio all’ingresso nelle Facoltà. C’è da dire, tuttavia, come il senso rinnovatore che l’Ateneo di Coimbra e il Collegio delle Arti raggiunsero fosse alquanto effimero, a causa soprattutto del clima generato dalla Controriforma. In realtà, l’Università coimbrana stava entrando in una fase di lunga crisi culturale.

Solo nel corso del XVIII secolo, più precisamente nel 1772, sotto il regno di Giuseppe I di Braganza e per merito del suo Primo Ministro, il celebre Marchese di Pombal, fu attuata una nuova e profonda riforma. L’Università fece propri i cosiddetti Estatutos Pombalinos, la cui caratteristica principale sarebbe stata il recepimento e diffusione del “metodo scientifico”, con la conseguente creazione delle Facoltà di Matematica e di Filosofia Naturale – poi fusesi, quasi un secolo e mezzo dopo, nel 1911, in un’unica Facoltà, quella di Scienze (in quello stesso anno, fu estinta la Facoltà di Teologia, con la contemporanea creazione della Facoltà di Lettere, che avrebbe accolto i docenti della prima).

Successivamente alla proclamazione della Repubblica in Portogallo – 5 ottobre 1910 – furono create le Università di Lisbona e Oporto.

Seguirono anni assai convulsi, difficili. Non solo con riferimento all’ambiente accademico, ma al Paese nel suo insieme, a seguito di una profonda instabilità politica. Tale instabilità avrebbe portato all’instaurazione, nel 1936, della Dittatura salazarista e del cosiddetto Estado Novo, il quale ebbe il merito di dare un nuovo impulso a tutto il movimento accademico, a livello sia istituzionale che di strutture architettoniche, e tanto a Coimbra come a Lisbona e Oporto, con la costruzione di numerosissimi edifici, ancora oggi funzionali, adibiti a Facoltà e uffici.

A seguire questo breve, ma necessario preambolo, andrò ad analizzare, per sommi capi, le principali componenti della tradizione studentesca dell’Ateneo coimbrano, oggi composto da otto Facoltà e con all’incirca 22.000 studenti iscritti. L’Università di Coimbra, nonostante la sua struttura attuale sia ben diversa da quella iniziale, mantiene ancora vivi, appunto a livello studentesco, alcuni antichi rituali e pratiche, col tempo sempre più orientati in senso goliardico e festoso.

Il 3 novembre 1887 veniva fondata la più antica associazione studentesca del Portogallo e una tra le prime al mondo, la Associação Académica de Coimbra (AAC). Inizialmente, ebbe la sua sede nel Colégio de São Paulo Eremita. Di questa struttura occupava il piano terra, mentre al primo piano era ubicato l’Instituto de Coimbra – conosciuto, nel gergo studentesco universitario, come Clube dos Lentes (ossia, “Club dei Professori”). Lo spazio in cui gli studenti si muovevano era insufficiente e con condizioni igieniche molto precarie. Una trentina d’anni dopo, esattamente all’alba del 25 novembre 1920, un gruppo di studenti assaltò il piano sovrastante, impadronendosi dell’intera struttura. Tale memorabile conquista – passata alla storia col nome di “Presa della Bastiglia” – ebbe come risultato positivo l’assegnazione all’AAC di una sede adeguata. Da quel giorno, il 25 novembre sarebbe stato considerato festività accademica.

Oggi, quest’Associazione, scomposta in varie sezioni, costituisce per gli studenti coimbrani un insieme di varie opportunità culturali e sportive. Alcune di tali sezioni sono completamente autonome dalla Direzione Generale, quali: il Centro Studi di Fotografia, il Gruppo di Etnografia e Folklore e il Teatro degli Studenti dell’Università. I due organismi più antichi dell’Associazione, risalenti proprio alla sua fondazione, sono O Orfeon Académico de Coimbra, in assoluto il più antico coro portoghese, e A Tuna Académica da Universidade de Coimbra, il cui scopo è lo studio e la divulgazione della musica.

L’ACC forma sostanzialmente un tutt’uno con la stessa Università, ancora oggigiorno, nonostante le trasformazioni occorse al loro interno. La qualcosa fa sì che, con riferimento nello specifico alla comunità studentesca, si possa parlare di una microsocietà saldamente tradizionalista. Se ne ha una conferma dal perpetuarsi di antichissime usanze, quale quella di muoversi molti studenti – e non solo all’interno delle strutture universitarie ma anche per le strade cittadine – ancora avvolti nelle lunghe cappe nere.

Per quasi quattro secoli l’Ateneo di Coimbra costituì l’unica alternativa per quegli studenti che non optavano per una scuola accademica all’estero. Anche negli anni immediatamente successivi alla fondazione delle Università di Lisbona e Oporto, tanti giovani provenienti da tutte le regioni del Paese, dalle colonie e dal Brasile decisero di immatricolarsi a Coimbra. Sicché la stessa città si riconosceva nell’Università, la quale per molto tempo rappresentò la principale, quando non l’unica risorsa economica. Tanto da essere Coimbra, fino alla prima metà del XIX secolo, suddivisa principalmente in due zone ben distinte: la parte bassa e la parte alta. La prima formava la zona commerciale della città. La seconda, compresa nel perimetro delle mura antiche medievali, costituiva con l’Università, il Collegio delle Arti e le abitazioni di professori e studenti il fulcro intellettuale cittadino.

A proposito di abitazioni, occorre citare le “repubbliche”, la cui origine risale alla nascita dell’Università coimbrana, allorquando il sovrano Dionigi di Borgogna promosse la costruzione di case appunto nella zona alta della città. La “repubblica”, come istituzione tipicamente accademica, è un insieme di studenti – di norma tra gli otto e i dodici di numero – che vivono in una comunità domestica. Secondo lo statuto dell’Ateneo coimbrano, le “repubbliche” costituiscono poli autonomi di cultura e convivenza comunitaria, che usufruiscono dell’appoggio istituzionale e finanziario dell’Ateneo stesso. Ogni “repubblica” ha un suo presidente, in genere lo studente ivi residente da più tempo. L’amministrazione è di competenza unicamente dei “repubblicani” e, per quanto riguarda la gestione materiale della casa – ovvero, fare la spesa, cucinare, provvedere alle pulizie (v’è da dire come in tempi passati ogni “repubblica” possedesse una domestica, ovviamente di una certa età, mentre oggigiorno la maggior parte delle case vi rinunciano) – si ricorre a turni mensili. Tutte le decisioni sono prese democraticamente nel corso delle riunioni, alle quali ogni membro della casa è tenuto a partecipare. Oggigiorno, a Coimbra, di queste “repubbliche” ne esistono venticinque e ogni anno ciascuna di esse organizza una festa – detta “Centenario” – nel corso della quale avviene il rincontro tra vecchi e nuovi studenti, la qualcosa consolida il legame tra le varie generazioni che hanno vissuto in quella determinata “repubblica”.

L’esistenza di tali strutture autonome ha prodotto in passato una sorta di dualismo in cui la collettività degli studenti emergeva dal contesto cittadino. Una distinzione che appare ancora più evidente a seguito dell’essersi dotata tale microsocietà di un proprio gergo, nel quale i restanti abitanti erano denominati futricas (ossia, “scarti”, “cenciume”). Questi erano spesso dipendenti degli stessi studenti, lavoravano per loro. Sicché, nei periodi in cui gli studenti erano assenti (durante l’estate, ad esempio), i futricas ne soffrivano economicamente. C’è anche da dire come gli abitanti di Coimbra riconoscessero agli studenti una certa superiorità e tutti, incluse le matricole, erano chiamati “dottori”.

Col passare del tempo, la situazione andò mutando, sia perché gli studenti iniziarono a frequentare più spesso la parte bassa della città, sia perché l’Università, dopo la caduta della Monarchia e la concomitante nascita della Repubblica, perse un po’ della sua esclusività. Anche l’uso facoltativo della cappa approssimò gli studenti a un abbigliamento simile a quello del futrica, il che li rese, per così dire, cittadini più comuni e anonimi.

Di certo, tuttavia, quel che maggiormente contraddistingueva e contraddistingue ancora oggi la microsocietà studentesca dell’Ateneo di Coimbra è la “prassi accademica”, più semplicemente praxe, ossia, un insieme di usanze tradizionali e costumi praticati nel corso del tempo appunto dagli stessi studenti universitari coimbrani. Il motto, associato alla praxe, è: «Dura Praxis, Sed Praxis», basato sul famoso detto latino «Dura Lex, Sed Lex».

L’esistenza di tale insieme di usanze e costumi all’interno della società studentesca universitaria di Coimbra risale a secoli fa, pur se l’uso del termine praxe è stato introdotto a partire dalla fine del XIX secolo. Odiernamente, non è obbligatorio aderire alla praxe. La maggioranza degli studenti, tuttavia, ne fa parte, e coloro che vi aderiscono hanno diritti e doveri, indipendentemente dal loro grado gerarchico. L’obbligo, il dovere più evidente è senza dubbio l’uso della capa e batina, ossia della cappa e della sotto-cappa (simile alla veste talare), peraltro esteso anche ai professori. Tutte le componenti di questo vero e proprio abito accademico, tranne la camicia bianca, sono nere. Tale onere, in passato, riguardava anche la vita al di fuori dell’Ateneo, onde evitare che gli studenti si confondessero con i futricas. Fu abolito dopo l’istituzione della Repubblica, poiché simboleggiava l’eredità di un passato desueto e ricordava molto da vicino l’abito talare gesuita. Malgrado ciò, la maggioranza degli studenti e dei professori continuarono a presentarsi a lezione con questo indumento tradizionale. Nel 1969, il Consiglio dei Veterani, a seguito della Crisi accademica e dei moti contro il regime salazarista, decretò il lutto accademico, che avrebbe portato al suo disuso. Più tardi, subito a seguire il 25 aprile 1974, ossia dopo la caduta della Dittatura, venne rifiutato del tutto, per essere introdotto nuovamente, tuttavia, nel 1980, momento in cui iniziò il recupero delle antiche tradizioni studentesche.

In tal senso, sono oramai consegnati alla storia le cerimonie e i festeggiamenti realizzati nel maggio di quell’anno, quale quella del ripristino della cosiddetta Queima das Fitas (“Bruciatura dei Nastri”, ossia, di quei nastri di seta che fanno parte delle insegne personali degli studenti, legati alle loro cartelle, e che variano di numero in base all’anno d’iscrizione), terminata con un corteo, il maggiore dell’epoca, cui presero parte circa 200.000 persone. Ciò spiega il perché la Queima das Fitas è oggi la festa più importante e significativa non solo dell’Università ma dell’intera città di Coimbra, godendo peraltro fama internazionale. Organizzata ogni anno a maggio, dura nove giorni, con un programma ricchissimo di eventi, in maggioranza legati alla tradizione, quale il corteo dei laureandi, consistente nella sfilata di carri allegorici addobbati con fiori, ognuno con il colore della rispettiva Facoltà di appartenenza.

Inizialmente, gli usi e i costumi tra gli studenti erano trasmessi oralmente di generazione in generazione. Il primo tentativo di riunire o stabilire una tipologia di fatti, situazioni e procedure nell’ambito della società accademica coimbrana risale al XVIII secolo. Una specie di abbozzo normativo conosciuto come Palito Métrico, vero e proprio libello in 323 versi, scritto in eccellente latino maccheronico, a firma di un certo António Duarte Ferrão e pubblicato, in 14 pagine, nel 1746. Negli anni a venire sarebbero state pubblicate di questo libello nuove edizioni ampliate. L’edizione del 1912 può essere ritenuta un abbozzo normativo della vita accademica di Coimbra e, perciò, predecessore del Codice della praxe. In sostanza, tale libello versificato, diviso in tre parti, è una guida destinata alle matricole e contiene consigli utili e regole di comportamento, così da introdurle nel mondo universitario coimbrano.

Se il Palito Métrico stabilisce un diritto, per così dire, consuetudinario, il Codice della praxe contiene una codifica vera e propria delle norme ed è, quindi, diritto scritto.

Il primo Código da Praxe porta la data del 1° marzo 1957. Strutturato in 9 libri e 279 articoli, questo Codice ha avuto un’applicazione piuttosto breve, visto che dodici anni dopo la sua entrata in vigore, la praxe – come precedentemente ricordato – fu abolita. Allorquando, nel 1980, quest’ultima sarebbe stata ripristinata, gli studenti veterani notarono, trascorsi oramai più di vent’anni dalla stesura del Codice, una certa incongruenza tra quanto v’era scritto e la nuova realtà. Cosicché, vennero d’immediato apportate profonde modifiche. Più tardi, precisamente il 19 febbraio 2001, sarebbe stato redatto un nuovo Código da Praxe, sempre suddiviso in 9 libri e contenente 289 articoli. Lo stesso attualmente funge da vera e propria guida per gli studenti universitari di Coimbra. Sono delle “leggi speciali” basate sulla gerarchia accademica, la quale, a sua volta, è delineata secondo l’anzianità.

Tale gerarchia ascendente è formata da sedici gradi. Ad esempio: il primo grado è quello detto dei Bichos (in italiano, “vermi”, “animali”, “pidocchi”), ossia, gli studenti della scuola secondaria, spesso perseguitati dagli studenti universitari; il dodicesimo grado è quello dei Quintanistas Fitados, vale a dire gli studenti iscritti al quinto e ultimo anno e provvisti di fitas o “nastri”, in italiano; il quindicesimo grado è quello dei Veteranos, ovvero, degli studenti fuoricorso (da notare che la praxe “castiga” gli studenti laureatisi entro i cinque anni, non dando loro mai, proprio per questo motivo, la possibilità di diventare “veterani”); il sedicesimo e ultimo grado è quello del Dux Veteranorum, eletto dal Consiglio dei Veterani, essendo di norma colui che ha più anni di fuori corso; questi presiede, oltre che, ovviamente, il Consiglio dei Veterani, tutti i movimenti accademici previsti dalla praxe, col compito di firmare ogni qualsivoglia decreto elaborato dal Consiglio stesso.

Strettamente legate alla praxe sono le cosiddette Cabra e Cabrão, due diversi modi di suonare dell’orologio della torre dell’Università. Il suono della Cabra è alle 18h00 e avvisa gli studenti che è giunta l’ora di ritirarsi per dedicarsi allo studio. Diversamente, il suono del Cabrão, un accrescitivo del termine Cabra, in quanto suono più forte, occorre la mattina presto, tra le 7h00 e le 7h15, e serve a dare la sveglia agli studenti, così da prepararsi all’inizio delle lezioni.

Nel corso del XIX secolo, dopo il suono delle 18h00, nessuna matricola poteva circolare per la città senza protezione. Chi infrangeva la regola veniva punito severamente (di solito con bacchettate e il taglio dei capelli) dagli studenti del secondo anno, organizzati in “truppe” capeggiate da uno studente del terzo anno. In seguito, anche gli iscritti al secondo anno sarebbero stati subordinati alle “truppe” dei più anziani. Solo gli studenti del quarto e quinto anno godevano di una certa autonomia. Tuttora si possono incontrare per i vicoli della città alta delle “truppe” che compiono il giro di ronda e infliggono le eventuali punizioni, sebbene siano solo le matricole a esserne soggette. Cosicché, è più che comprensibile come questo aspetto della praxe oggigiorno abbia assunto una connotazione prevalentemente goliardica.

Da ricordare, inoltre, che anticamente gli studenti, così come i professori e tutto il personale non docente, non rispondevano al Tribunale comune, bensì a giudici interni all’Università stessa, la quale peraltro possedeva una sua Legislazione e una sua prigione, in cui i condannati scontavano la pena. Questo tribunale privilegiato, conosciuto col nome di Foro Académico, sarebbe stato soppresso definitivamente dopo la proclamazione della Repubblica.

A partire dalla fine degli anni ottanta/inizio anni novanta l’uso della praxe si sarebbe allargato a tutte le Università portoghesi, pur se la “prassi” vera e ricolma di tradizione resta sempre quella dell’Ateneo di Coimbra.

Occorre far presente come nella praxe accademica coimbrana degli ultimi decenni si siano verificati alcuni casi di violenza. Raramente, tuttavia, le istituzioni hanno preso provvedimenti disciplinari. Tuttavia, ciò ha fatto sì che nel corso degli anni novanta sorgessero i primi gruppi organizzati di studenti anti-praxe: il MATA (Movimento Anti-tradizione Accademica), a Lisbona, e l’ANTÍPODAS, a Oporto. Questi due movimenti, in sostanza, auspicano l’eliminazione degli eccessi, senza necessariamente l’abolizione delle attività culturali e folcloristiche.

Molto altro vi sarebbe da dire, sempre con riferimento alla praxe accademica coimbrana, sulle pratiche d’iniziazione, sui rituali e sulle feste. Ho già accennato alla festa della Queima das Fitas. Quanto, nello specifico, ai rituali, mi limiterò a ricordarne solo uno dei tanti, senz’altro tra i più goliardici: il cosiddetto rasganço, ossia, il procedere, il giorno della laurea, allo “strappo” (dal verbo portoghese rasgar, per l’appunto, “strappare”) dei vestiti al nuovo dottore da parte dei colleghi. La prima Facoltà che adottò tale “prassi” fu quella di Giurisprudenza e, agli inizi, le studentesse ne furono escluse. Di norma, venivano strappati la sotto-cappa, i pantaloni, il gilè, la camicia e la biancheria intima. Cosicché, il nuovo dottore doveva tornarsene a casa, avvolto nella cappa, vestito soltanto di colletto, calzini e scarpe. Questo rituale, accantonato con la Crisi accademica del 1969, è stato ripreso negli ultimi anni. Sicché, oggigiorno, camminando per le strade soprattutto della Coimbra alta, può capitare di imbattersi in pezzi di indumenti accademici appesi agli alberi e alle statue antistanti le Facoltà.

Qui concludo, non senza ricordare di come la tradizione (e, quindi, anche quella legata agli usi e costumi studenteschi e goliardici, di Coimbra o di altre città universitarie sparse nel mondo che hanno la fortuna di mantenerli ancora in vita) faccia parte della cultura e della storia, poiché elemento che costruisce e definisce l’identità tanto di un Paese quanto di una regione o una città. È il caso di Coimbra, ma anche di Perugia, nella cui Università ho avuto l’onore di studiare, fare goliardia, laurearmi e, in ultimo, d’insegnare, durante quasi quarant’anni, Lingue e Letterature portoghese e brasiliana.

 

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