
Mentre il tema di principale rilevanza nel dibattito politico sembra, a livello europeo, la condanna del provvedimento con cui l’Ungheria proibisce non l’omosessualità, ma la propaganda dell’omosessualità fra i giovani, e, a livello italiano, il dibattito sulla legge Zan, che invece intende canonizzare giuridicamente la cosiddetta cultura Lgtb e istituzionalizzarla nelle scuole, è passata quasi inosservata l’approvazione da parte del Parlamento Europeo della mozione del croato Pedrag Fred Matic, che istituzionalizza l’aborto come “diritto umano” nonché “prestazione sanitaria essenziale” e definisce l’obiezione di coscienza “negazione dell’assistenza medica”.
La gravità del voto del Parlamento europeo (a proposito: sarebbe interessante conoscere il nome dei 378 deputati favorevoli, nonché dei 42 astenuti e magari degli assenti) è evidente non tanto sotto il profilo giuridico (come ha fatto notare il Parlamento sloveno, l’Ue non ha competenze in materia sanitaria, quindi la mozione approvata sarebbe un flatus vocis), quanto sotto il profilo etico. Che l’Europa che fu degli Adenauer, dei De Gasperi, degli Schumann, approvi una mozione che considera l’eliminazione di una vita umana in embrione una prestazione sanitaria essenziale come un’operazione di appendicite è triste ancor prima che allarmante. E che i medici fedeli al giuramento di Ippocrate, che impone di non praticare aborti, vengano accusati di negare assistenza medica fa decisamente rabbrividire.
Ci possono essere, è vero, ginecologi opportunisti che nelle strutture pubbliche invocano l’obiezione di coscienza per poi magari praticare interruzioni di gravidanza in privato, come ci sono parlamentari europei disonesti che fanno la cresta sui rimborsi spese. È giusto che vengano severamente castigati. Ma negare un diritto essenziale di natura etica significa limitare ulteriormente la dignità e l’indipendenza della professione medica, già gravemente lese dallo strapotere delle burocrazie sanitarie con i loro asfissianti “protocolli”.
Constatare che nell’arco di circa quarant’anni, quando la depenalizzazione dell’aborto fu introdotta nei maggiori Paesi occidentali, l’interruzione di gravidanza sia passata da interesse legittimo di una donna con seri problemi psicofisici o sociali a diritto soggettivo come quello alla salute e alla vita fa comprendere come le fondamenta morali dell’Europa siano più incrinate, tanto più che la diffusione delle pratiche maltusiane dovrebbe rendere sempre più difficile una gravidanza indesiderata. Il fatto è che, come in molti altri campi, come quando ha sostituito il termine “sesso” – utilizzato nella nostra Costituzione – con l’ondivaga espressione “gender”, la sinistra è riuscita a segnare un ulteriore punto semantico a suo favore, nobilitando come “diritto riproduttivo” quello che costituisce un incentivo a non riprodursi, un po’ come se fosse fatto passare per “diritto alimentare” l’obbligo del digiuno durante il Ramadan.
E, di fronte a scelte di questo genere, non me la sento di escludere che un’Europa afflitta dalla “peste bianca” della regressione demografica (come la chiamava il grande storico Pierre Chaunu) e interessata da crescenti flussi demografici provenienti dal mondo islamico non sia davvero costretta a rispettare i precetti del Ramadan, magari con qualche digiuno espiatorio. La storia c’insegna che gli imperi non cadono a causa delle invasioni barbariche, ma del loro imbarbarimento interiore. E di fronte alla mozione Matic sorge spontaneo domandarsi se i barbari non siamo noi.
Verissimo. Approvo. Ma in realtà, a parte isolate proteste e distinguo, nessuno fa nulla, a destra come a sinistra…