A Napoli è iniziata maluccio ma il rischio è che potrebbe finire anche peggio. La campagna elettorale divide e non unisce le anime del centrodestra che, anzi, trovano in Catello Maresca il loro fustigatore. Il magistrato predica civismo e Fratelli d’Italia ora può andare da sola.
“Me ne fotto”
Durante un incontro pubblico a Ponticelli di qualche giorno fa, il pm ha tuonato: “Dei partiti me ne fotto”. Catello Maresca, che non è certo un legionario fiumano, ha tenuto – per l’ennesima volta – a marcare le distanze dalla coalizione che pure dovrebbe rappresentare. Il tema delle liste coi simboli politici precede, addirittura, la campagna elettorale del centrodestra. Maresca, già in predicato per la candidatura a presidente della Regione Campania, da aspirante sindaco di Napoli polemizza (meno) sul fronte esterno e (molto di più) su quello interno. Il pm, al di là delle dichiarazioni di prammatica, forse ritiene di avere un problema grosso se vuol vincere: la presenza del simbolo della Lega a Napoli non è certo un valore aggiunto, anzi. E dato che non si può fare a figli e figliastri, ecco che tutti i simboli devono sparire. Così facendo, fa infuriare anche gli altri. Forza Italia su tutti.
Una questione di prospettiva
Salvini non è riuscito a far dimenticare le bordate bossiane e decenni di retorica anti-Sud. Proprio nel momento in cui il meridionalismo identitario vive un momento di felicissima prosperità: non è solo questione di folklore ma di rivalsa. La crisi, che al Sud morde più che altrove, ha galvanizzato la discussione sui temi storici e sui nodi politici in chiave “sudista”. Non è certo un caso se il candidato del centrosinistra, Gaetano Manfredi, ha dovuto sfilare per le strade del centro di Napoli facendosi fotografare con una maglia di Diego Armando Maradona. Doveva farsi perdonare le ammesse simpatie juventine. E il calcio, a queste latitudini, è fuso e portante nel monoblocco delle passioni, anche la politica gli paga dazio. Ma la polemica in casa centrodestra è tutta questione di prospettiva: Maresca vuole porre se stesso al centro del progetto, i partiti reclamano spazio. Il pm reclama il valore suo e della società civile e “straccia” sondaggi e rapporti partitici, le sigle politiche chiedono rispetto per la loro storia, a Napoli e non solo.
Da Giorgio a Giorgia?
Fratelli d’Italia, dunque, potrebbe sganciarsi. E farlo a ragion veduta: che senso ha sostenere la corsa di un candidato che ogni tre per due sente il dovere di sottolineare che i partiti non servono a nulla, più che altro sono un intralcio? Sfruttando la scia positiva dei sondaggi, la destra potrebbe pensare di staccarsi anche a Napoli dal blocco Lega-Fi. Sancendo, in un certo senso, la bocciatura politica al progettone di partito unico. Un dramma, più che un’idea vincente, il cui unico risultato ai tempi del Pdl fu il suicidio (irrituale) di un’intera classe dirigente. Già da mesi si parlava a Napoli di un impegno in prima persona da parte di Sergio Rastrelli, professionista da tempo impegnato nel sociale, figlio di Antonio, già presidente della Regione Campania e galantuomo della destra storica napoletana. Si è vociferato addirittura di un capolistato per Giorgia Meloni: un’ipotesi suggestiva che riporterebbe alla mente la candidatura “napoletana” di Giorgio Almirante che fu consigliere comunale a Napoli per il Msi all’inizio degli anni ’80.. .