La simbologia dell’Albero di Natale

Brevi annotazioni su uno dei simboli della festività cristiana

L’Albero di Natale di Gubbio

Tempo d’Avvento, Tempo di Natale (ricordo come l’“Avvento”, termine derivante dal latino adventus = “venuta”, sia il tempo liturgico preparatorio al Natale: proprio per questo il significato più comune è quello di ”attesa”; nel rito romano della Chiesa cattolica la sua durata è di quattro settimane; inizia con il vespro della sera della prima domenica – quest’anno, domenica 28 novembre – e termina con la Vigilia di Natale, ossia, prima del primo vespro appunto di Natale), con i suoi due principali simboli: il Presepio e l’Albero natalizio.

Relativamente al Presepio, le cui origini, a differenza di quelle dell’Albero di Natale, sono tutte italiane, più esattamente francescane (difatti, fu San Francesco d’Assisi che, nel periodo natalizio del 1223, realizzò a Greccio la prima rappresentazione vivente della Natività), occorre ricordare come ogni sua figurazione, modesta o spettacolare che sia, risulti ricca di simboli della liturgia cristiana. A iniziare dal termine stesso di “presepio” – dal latino praesepium o praesaepe – che significa “stalla” o “mangiatoia”, il luogo primo dove fu posto Gesù, figlio di Dio e della Vergine Maria, appena nato:

 

«[Maria] diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c’era posto per loro nell’albergo». (Luca 2: 7)

 

Ebbene, la “mangiatoia” racchiude in sé un messaggio cristiano d’indiscutibile importanza. Difatti, poiché in essa di solito si pone il fieno, nutrimento degli animali da stalla, Gesù, in piena umiltà, si fa egli stesso fieno, nutrimento spirituale per l’umanità intera. Mancano oramai due settimane alla solennità del Natale, la festa cristiana più sentita a livello familiare e popolare. Chi non abbia già provveduto a costruire in casa il suo Presepio lo faccia con amore e con trasporto quanto prima. Non importano le sue proporzioni e la qualità dei suoi abbellimenti e neppure le dimensioni e il materiale delle sue statuette. Conta quel che simboleggia, il suo significato messianico quale primo approdo alla liturgia della Santa Notte e che ci chiama a riconoscere nel Bambino di Betlemme il Figlio di Dio. Conta lo stupore, la meraviglia e il sentimento affettuoso che suscita nei nostri cuori ogniqualvolta lo si osserva.

Quanto all’Albero di Natale, ricordo come quest’anno ricorra il trentanovesimo anniversario dell’usanza voluta da San Giovanni Paolo II di collocare in Piazza San Pietro un gigantesco abete, posto al centro del colonnato berniniano.

Il 13 dicembre del 2008, in occasione del discorso d’inaugurazione dell’Albero di quell’anno, Papa Benedetto XVI ebbe modo di pronunciare le seguenti parole:

 

«L’Albero di Natale non è nato come simbolo cristiano, ma, come tutte le cose belle e buone, è stato fatto proprio dalla Chiesa Cattolica. […] Con le sue foglie sempre verdi, richiama la vita che non muore e, con le sue luci, è segno e richiamo della sfolgorante luce divina. Come tale risplenderà il vostro albero da questa Piazza. E la stella, che brilla dall’alto dei suoi 33 metri, vorrà risplendere come la stella di Cristo Redentore: stella di pace per un mondo insanguinato dall’odio, stella che addita a tutti la strada della reciproca comprensione e concordia, per un mondo prospero e operoso».

 

Parole altamente significative, queste di Sua Santità Benedetto XVI, poiché chiarificatrici dell’importanza assunta, con il trascorrere dei secoli, dall’Albero di Natale nel simbolismo cristiano.

Com’è noto, da sempre e per tutte le culture l’albero simboleggia la vita e il rinnovarsi della stessa, un tradizionale e plurisecolare tema, in seguito fatto proprio dal Cristianesimo. Tant’è che il precursore dell’odierno e più famoso abete natalizio – secondo un’antica tradizione pagana, la quale voleva che per il nuovo anno venisse portato in casa un ramo beneaugurante – è il cosiddetto ceppo o tronco («Un germoglio spunterà dal tronco di Iesse, un virgulto germoglierà dalle sue radici», Is 11: 1), poi arso nel camino. Con esso si bruciava simbolicamente il passato e le scintille che ne scaturivano, salendo su per la cappa, rappresentavano la luce dei giorni a venire. Con l’occasione, ci si scambiavano anche dei doni.

Tuttavia, la derivazione dell’uso moderno da queste e altre tradizioni (è il caso, ad esempio, della tradizione ricorrente presso alcune popolazioni germaniche che celebravano il Solstizio d’Inverno – 21 dicembre – tagliando un abete come rito propiziatorio, per poi portarselo dentro casa e addobbarlo con ghirlande e dolci) non è stata provata con certezza. Anche se, a quanto sembra, essa sia nata a Tallinn, capitale dell’Estonia, nel 1411, allorquando fu eretto nella piazza municipale della città un grande abete, attorno al quale giovani di entrambi i sessi ballavano tutti insieme alla ricerca dell’anima gemella.

I primi riferimenti storici sulla tradizione dell’Albero di Natale sono stati rintracciati in Germania, più precisamente in una cronaca di Brema del 1570, in cui si parla di un albero decorato con rose di carta, mele, noci e datteri. È, tuttavia, Riga, capitale della Lettonia, che si proclama sede del primo Albero natalizio in assoluto e questo secondo quanto risulta da una targa multilingue, in cui è riportato che proprio lì, nel 1510, sarebbe stato addobbato il «primo albero di capodanno».

Precedentemente a questa prima, per così dire, apparizione ufficiale dell’Albero di Natale, si ha notizia di una tradizione nella Germania medievale che riferisce di un gioco religioso, praticato il 24 dicembre e conosciuto con il nome di “gioco di Adamo ed Eva” (Adam und Eva Spiele), ossia, la ricreazione del Paradiso Terrestre. Per l’occasione, si riempivano piazze e sagrati delle chiese con alberi di frutta, simbolo della vita e dell’abbondanza. Più tardi, tali alberi sarebbero stati sostituiti da abeti, ritenuti dal popolo “magici” per la loro caratteristica di essere sempreverdi, dono a essi concesso – come racconta una storia legata a questa stessa tradizione – da Gesù quale ringraziamento per essergli serviti da rifugio mentre era inseguito dai suoi nemici. Da ricordare, inoltre, sempre con riferimento all’abete, come nell’antica Grecia fosse l’albero sacro della dea Artemide e, quindi, di riflesso, l’albero consacrato alle nascite, mentre nell’Asia del Nord fosse ritenuto l’albero cosmico, posto al centro dell’Universo quale simbolo dell’evoluzione.

Durante molto tempo la tradizione dell’Albero di Natale rimase localizzata solo nelle regioni a nord del fiume Reno. I cattolici la ritenevano un’usanza esclusivamente protestante. A quanto sembra, furono gli ufficiali prussiani che all’indomani del Congresso di Vienna (1814-1815) contribuirono a diffonderla nell’Europa meridionale, per poi la stessa “attraversare” l’oceano e “sbarcare” nell’America del Nord.

A partire dai primi del Novecento tale tradizione sarebbe andata sempre più espandendosi, fino ad acquisire un livello planetario.

Cosicché, a prescindere dalle sue origini storiche, l’Albero di Natale è oggigiorno un simbolo diffusissimo in tutti gli ambienti cristiani, poiché evoca sia l’Albero della Vita piantato al centro dell’Eden (Gen 2: 9) che l’Albero della Croce – non si dimentichi, in tal senso, che, nella cultura cristiana, il legno della croce di Cristo è anche legno che può fiorire, come testimonia il ritrovamento di incisioni e dipinti in catacombe e battisteri d’epoca paleocristiana.

Da quanto riferito, se ne deduce che l’Albero natalizio finisce per assumere un importante significato cristologico, a tal punto da divenire, secondo alcuni teologi ed esegeti, più significativo del Presepio: l’Albero richiamerebbe l’intera vita di Gesù, il Presepio solo il momento della sua nascita.

 

Brunello Natale De Cusatis

Brunello Natale De Cusatis su Barbadillo.it

Exit mobile version