L’ucronia non è solo evasione ma anche analisi del passato e metodo di riflessione per il presente.
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Il realismo visionario di una narrazione ucronica che attraversa ventesimo e ventunesimo secolo, diventa campo di azione in cui fluttuano piccole e grandi vicende umane.
Nel romanzo Cento di questi anni dell’avvocato e scrittore abruzzese Pietro Ferrari, la micro-storia dei personaggi irrompe nella macro-storia del mondo intero e si trasforma in romanzo. Comparse reali e protagonisti immaginari attraversano il Novecento, tracciando una storia alternativa, tra amori e guerra, introspezione e utopia, passioni ideologiche e culturali, speranze politiche collettive e aspettative personali. I personaggi attraversano una storia completamente diversa da quella che c’è davvero stata (il point of divergence scatta nel 1936) ma che in qualche modo, soprattutto nella parte finale, rimanda alle paure e alle speranze che realmente impegnano l’uomo contemporaneo. come ogni storia vera o verosimile, con i figli che si incamminano sulle vie della vita assieme alla storia, che va avanti e si realizza pienamente in un prima e un dopo mai accaduti. Come insegna lo storico Franco Cardini: “Le cose accadute divengono perentorie e irreversibili solo dopo che, appunto, sono accadute: ma prima di allora nulla è scritto e tutto è ancora possibile.” Il testo suggestivo, nuovo, pieno di sorprese, alterna riflessioni storiche, visioni, speranze proiettate nel passato e certezze sul futuro amato sognato e quasi già vissuto. Un piccolo trattato dell’ipotetico come già commentato da un lettore del formato ebook. Ucronia dunque che dopo Preludio (1919-1985) e Interludio (1958-2020), attende la terza e ultima parte, il Suo Epilogo all’insegna della distopia…
Il protagonisti
Massimo Lugani, un individuo romantico, un sognatore, un uomo riflessivo ma che, allo stesso tempo, sentiva il bisogno dell’azione, un soggetto che si faceva dominare da grandi passioni ideali politiche e amorose, un “militante tragico”.
Alfredo Covelli, un tipo meno soggetto a lasciarsi andare emotivamente, ma non per questo era un freddo calcolatore; aveva un suo modo di concepire il romanticismo politico.
Anna Muriani, la classica femme fatale che cerca di mostrarsi meno intelligente di quello che è, attratta da quell’universo fatto di seduzione e fascino; una sciupa uomini, mentre l’amica Claudia Giallini, nonostante la stessa avvenenza, è una donna più seria e pudica, mentre Adele Carvalho è una ragazza casa e chiesa, serissima e osservante, quindi con dei valori opposti a quelli delle altre.
Karl Voeller, un tedesco malinconico, fiero, a volte involontariamente simpatico; un soggetto che ama riflettere e approfondire la realtà che lo circonda, come il suo giovane amico Lothar Ziege, sportivo che assorbe il superomismo degli anni ’30.
L’estratto del romanzo
– Il futurista!
– Macché Massimo, faccio l’avvocato e ho messo pantofole e pancetta, fammi fare un salto nel passato cò questo libro!
– Ti sei imborghesito Covelli? Un pazzo come te non può, è impossibile, ora racconto al pubblico le nostre cose omettendo le tante che mi son ben guardato di scrivere epoi si va a mangiare a Trastevere assieme.
Massimo Lugani si trovava a Roma per una storia tormentata con un’aspirante attrice, una ragazza fiorentina di cui era innamorato. Anna Muriani, inizialmente si abbandonò con tanta sincera predilezione a Massimo, ma era una di quelle donne che Covelli avrebbe definito del giro dannunziano capaci di grandi passioni ma in fondo fragili, lunatiche ed effimere nel loro guscio dorato. Donne che possono diventare ottime amanti senza amore, comparse di un gioco di voluttà fitto di insidie e languori,del tutto privo di fecondità. Femmine e basta, avvolte ed avvolgenti quell’estetismo estremo anticamera di una landa di lotofagi, incongrue ad essere mogli e madri.
– Un vino ottimo ma mai come quello nostro del borgo, ti ricordi?
– Sì Massimo, guarda che quel vino è stato un farmaco che ci toglieva pure il mal di testa. Eppoi non si stava mica sempre a far guerra cò quei barbettoni! Molti vennero pure a Fiume e son diventati fascisti. Secondo me se ci butta male ritornano a fare i bolscevichi e si vendicano ben bene delle legnate prese.
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