Tra la fine del lavoro, come fase estrema dello sviluppo post-industriale e tecnologico, con risultati devastanti a livello antropologico, economico e sociale, e l’idea del lavoro “assoluto”, su modello ottocentesco, c’è una via mediana che va analizzata e seguita partendo dalla Rivoluzione tecnologica e dalle nuove domande delle società ipersviluppate.
Un segnale importante arriva dal Giappone, che, dopo essere stato la patria del karoshi (morte per super lavoro), della piena occupazione, della vita dedicata a una sola azienda dall’apprendistato alla pensione, sembra ora deciso ad incoraggiare le aziende a lasciare decidere ai propri dipendenti se lavorare 4 o 5 giorni alla settimana, puntando a creare un migliore equilibrio tra impiego e vita privata.
Il progetto è stato inserito nelle linee guida del Piano economico annuale presentato dall’esecutivo e punta sia a migliorare il tasso di produttività – in un contesto demografico di carenza cronica di manodopera – fornendo l’opportunità ai dipendenti di aggiornare le proprie competenze professionali, sia a garantire maggior tempo libero per le responsabilità familiari, in una società che si confronta anche con il crollo delle nascite.
La diffusione della pandemia da Covid, nell’ultimo anno, ha consentito ad un maggior numero di persone di svolgere la propria professione da casa, e in questa direzione in aprile il partito liberal-democratico, a capo della coalizione di governo, ha proposto le linee guida alle aziende del Paese. In base a un’indagine dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (Ocse), pur lavorando in media meno ore di nazioni come l’Italia, l’Australia e il Canada, i dipendenti giapponesi utilizzano un minor numero di giorni vacanze durante l’anno, con un livello di flessibilità aziendale e di efficienza che rimane molto più basso.
Il segnale che viene dal Giappone deve invitare tutti i Paesi avanzati ad una riflessione sulle modalità produttive e sulle tempistiche conseguenti. Sono ormai cinquant’ anni che la discesa dell’orario di lavoro si è fermata, anzi in molti Paesi è cresciuto l’orario medio. Una buona ragione per tornare a ridurre l’orario di lavoro. Lo stanno facendo molte imprese anche in Italia. C’è inoltre chi propone la formula di un giorno di lavoro alla settimana da casa per ridurre pendolarismo e inquinamento oppure (Luxottica) di lavorare cinque mesi all’anno a sei ore al giorno anziché otto.
Lavorare meno, dunque ? Anche, ma non solo. Piuttosto cercare di lavorare meglio, contemperando esigenze personali (familiari) e modalità produttive, tempo libero e lavoro. In gioco – a ben guardare – non ci sono solo i “destini” produttivi dei singoli Paesi, quanto anche la capacità di tenuta sociale, demografica, esistenziale delle diverse fasce lavorative.
Noi abbiamo cominciato a lavorare molto meno dei giapponesi da oltre un secolo!
Meno e meglio!
Noi, soprattutto da Roma in giù, siamo degli antesignani saggi…
Infatti le nostre imprese fioriscono tutte e compriamo molte delle straniere!