La Prima Guerra Mondiale (1914)
I piani dello Stato Maggiore dell’Esercito tedesco, l’ Oberste Heeresleitung (OHL), diretto inizialmente da Helmuth von Moltke ‘il giovane’ (1848-1916) – nipote del celebre feldmaresciallo von Moltke, capo dello stesso per 30 anni – prevedevano l’invasione della Francia settentrionale attraverso il Belgio e, in caso di prevedibile rifiuto di passaggio, l’invasione dello stesso Stato, la cui neutralità era garantita dal Trattato di Londra del 1839. Il Piano di Alfred von Schlieffen era stato concepito nel 1905, in caso di una guerra su due fronti, ad est contro la Russia e ad ovest contro la Francia. Il ricorso allo stesso, seppur lasciando fuori i Paesi Bassi, metteva fine alla speranza di Bethmann-Hollweg di un conflitto limitato. Il 3 agosto il Cancelliere tentava ancora di convincere il Ministro degli Esteri britannico, Grey, che l’invasione del Belgio era dovuta alla mobilitazione russa e ch’egli aveva di tutto tentato per evitare l’assurda lacerazione delle nazioni europee. Invano. È il casus belli, il pretesto per i britannici di dichiarare guerra ai tedeschi.
Il giorno 4, Bethmann-Hollweg si presenta al Reichstag e dichiara che il Deutsches Reich non ha voluto la guerra, che la colpa è dei Russi, che i francesi scendono in campo e che l’entrata in guerra dei Britannici è imminente. Egli argomenta che uno Stato ha il diritto di difendersi e che l’infrazione del diritto internazionale verso il Belgio sarà riparata dall’Impero Germanico. La sera stessa della dichiarazione di guerra inglese, il Cancelliere s’intrattiene con l’Ambasciatore di Giorgio V, sir William E. Goschen. In lacrime, gli rimprovera che per un «chiffon de papier» (la dichiarazione di neutralità belga) la Gran-Bretagna dichiari guerra ad una nazione legata da forti legami, che desidera vivere in pace con lei. I due uomini si abbracciano. Nelle sue memorie (Considérations sur la Guerre Mondiales), Bethmann-Hollweg ammetterà che aver definito il Trattato un «pezzo di carta» era stato un dérapage, pur ribadendo che la neutralità belga diventava poco significativa rispetto alla guerra continentale scoppiata; tuttavia, ch’egli considerò sempre la situazione belga contraria al diritto, da riparare in futuro.
All’inizio del conflitto, Bethmann Hollweg s’era fatto delle false illusioni sul suo carattere breve, sulla possibilità di accordi diplomatici. Egli deve, viceversa, accettare la realtà che la propaganda di guerra sta giocando un ruolo preponderante, caricando il conflitto di simboli, significati, ragioni ideologiche, attese. Ovunque è diffusa come una ivresse de victoire. La determinazione britannica non conosce ripensamenti e lo sbarco di un Corpo Spedizionario nelle Fiandre ne è la chiara dimostrazione. Il 12 agosto le avanguardie del Corpo britannico attraversano la Manica scortate da navi da guerra: in dieci giorni sono sbarcati senza perdite 120.000 uomini, non avendo la Kaiserliche Marine mai ostacolato le operazioni. Errore ripetuto dai tedeschi a Dunkerque, nel 1940, sempre sperando in un possibile accordo con Londra!
Quando l’Europa già era sprofondata nelle carneficine della guerra di trincea, von Bülow, il Cancelliere predecessore, avrebbe chiesto a Bethmann-Hollweg: ‘Come è successo tutto questo?’ Al che Theobald avrebbe risposto, allargando le mani: ‘Se qualcuno lo sapesse!’. E non era finita. Preoccupava dall’inizio la posizione della già alleata Italia, dove ad una minoranza interventista a favore degli Imperi Centrali si opponeva una maggioranza neutralista ed una sempre più rumorosa campagna propagandistica, soprattutto favorita dalla massoneria, nazionalista ed irredentista, finanziata probabilmente dai francesi, contro Vienna e Berlino. L’annessione della Bosnia-Erzegovina e la questione albanese avevano già teso i rapporti tra l’Italia e l’Austria-Ungheria, i soci della Triplice Alleanza dal 1882. Allo stesso tempo Roma rivendicava le regioni austriache abitate prevalentemente da italiani, Trentino, Friuli, Venezia Giulia ed isole dalmate. Vienna si era già domandata, prima del luglio 1914, quale sarebbe stata la posizione dello “sciacallo italiano” (ricordando il 1859 ed il 1866). I Savoia e gli Asburgo, pur alleati, uniti in passato da tanti incroci di sangue, covavano vecchi risentimenti, rinfocolati dal matrimonio di Vittorio Emanuele III con la montenegrina Elena e dal mood sciovinista.
La stampa italiana presto preoccupò Vienna e Berlino. Ardengo Soffici in una lettera a Giuseppe Prezzolini, il 15 agosto 1914, pubblicata su La Voce, settimanale da quest’ ultimo fondato nel 1908, scriveva:
“Secondo noi, Papini ed io, l’Italia ha un solo dovere, che è quello di unirsi con tutte le sue forze all’Europa civile, rappresentata dalla Francia, l’Inghilterra e la Russia (sì, anche la Russia) per schiacciare e soffocare una volta per tutte i bruti tedeschi ed austriaci, quei due popoli disgustosi che da sempre rappresentano la barbarie, l’imbecillità e la brutalità. La neutralità italiana deve durare per tutto il tempo necessario per prepararci ed agire. E agire significava dichiarare guerra all’Austria il più presto possibile e strapparle Trento, Trieste, l’Istria e Valona” (G. Prezzolini, Il tempo della Voce, Firenze, 1960).
L’Italia non aveva obbligo alcuno di partecipare al conflitto, in quanto neppure era stata consultata. Come saggiamente pensavano il Capo del Governo, Antonio Salandra, ed il Ministro degli Esteri, Antonino Paternò Castello di San Giuliano, che proclamarono la nostra neutralità, il 2 agosto 1914. Con l’appoggio deciso di Giovanni Giolitti, il maggior statista dell’Italia liberale. Ma si potevano, almeno col senno di poi, scrivere, già il 14 agosto (!), le stupidate di Soffici, Prezzolini e Papini, non tre energumeni da osteria? Dimenticando en passant che allora la Germania era all’avanguardia in quasi tutti i rami del sapere umanistico e scientifico? Che Vienna produceva fior di scrittori, medici, intellettuali, molti di loro ebrei? Mettendoci pure Valona, in Albania, suprema mescolanza di idealismo (confuso con l’ ‘Europa civile’, rappresentata da Francia, Gran Bretagna e persino dalla Russia zarista), irredentismo ed imperialismo da parvenu. Inoltre, nelle trincee i tedeschi non avevano analfabeti e pochi gli austriaci. Noi avremo il 40% della truppa. Figuriamoci gli italiani più anziani, altro che bruti… Papini, che ci vedeva pochissimo e sapeva che al fronte non sarebbe mai stato inviato, rincarò la dose il primo ottobre:
“Ci voleva, alla fine un caldo bagno di sangue nero dopo tanti umidicci e tiepidumi di latte materno e di lacrime fraterne. Ci voleva una bella innaffiatura di sangue per l’arsura dell’agosto; e una rossa svinatura per le vendemmie di settembre; e una muraglia di svampate per i freschi di ottobre. È finita la siesta della vigliaccheria, della diplomazia, dell’ipocrisia e della pacioseria”. (Giovanni Papini, Amiamo la guerra!, in Lacerba, 1.10.1914).
Secondo gli auspici di Prezzolini, Papini, Soffici, Corradini ed un pugno di letterati che nel 1910 si erano riuniti nell’Associazione Nazionalista, D’Annunzio, il futurista Marinetti, il liberista ed antigiolittiano Luigi Albertini dalle colonne dell’autorevole Corriere della Sera ed altri, áuspici il Re e Sidney Sonnino, noi italiani entreremo così nella più inutile e sanguinosa delle guerre contro l’Austria-Ungheria – che aveva alfine acconsentito a cederci pacificamente gran parte dei territori rivendicati – il 24 maggio 1915. Nel 1916, su pressione degli Alleati, prendemmo le armi anche contro la Germania, pur nell’assenza di contenziosi. La diffusione dell’ ideologia bellicistica, ad opera di intellettuali, essenzialmente, otterrà un ben triste successo.
Karl Helfferich, un banchiere prestato allo sforzo bellico della nazione, apprezzato consigliere del Kaiser e del Cancelliere, scriverà che nelle settimane iniziali del conflitto la questione di “come fare la pace” occupava ossessivamente Bethmann-Hollweg. Egli giungeva a pensare di abbandonare la Concessione cinese di Kiautschou per facilitare un avvicinamento con il Giappone, oltre che con la Gran Bretagna. Nel Septemberprogramm del 9 settembre il ReichsKanzler definiva gli ‘obiettivi di guerra’, dalle rivendicazioni territoriali verso la Russia all’ unione doganale europea per rimuovere le barriere all’ulteriore sviluppo dell’industria tedesca (la Germania soffriva anche di un grave deficit di materie prime alimentari). Ma tale programma configurava per i nemici una Mitteleuropa sotto dominazione politica ed economica tedesca e non soddisfaceva neppure le pretese dei militari dell’OHL. Che puntavano ad annettersi stabilmente il Belgio o gran parte di esso. Erich von Falkenhayn succede intanto a Helmuth von Moltke, malato, come Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, il 14 settembre, dopo la prima Battaglia della Marna.
Uscito di scena, Bethmann-Hollweg dirà allo storico, accademico, politico Hans Delbrück, che il ristabilimento della sovranità del Belgio sarebbe stata la soluzione migliore, ancorché contrastata dai militari, purtroppo sempre più forti dei politici, anche al tempo del ‘Cancelliere di Ferro’. Theobald considera che il Belgio è occupato come pegno, rimandando la questione dell’eventuale annessione alla fine del conflitto. Tuttavia, in quel momento, al Reichstag i nazional-liberali diventano favorevoli all’annessione. Egli non si stanca di ripetere che la guerra per la Germania ha un carattere difensivo. Sottolinea la ‘sicurezza’ per il Reich, una Germania più forte, mai più grande, alla vittoria finale. Dal debutto delle ostilità le diatribe tra gli schieramenti sono accantonate per lasciar spazio al sentimento patriottico. È la Burgfrieden, la pace delle fortezze, l’unione sacra delle varie componenti politiche, nell’Impero come altrove.
Bethmann-Hollweg è l’artefice di tale ‘accordo di pace’, contro i piani dei militari, del grande ammiraglio von Tirpitz*, in particolare, che vorrebbero sciogliere i partiti. S’avvicina ai socialdemocratici ed alle masse lavoratrici per guadagnarle durevolmente alla causa del Reich ed allo sforzo bellico. Dal 1915 la montagna di morti e mutilati sui capi di battaglia, la peggiorata situazione alimentare e la stanchezza in patria faranno scoppiare i primi scioperi e le manifestazioni. La fine del Burgfrieden politico avverrà nel 1916, quando la questione degli scopi del conflitto verranno dibattuti con forza e criticamente dall’opinione pubblica e dai politici.
Bethmann-Hollweg non prova odio verso il nemico. In piena guerra, e non dissimulando, egli continua a leggere autori francesi, a lodare la bellezza della lingua di Voltaire, pur calzando l’elmo delle velenose caricature antigermaniche, lamentando che l’arte contemporanea non sia altrettanto sviluppata a Berlino come a Parigi. Il suo pittore preferito è Max Liebermann, anche disegnatore ed incisore (1847-1935) – ebreo berlinese, dal 1920 al 1933 Direttore dell’Accademia delle Arti di Berlino – con il quale condivide varie opinioni politiche e che esegue un ritratto del Cancelliere nel 1915. Il mito delle origini, la sacralità della terra, il Blut und Boden, la Vaterland di Fichte, il culto della razza, il Völkisch devono lasciarlo alquanto indifferente, nonostante la perdita di un figlio al fronte il 9 dicembre 1914, o forse anche a causa di essa.
Le fotografie ed i disegni rintracciabili sono tutti della sua piena maturità. Ci mostrano un uomo assai alto (più del Kaiser), il corpo imponente, proporzionato, dal volto grave, solenne, forse precocemente invecchiato, serio ed affidabile certamente, ma con scarso carisma.
A dicembre Bethmann-Hollweg vara la ‘Missione Bülow’, un’azione diplomatica svolta dall’ex Cancelliere tedesco (amico dell’Italia, sposato con un’italiana, per vari anni residente nel nostro Paese e che morirà a Roma nel 1929) fra il 18 dicembre 1914 ed il maggio ’15, allo scopo di persuadere Roma a non intervenire nella guerra contro l’Austria-Ungheria.
Nel novembre 1914 Tirpitz aveva dichiarato che la guerra sottomarina illimitata era l’unica efficace contro il blocco imposto dalla Marina del Regno Unito. Bethmann-Hollweg vi si era opposto per ragioni umanitarie. Dapprima reticente, considerandolo una pratica bellica ‘non cristiana’, Il Kaiser aveva finito col cedere alla richiesta dell’Ammiragliato, dichiarando, nel febbraio 1915, zona di guerra le acque attorno alle Isole britanniche. Ciò aveva provocato le vibranti proteste degli Stati Uniti, allora neutrali.
1915
La situazione militare è illustrata dal Cancelliere al Consiglio dei Ministri della Prussia, all’inizio del 1915. Propone di cedere all’Austria-Ungheria i dipartimenti di Leobschütz e di Pleß per sbloccare la negoziazione del Bülow circa le cessioni territoriali all’Italia. L’obiettivo del ReichsKanzler è di evitare l’ingresso in guerra italiano al fianco dell’ Intesa; altri 900.000 soldati contro, subito, oltre il temuto, eventuale intervento della Romania che, infatti, avverrà nel 1916.
Egli argomenta che tale evento potrebbe significare la sconfitta tedesca. Tuttavia, la sua proposta viene rigettata. Il ritardo nell’inizio delle trattative, le resistenze di Vienna a cedere subito la provincia di Trento e Trieste (che diventerebbe Città Libera), l’aspirazione italiana a completare l’unità ed ottenere il controllo dell’Adriatico, determineranno il fallimento della missione, oltre le lusinghe dell’Intesa e la martellante campagna della stampa nazionalista a favore dell’intervento contro la duplice monarchia asburgica.
Il 7 maggio 1915 il siluro d’un sottomarino tedesco cola a picco il bastimento di bandiera britannica ‘Lusitania’ della Cunard Line, presso le coste irlandesi. Transatlantico che, in violazione delle norme internazionali sulla neutralità, era stato caricato dagli americani non solo di passeggeri ignari, ma anche di materiale bellico, come segnalato dai Servizi germanici. 120 cittadini statunitensi vi trovano la morte, suscitando lo sdegno della propria opinione pubblica e deteriorando le relazioni tra le due nazioni. La questione della guerra sottomarina indiscriminata torna all’ordine del giorno della Wilhelmstrasse.
Woodrow Wilson (1856-1924), Presidente appartenente al Partito Democratico dal 1913 al ’21, propone poco dopo ai Paesi belligeranti di avviare dei negoziati di pace. Bethmann-Hollweg, entusiasta, dà istruzioni a Johann Heinrich von Bernstorff, Capo Missione a Washington per collaborare al progetto, che invero si rivela essere un mero ballon d’essai. Peraltro, i suoi funzionari dimostreranno poca abilità diplomatica, confermando quanto male i tedeschi sappiano maneggiare quell’arte. La situazione è bloccata allorché, il 19 agosto 1915, il Cancelliere dichiara enfaticamente al Reichstag che ‘la forza non può essere impiegata che per difendere la libertà’.
1916
Nel marzo 1916, al Quartier Generale tedesco di Charleville-Mézières, Bethmann-Hollweg dimostra una non consueta fermezza imponendo la fine della guerra sottomarina illimitata, arrivando, in caso contrario a minacciare le proprie dimissioni. Offeso e contrariato, il grande ammiraglio von Tirpitz presenta lui le dimissioni, il giorno 12. Bethmann-Hollweg ha vinto la sua battaglia contro uno dei principali avversari. Egli lavora ora per disporre di un sostegno stabile da progressisti e socialdemocratici in Parlamento: il groupe des raisonnables.
Il 24 marzo il ferry inglese Sussex, adibito al trasporto truppe, è affondato con decine di vittime, ravvivando la tensione con gli Stati Uniti. Il Cancelliere prende contatto con l’Ambasciata statunitense, affinché il Presidente Wilson assuma il ruolo di mediatore nel conflitto. La Wilhelmstrasse dichiara che il Deutsches Reich è pronto alla pace in qualsiasi momento, purché a condizioni ragionevoli. Nel febbraio era iniziata la Battaglia di Verdun. Von Falkenhayn voleva ottenere la vittoria decisiva contro la Francia in tempi brevi. La guerra di trincea, contrariamente al 1870, trasforma però la battaglia in un tremendo bagno di sangue ed in uno scacco. Quando le immagini spaventose appaiono sulla stampa assieme ai resoconti, Bethmann-Hollweg, del quale è facile immaginare il sentimento d’orrore provato, chiede al suo capo di Gabinetto, Rudolf von Valentini, presso il Quartier Generale, di convincere l’Imperatore a nominare Paul von Hindenburg (1847-1934), il vincitore di Tannenberg, quale nuovo capo di Stato Maggiore. Il quale giunge accompagnato dall’efficiente, duro Erich Ludendorff (1865-1937). Dall’agosto 1916 l’OHL diviene il vero governante del Deutsches Reich. Ludendorff domanda, tra l’altro, di militarizzare la società in una logica di ‘guerra totale’, d’indurire le norme sul lavoro, anche femminile, e comincia la deportazione di operai belgi in Germania, nonostante le proteste di Bethmann-Hollweg, durante vari mesi.
Quando i moderati dello Zentrum chiedono in Parlamento, il 7 ottobre, di riprendere la guerra sottomarina indiscriminata, Bethmann Hollweg, come scriverà nelle sue memorie, capisce che la politica ha definitivamente consegnato ogni potere all’ OHL. Il 20 ottobre egli propone una ‘Pace Negoziata per gli Imperi Centrali’ chiedendo il sostegno di Stephan Burián, Ministro degli Esteri austriaco e di Wilson. Egli aspira a ristabilire sostanzialmente la situazione d’anteguerra. Come scriverà l’ammiraglio Henning von Holtzendorff all’ammiraglio von Müller: ‘Il suo cuore ed il suo cervello non coltivano altro che preoccupazione, che nostalgia di pace’.
Il 9 ottobre ’16 Bethmann-Hollweg pronuncia un atteso discorso al Reichstag. Dopo aver nuovamente assicurato al Foreign Office che l’annessione del Belgio non è mai stata nelle intenzioni di Berlino, afferma che ‘l’Impero è pronto a partecipare o assumere la direzione di un summit tra tutte le nazioni, nel quale i falchi siano esclusi’. Parole in sintonia con affermazioni di Wilson per un’uscita negoziata dal conflitto. Tuttavia, il Presidente americano temporeggia a formulare proposte concrete, anche perché le elezioni presidenziali sono imminenti. Il 18 dicembre, finalmente, l’iniziativa di pace tanto attesa debutta con la richiesta di Wilson ai belligeranti di chiarire gli scopi della guerra di ognuno. Berlino si dichiara pronta a rinunciare ad ogni pretesa sul Belgio. Per accontentare i pangermanisti, Wilhelm Solf, Segretario del Reichskolonialamt, un fedele del Cancelliere, propone di creare una nuova, vasta colonia al centro dell’Africa, annettendo il Congo Belga.
1917
L’Intesa non è però disposta a tali compromessi. Bethmann-Hollweg minaccia il 7 gennaio ’17 la ripresa della guerra sottomarina. L’OHL ed il Parlamento si sono già pronunciati a favore, Guglielmo II è difficile da convincere, ma alla fine accede. Pensa che gli Stati Uniti non abbiano soldati pronti e che la guerra sottomarina possa permettere alla Germania di vincere la guerra prima dello sbarco degli americani. Bethmann-Hollweg abbandona la lotta e pensa di rinunciare, ma alla fine resta al suo posto, pensando di poter concretizzare una pace negoziata, malgrado tutto. Secondo alcuni, egli non vuol lasciare campo libero ai pangermanisti, secondo altri non vuole tradire la fiducia dell’Imperatore. Appare ad ampi settori di opinione come uno statista lucido, con buone intenzioni, ma incerto, sfortunato.
Il Presidente Wilson presenta il 22 gennaio ’17, davanti al Senato USA, il progetto precursore dei ‘Quattordici Punti’, per una pace senza vincitori ed il diritto dei popoli all’autodeterminazione. Scoppia la Rivoluzione di Febbraio in Russia. Il 29 marzo Bethmann- Hollweg dichiara alla stampa che l’Impero tedesco non restaurerà il potere dello zar e che il popolo russo ha il diritto di scegliere, evitando ogni ingerenza. La confusione gli consente d’intravvedere la possibilità di una pace separata con la Russia. La Germania favorisce addirittura il ritorno di Lenin dalla Svizzera in vagone piombato. La situazione muta in profondità. Il 23 aprile Guglielmo II presiederà, a Bad Kreuznach, una riunione, con la presenza di Mustafa Kemal, il futuro leader turco Atatürk, per ridefinire gli obiettivi di guerra. L’atmosfera sarà tesa, rifiutando Bethmann-Hollweg di analizzare la possibile annessione di tutti i territori occupati, come richiesto dall’OHL.
Nello stesso periodo torna sul tappeto la questione, varie volte discussa, della riforma del sistema elettorale prussiano, giacché la Baviera ed altri Stati tedeschi hanno da decenni un sistema più avanzato. Il 31 marzo Bethmann-Hollweg forma una commissione, l’Osterbotschaft, per risolvere una volta per tutte la questione. L’ Imperatore sostiene l’iniziativa, seppure restio a scontentare i conservatori. Finalmente accetta il processo di democratizzazione proposto dall’Osterbotschaft. Per Ludendorff significa, al contrario, un ‘prosternarsi’ ai venti della rivoluzione. I socialdemocratici dell’SPD reclamano al governo una puntualizzazione chiara della ‘pace senza annessioni’. Si moltiplicano gli attacchi al Cancelliere, quando, paradossalmente, i punti di vista dello stesso e della maggioranza dei parlamentari differiscono di ben poco. Ludendorff comprende che può sbarazzarsi del medesimo… grazie al Parlamento! Egli approfitta in particolare del nazional-liberale Gustav Stresemann, che si oppone ad una pace negoziata. Bethmann-Hollweg ribadisce, invano, che il popolo ha fatto uno sforzo impressionante, sacrifici tremendi per la guerra e che il suffragio universale non mette a rischio, ma rafforza la Monarchia.
La Costituzione verrà ampiamente emendata solo durante gli ultimi giorni della Prima Guerra Mondiale. Il documento, noto come Oktoberverfassung, o Costituzione di ottobre, sarà approvato dal Reichstag; quando già era stata avanzata dalla Germania, in preda al crescente disfattismo, causato dall’impossibilità di vincere una battaglia decisiva, dalla crisi alimentare, dalla propaganda comunista – rinvigorita dalla Rivoluzione d’Ottobre – la richiesta di armistizio. Le modifiche, entrate in vigore il 28 ottobre ’18, trasformeranno tardivamente l’Impero in una Monarchia parlamentare sul modello britannico.
Gli USA entrano nel Primo Conflitto (ora veramente e non solo marginalmente mondiale) il 6 aprile del 1917. La guerra sottomarina minaccia da vicino i commerci degli Stati Uniti, che avevano fatto del rifornimento ai Paesi dell’Intesa, a cominciare dal Regno Unito, una delle loro principali attività, tanto che proprio grazie a quell’ ingente flusso di scambi commerciali, agli enormi crediti generati e garantiti dal governo, gli Usa erano riusciti ad uscire dalla crisi che aveva colpito la loro economia. All’inizio di luglio Ludendorff fa sapere che considera la guerra perduta se Bethmann-Hollweg rimane capo del governo. Il Kronprinz propone al padre di lasciare l’iniziativa ai capi dei gruppi parlamentari. In maggioranza gli stessi chiedono il suo abbandono, essendosi troppo indebolito di fronte all’ OHL. Avversato da sempre dall’ala conservatrice della politica per la sua moderazione, ora è osteggiato anche dai partiti di sinistra e dal Centro. Il 12 luglio Ludendorff minaccia le proprie dimissioni all’Imperatore se il Cancelliere resta al suo posto. Hindenburg appoggia l’ultimatum. Bethmann-Hollweg e Guglielmo II si trovano sulla stessa barca. Ad un certo punto il RaichsKanzler ne scende, dopo otto anni, sperando che l’Imperatore e la sua politica, di fatto coincidente con la propria, riescano a salvarsi. Il Kaiser deve cedere ed il 13 luglio von Bethmann–Hollweg rinuncia.
Contemporaneamente, le aspirazioni di pace sono rilanciate dal Papa Benedetto XV con la Nota del 1º agosto 1917, comunemente ricordata per aver definito la guerra ‘inutile strage’, non solo ‘suicidio dell’Europa civile’. La Germania fa riservatamente sapere di esser pronta a rinunciare al Belgio ed all’Alsazia-Lorena. Il Nunzio Pontificio a Monaco, Eugenio Pacelli, futuro Pio XII, dirà più tardi che, senza l’uscita di scena del Cancelliere, i negoziati avrebbero avuto buone possibilità di successo. Il suo successore, Georg Michaelis (1857-1936), è un semisconosciuto esponente moderato, Commissario all’Alimentazione, proposto dall’OHL, che fa marcia indietro sulle concessioni avanzate da Bethmann-Hollweg per negoziare la pace, mettendo fine al tentativo di mediazione papale. E che manca totalmente di esperienza politica.
1918
Michaelis è sostituito, qualche mese dopo, dal conte Georg von Hertling (1843-1919), membro del Zentrum e figura importante del cattolicesimo politico della Germania meridionale. Egli, pur amico, pensa che Bethmann-Hollweg abbia orientato la sua politica troppo a sinistra. Malato, rinuncia il 30 settembre 1918. È nominato Cancelliere il granduca Maximilian von Baden (1867-1929) al quale tocca, per pochi giorni, il compito di concludere l’armistizio, mentre marinai e soldati si ammutinano; per salvare la Monarchia ed evitare la rivoluzione egli annuncia il 9 novembre 1918 a mezzogiorno, l’abdicazione di Guglielmo II, come Imperatore e Re di Prussia, e la rinuncia del Kronprinz, senza il loro consenso. Inutilmente. Lo stesso 9 novembre 1918, la Repubblica, che fino al 1933 continuerà a chiamarsi Deutsches Reich, è proclamata, per la democrazia contro la rivoluzione, da Philipp Scheidemann (SPD) dal balcone del Reichstag. Due ore dopo lo ‘spartachista’ Karl Liebknecht proclama la Freie Sozialistische Republik da un balcone del Berliner Stadtschloss. Sarà l’inizio di una dura contesa civile nella nazione sconfitta ed alla fame, vittima delle azioni dei rivoluzionari comunisti tedeschi e dei paramilitari nazionalisti dei Freikorps. L’Armistizio (in realtà resa) è firmato l’ 11 novembre a Compiègne.
La Germania diverrà la ‘Gran Colpevole’, l’unica artefice del conflitto – una enorme falsità – da esecrare e da punire alla Conferenza di Versailles, con miope rigore.
Nel gennaio 1918 Bethmann-Hollweg, fuori ormai dalla contesa politica, rilevava come reazionari e sciovinisti fossero sempre più dominanti a Berlino. Non approvò le dure condizioni imposte alla Russia a Brest-Litovsk il 3 marzo ’18 e si ritirò nei suoi possedimenti di Hohenfinow per dedicarsi all’agricoltura. Presto verrà l’ora più oscura della Germania, quella della cocente sconfitta, senza che un solo soldato straniero occupi un metro di suolo patrio, bensì il contrario.
Nel 1919 i vincitori decidono, per soprammercato, di processare Guglielmo II, rifugiatosi in Olanda, ospite della Regina Guglielmina (dove morirà nel 1941), per ‘crimini contro l’umanità’ e la pace. Bethmann-Hollweg dimostra ancora la sua fedeltà proponendo d’essere giudicato al suo posto, come vero responsabile politico del Deutsches Reich. Anche se privo di seguiti, si tratta di un gesto nobile, allorché quasi nessuno, terrorizzato dalla rivoluzione bolscevica, muove un dito per salvare la Monarchia degli Hohenzollern, travolta nel novembre 1918 dagli avvenimenti.
Nel maggio 1919 esce il I volume delle sue Betrachtungen zum Weltkrieg (Considérationssur la guerre mondiale, nell’edizione francese), nelle quali Bethmann-Hollweg ricostruisce il cammino verso la guerra. Scrive, con equilibrio disincantato, sul destino della nazione:
‘Depuis 1870-1871, nous étions menacés de par notre situation géographique centrale. Depuis la
montée sur le trône de l’empereur, nous avons souvent fait tout le contraire de ce qui aurait été nécessaire pour rendre cette menace inopérante. Naturellement, l’impérialisme se serait imposé même sans notre action. Il est par ailleurs difficile de savoir si nous aurions pu éviter que les Français, les Russes et les Britanniques se liguent contre nous par des prises de position plus raisonnables. Nous sommes donc les fautifs, mais seule une faute collective a pu mener à la catastrophe mondiale’.
Theobald von Bethmann-Hollweg muore il 2 gennaio 1921 per una polmonite a Hohenfinow, nel cui cimitero viene sepolto con semplicità, lasciando incompiute le sue memorie ed un versetto per la tomba: ‘Selig sind, die da hungert und dürstet nach der Gerechtigkeit’ (Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. Matteo 5,6).
Fra tanti, veri o presunti esponenti d’una ‘Germania cattiva’, Theobald von Bethmann-Hollweg è stato indubbiamente un autentico sfortunato rappresentante della ‘Germania buona’ **.
Note
* Von Tirpitz avrà avuto i suoi difetti, ma non era colpevole della competizione navale col Regno Unito. Ad innescare quella competizione non fu la Germania, bensì la Gran Bretagna, con i suoi due “Naval Defense Act” – detti Fleet Laws – del 1889 e 1893, ben prima del varo delle leggi navali tedesche; esse prevedevano una spesa di 20 milioni di sterline per i quattro anni successivi da utilizzare per la costruzione di 10 nuove navi da battaglia, 38 incrociatori, 18 torpediniere e 4 cannoniere veloci. In pratica, si abbandonava il vecchio sistema del dopo-Trafalgar. Fin da allora la Gran Bretagna aveva posseduto una flotta di un terzo più grande del loro rivale navale più vicino, ma ora con quella legge alla Royal Navy fu imposto un nuovo standard che, se poteva apparire naturale fino al 1880, quando la marina britannica aveva una consistenza pari alle sette marine delle altre Potenze tutte messe assieme, ora diventava impegnativo.
**Poco dopo le dimissioni del Cancelliere, Hans von Seeckt, Walter Simons e Wilhelm Solf fondano il SeSiSo-Club. Si riuniscono fino al 1936 all’Hotel Kaiserhof di Berlino, sulla Wilhelmplatz l’anniversario della nascita di von Bethmann-Hollweg, al fine di conservarne la memoria. Tale circolo era chiaramente orientato in senso moderato e cosmopolita, contro il pangermanismo. Gli uomini politici più vicini idealmente a Bethmann-Hollweg, al suo permanente compromesso tra destra e sinistra, furono Gustav Stresemann, anche se talora avversari, Matthias Erzberger e Walther Rathenau, presto assassinati. Adolf Hitler si sofferma a lungo sul Cancelliere in Mein Kampf. Gli rimprovera, tra l’altro, la sua debolezza, il côté philosophe, la poca incisività dei suoi interventi in Parlamento. Dei membri del SeSiSo-Club furono implicati nel complotto del 20 di Luglio 1944. Il Circolo di Kreisau, creato da Helmuth Jamen von Moltke, ebbe fra i suoi modelli proprio Bethmann-Hollweg. Dopo anni di oblio, la controversia storiografica tra Ritter, Fisher e il contributo di von Vietsch ha rimesso Bethmann-Hollweg sulla scena storica e pubblica. Fritz Fischer (Ludwigsstadt, Baviera, 5.3.1908-1.12.1999) in Griff nach der Weltmacht, Dusseldorf, 1961 (Assalto al potere mondiale), affermava la continuità tra i propositi della politica estera tedesca dal 1900 alla WWII, per cui la Germania era colpevole di ambedue le Guerre Mondiali, anche se Bethmann-Hollweg si era opposto personalmente agli obiettivi dei pangermanisti. Esempio, indubbio, di storico ‘nazional-masochista’, come lo svizzero Jean Ziegler o il nostro Angelo Del Boca! Il più grande difensore del Cancelliere è stato uno storico conservatore, Gerhard Ritter (Bad Sooden-Allendorf, 6.4.1888-1.7.1967), che ha animato una controversia con Fisher, il suo contrappeso. Egli presenta Bethmann-Hollweg come un uomo di Stato integro, ben intenzionato, capace di opporsi a Ludendorff ed all’OHL, in Staatskunst und Kriegshandwerk. Das Problem des “Militarismus” in Deutschland, 4 volumi (München, 1954-1968). Ritter faceva parte degli ultimi storici dell’idealismo tedesco, nel solco della tradizione di Leopold von Ranke e Wilhelm von Giesebrecht, che consideravano la storia come il frutto di un rigoroso metodo filologico, ricorrendo a molteplici documenti, ma anche un’arte di raccontare. La biografia di Eberhard von Vietsch, Bethmann Hollweg. Staatsmann zwischen Macht und Ethos,1969, nota una similitudine tra la visione del mondo del ReichsKanzler e quella del Presidente Kennedy, ambedue impegnati per un ideale di giustizia che si concilia con la libertà e l’ordine. Preso nella tenaglia tra le élites del Reich e le masse essenzialmente pacifiste, il Cancelliere aveva dovuto imboccare un via intermedia, preservare la tesi di ‘guerra difensiva’. Un mezzo, una diagonale tra l’annessionismo dei pangermanisti ed il crescente disfattismo dei socialdemocratici. Fondamentali anche, oltre ai testi già citati, in calce alla parte I: Gordon A. Craig, The Politics of the Prussian Army, New York, 1964; Gerhard Ritter, Der Schlieffenplan: Kritik eines Mythos, Münich, 1956; Konrad Jaraush, The Enigmatic Chancellor: Bethmann-Hollweg and the Hubris of Imperial Germany, New Haven, 1973.
La prima parte del saggio dell’ambasciatore Gianni Marocco qui
Articolo documentato e istruttivo. Bethmann Hollweg è stato senza dubbio una persona pulita e di grande onestà, doti che purtroppo in politica non sono sufficienti, quando manca il carisma. Pulsioni autodistruttive si manifestavanonegli ultimi anni della Belle Epoque in Europa e non sarebbe bastato un Lorenzo il Magnifico a salvare la pace. Soffici e Papini senza dubbio esageravano nelle loro contumelie contro la Germania e l’Austria-Ungheria, e credo che entrambi si siano pentiti in vecchiaia del loro interventismo. ma nemmeno Thomas Mann andava leggero con gli italiani quando nelle Considerazioni di un impolitico ci definiva “spaghettanti dello spirito”. Vienna sbagliò nel 1914 a non preavvertire gli alleati italiani e a non fare delle concessioni territoriali, Se fossimo intervenuti la Francia avrebbe dovuto distrarre parte delle sue forze sul fronte alpino e i tedeschi, corroborati dalle divisioni italiane previste dai protocolli della Triplice, avrebbero vinto la battaglia della Marna, A quel punto gli inglesi avrebbero potuto accettare una pace separata, con la rinuncia tedesca all’annessione del Belgio: non ci sarebbe stata la rivoluzione bolscevica. C’è da dire che Clemenceau boicottò i tentativi di pace di Carlo d’Asburgo, il successore di Francesco Giuseppe, beatificato da Giovanni Paolo II, e anche questo ebbe un esito rovinoso sulle sorti dell’Europa.
Vorrei aggiungere due concetti: la scelta di consentire a Lenin di tornare in Russia dalla Svizzera fu un tentativo di guerra “batterio-ideologica” rovinosa per la Germania e per l’Europa e uno dei tanti crimini di Hitler sarebbe stata l’invasione dell’Olanda, che concedendo asilo politico al Kaiser aveva risparmiato al Reich la gogna di un protoprocesso di Norimberga.
Concordo, Enrico. Ma ciò che a noi più conveniva era una ‘neutralità armata’, giacché nessun nostro legittimo interesse era pregiudicato, anzi il von Bulow, un sincero amico dell’Italia, riuscì a strappare molto a Vienna prima del 24 maggio ’15. Ma i deliranti interventisti, da Albertini a Mussolini, Da Sonnino a Corradini, Da D’Annunzio a Papini, da Marinetti a Soffici avvelenarono ampi settori dell’intellettualità e della classe media italiana, e contro la maggioranza del Parlamento, contro i liberali di Giolitti, i socialisti, i cattolici, il Re e Sonnino regalarono alla massoneria ed a noi popolo bue, per lo più analfabeta e straccione, la più inutile e sanguinosa delle guerre…
Carlo I veniva definito a Vienna un trentenne con la faccia da ventenne ed il cervello di un bambino di 10! Succube della moglie, tra l’altro…
Persino Mussolini ammetterà, a denti stretti, che per l’Italia la guerra era stato un errore!