«In Clarice Lispector i personaggi non sono esseri eccezionali,
sono persone comuni, che vivono in un mondo, per così dire, magico;
ma di una magia diversa, clariciana, fatta di enigmi e perplessità
– una magia nata dall’esacerbazione della parola».
È questa una considerazione di Ferreira Gullar (1930-2016), tra i più significativi poeti brasiliani contemporanei, che non solo inquadra da subito l’unicità letteraria di Clarice Lispector, ma anche spiega, in modo indiretto, il titolo dato da Isabella Cesarini al suo saggio: Con la parola vengo al mondo. Bellezza e scrittura di Clarice Lispector (Tuga Edizioni, Bracciano 2021: 128 pp, euro 16,00)
Difatti, quel che maggiormente connota la narrativa di una delle principali scrittrici, in assoluto, del ventesimo secolo (nata il 10 dicembre 1920 in Ucraina e morta il 9 dicembre 1977 in Brasile, portatavi «in braccio», a soli due anni d’età, dai suoi genitori ebrei in fuga dalle persecuzioni successive alla Rivoluzione di Ottobre) è la presenza di un linguaggio, a un tempo, introspettivo e metaforico, tramite il quale Clarice (ri)costruisce le identità dei suoi personaggi, per nulla «eccezionali», e le cui storie a volte vanno intersecandosi con elementi autobiografici. Una tessitura che mette in rilievo la sua straordinaria capacità artistico-letteraria appunto di lavorare con le parole; tanto da farle dire che la lettura dei suoi romanzi e dei suoi racconti esige ascolto più che comprensione. Parlo di capacità artistico-letteraria a giusta ragione, poiché Clarice Lispector, servendosi sapientemente del linguaggio, dimostrerà come esista uno stretto connubio tra Letteratura e Arte («i libri sono carta inchiostrata», recita un famoso verso di Fernando Pessoa), ovvero, come lo scrittore altro non sia che l’artista della parola.
Questo e altro ancora è puntualmente documentato e commentato da Isabella Cesarini, che nei dieci capitoli di cui si compone il suo saggio prende in esame della Lispector i suoi nove romanzi – da Perto do Coração Selvagem (1943), il romanzo d’esordio, a Um Sopro de Vida – Pulsações, l’ultimo romanzo, scritto tra il 1974 e il 1977, ma pubblicato postumo (1978) – e tre delle sue sette raccolte di racconti, le più importanti e significative: Laços de Família (1960), Felicidade Clandestina (1971) e A Via Crucis do Corpo (1974). Il tutto all’insegna di una sicura originalità, tanto nella scelta dell’impostazione “cronologica” – nello specifico, l’analisi parallela occorrente tra i periodi di pubblicazione delle opere clariniane ed i periodi evolutivi della «scrittura nel suo farsi» della stessa scrittrice brasiliana – quanto nell’approccio critico sia alle tecniche compositive della Lispector che alle sue affinità letterarie con James Joyce e Virginia Woolf, in particolare per il tramite della forma narrativa dell’epifania, con riferimento allo scrittore irlandese, e dello stile intimista, con riferimento alla scrittrice britannica.
Inoltre, a Isabella Cesarini va il merito di aver scritto e completato il suo saggio nell’anno del centenario della nascita di Clarice Lispector, seppure la pubblicazione è occorsa con alcuni mesi di ritardo per una scelta della casa editrice, probabilmente dettata da contingenze dovute all’emergenza pandemica. Di certo siamo al cospetto di un evento editoriale di rilievo che andrà ad aggiungersi a tanti altri eventi organizzati e già attuati o in fase di attuazione (quali congressi, conferenze, seminari, dibattiti, pubblicazioni varie, cartacee e online, concerti, proiezioni di filmati, ecc.) sia in Brasile che in altri Paesi. In particolare negli Stati Uniti, presso il “Brazil LAB / Luso-Afro-Brazilian Studies” della Princeton University, dove le celebrazioni di questo importante centenario hanno avuto inizio a gennaio del 2020, con il coinvolgimento dei maggiori studiosi e traduttori lispectoriani, nonché la presenza di Paulo Gurgel Valente, figlio secondogenito della stessa Lispector e suo esecutore letterario.
Buona lettura!