Quello di Monaco, lo si sa, è un Gran Premio sui generis e i 3.337 metri del circuito di Monte Carlo fanno sempre storia a sé: la pista, stretta, tortuosa, senza curve veloci e con minime, per non dire impossibili, possibilità di sorpasso, si caratterizza poi per un manto stradale che è talmente poco abrasivo che tutti partivano per la sosta unica, consci che il grosso del bottino si sarebbe spartito nella qualifica.
Eppure, nonostante l’apparente inazione, appena sotto il livello superficiale dell’apparenza, l’occhio attento ha saputo cogliere le peculiarità di un evento che non è stato certamente povero di contenuti e ad emergere, su tutti, è l’autorevole trionfo di Verstappen e della sua Red Bull che così passano in testa al mondiale in entrambe le classifiche: la prima volta in carriera per l’olandese, mentre la sua squadra non primeggiava tra i costruttori dal Gran Premio di Abu Dhabi del 2013.
Decisivo, in questo senso, anche la domenica di Perez, abile ad allungare il primo stint per risalire fino al quarto posto, persino in grado di attaccare Norris per il terzo (a proposito, altra domenica maiuscola per l’inglese) se non fosse stato per la conformazione della pista.
La Ferrari
Ecco, la Ferrari.
Per il Cavallino Rampante quello monegasco resterà probabilmente un bicchiere mezzo vuoto: la vettura, solida nelle prestazioni (già nelle libere) e approfittando a meraviglia della mancanza di curvoni e della buona trazione con cui affrontare i tornanti e le chicane da prima e seconda marcia, si è adattata meraviglia alla guida di Carlos Sainz, che ha corso in maniera intelligente (senza strafare), dando allo spagnolo ottimi motivi per sorridere, al primo podio con la nuova squadra, che nell’occasione è stato anche il primo stagionale per la Ferrari.
Ebbene, paradossalmente però, nel miglior fine settimana (nel complesso, prestazione più risultato) degli ultimi diciotto mesi, a Maranello non si può sorridere fino in fondo: è inutile nasconderlo ma l’errore di Leclerc, se di errore si può accusare chi fa il proprio lavoro al massimo, senza troppo calcoli, ossia quello di portare sempre al limite la vettura, è costato alla Ferrari una molto più che probabile vittoria ma a Monaco, giudizio senz’appello, la differenza tra il muro e la traiettoria perfetta è questione di inezia e sono sufficienti pochi centimetri per stamparsi sulle barriere.
Ad aumentare ancora la delusione, il fatto che comunque il passo di gara c’era e presumibilmente con una buona partenza e colto il giusto momento per cambiare gli pneumatici, il monegasco sarebbe stato ottimo profeta in patria.
Peccato ma la Ferrari avrà modo di riprovarci ancora su quelle piste, leggasi alla voce Ungheria, che richiedono poca velocità di punta ma tanta, tanta trazione, connessa al buon bilancio generale per districarsi su tracciati così lenti.
Questione di tattiche…e di dadi
Le tattiche, il traffico, le gomme in temperatura; le storie in questione si incrociano, e sono quelle di Hamilton, Vettel: l’inglese si è fermato per primo ma la tattica non ha pagato; anzi, ritrovatosi imbottigliato e ancora dietro a Gasly, che lo terrà dietro senza alcuna magagna per terminare con un grandioso sesto posto finale, per sé e per l’AlphaTauri, Hamilton ha sofferto per tutte le restanti tornate (49) con degli pneumatici che non ne volevano sapere di lavorare correttamente, tendenti al surriscaldamento prima e all’usura poi (e questo potrebbe essere dovuto al basso livello di spinta verticale causato dalle basse velocità del tracciato), plafonandosi così al settimo posto, fino alla bandiera a scacchi.
Peggio è andata a Bottas: un difetto sul dado dell’anteriore destra, impossibile da svitare per rendere lo pneumatico sostituibile, ha costretto il finlandese ad un brutto ritiro, perdendo un secondo posto quasi certo che avrebbe permesso di limitare i danni.
Allo sconforto di Brackley, fa da contraltare la magistrale gara di Sebastian Vettel, quinto al traguardo grazie a quei giri velocissimi, abbassando i tempi sul giro fino a sei decimi, fatti segnare quando si trattava di spingere prima di rientrare, allungata al massimo la prima sezione di gara; il risultato: il ritorno in pista in quinta posizione, per altro difesa strenuamente proprio in uscita nel tratto Beau Rivage-Massenet e chiusa al Casino per poi non scomporsi fino alla bandiera a scacchi, e portare a casa dieci preziosissimi punti, una vera boccata di ossigeno per la fin qui deludente Aston Martin, visto anche l’ottavo posto finale di Lance Stroll, (che partiva 13°), autore di una tattica ancora più estrema, allungando il primo stint addirittura fino al giro 60, grazie all’egregia gestione della mescola.
Finalmente Giovinazzi
Un punto è arrivato finalmente anche per l’Alfa Romeo Sauber, con Antonio Giovinazzi, grazie soprattutto alla migliore qualifica dell’anno, decimo al sabato; per altro il pugliese è stato pure autore di un primo giro da brivido che lo ha visto protagonista, per riconquistare la posizione persa su Ocon alla partenza, di uno splendido confronto proprio con l’Alfiere della Alpine, conclusosi (sempre in quel primo giro) e impreziosito dal grintoso sorpasso, perfezionato all’esterno della Curva del Mirabeau.
Per altro, se Giovinazzi dopo la girandola delle soste non si fosse di nuovo imbattuto nel “muro” del solito Ocon (buoni punti, nello specifico due, per il francese), coincidenza che avrebbe poi permesso a Stroll di accumulare il vantaggio decisivo per fermarsi e rientrare in pista ancora ottavo, l’italiano probabilmente avrebbe potuto aspirare anche ad un risultato migliore.
Chiusura per la Williams: se da una parte va registrata una gara anonima, con Russell 14° e Latifi 15°, la squadra di Grove ha comunque potuto festeggiare in questa sede così prestigiosa il 750° Gran Premio, un risultato importante, nell’auspicio che la solidità finanziaria da poco ritrovata serva anche per un ritorno nelle posizioni di più alta classifica, come storicamente le compete.
Certo che è una cosa sui generis. La Ferrari va bene a Monaco perchè la potenza del motore vi ha un peso minore. Sui circuiti veloci la differenza, temo, tornerà ad essere imbarazzante. E neppure parlare dell’Alfa e della povera Haas con unit power Ferrari….
corsa, naturalmente…