Dal suo blog Giuseppe Caldarola, ex direttore dell’Unità, critica Massimo D’Alema per aver escluso la categoria di sinistra per definire Renzi: “Uno scontro elettorale – scrive – è duro per definizione. Anche uno scontro interno ad un partito. Ma dire, da posizione di probabile minoranza, che il probabile vincitore è estraneo alla cultura del partito al punto che molti militanti lo abbandoneranno o verranno sollecitati a farlo, è una insensatezza senza precedenti. Colpevole di questa insensatezza è Massimo D’Alema, persona che stimo, di cui conosco le opinioni che ho spesso condiviso e di cui conosco i dubbi, che ho spesso condiviso, attorno al “nuovismo”. Solo che questa volta il “realista” D’Alema trascura due fatti grandi come una casa”.
“Il primo dice che l’estraneità a un partito la decidono i suoi elettori e non personaggi anche importanti della nomenklatura del passato. Se Renzi vince non è estraneo al partito. E’ addirittura banale dirlo. Il secondo elemento è che Renzi è in pole position perché la cultura che gli si oppone, e dalla quale provengo anche io, ha dato talmente brutta prova di sé da non meritare il diritto di replica”.
Caldarola definisce Cuperlo e Barca “modernariato”, e difende le posizioni di Renzi critiche verso la Cgil: “E’ una cosa terribile porsi il problema di una sua messa in discussione? Oppure sindacati e magistrati sono le uniche due caste inattaccabili? Se è così, si capisce perché quella parte che si dice sinistra si comporta non da sinistra ma da prigioniera di miti che l’hanno portata alla sconfitta. Se la svolta deve venire dalla Fiom e da qualche pm – conclude – stiamo freschi per altri trentanni. L’Italia è cosa più complessa di Landini e Woodkook”.