La reazione dei filosofi rinascimentali, che si rifacevano alla natura come verità fondante, contro la Chiesa e la sua decadenza, secondo il filosofo Sossio Giametta ebbe continuità e “approdo finale” nel Così parlò Zarathustra di Nietzsche. In precedenza, il richiamo alla natura, sia pure da punti di vista differenti, era la costante di autori come Telesio, Cardano, Pomponazzi, Giordano Bruno, Vanini.
Per Giametta era una lotta anche di Spinoza e Feuerbach con lo scopo di sostituire Dio con la natura e la teologia con la filosofia, un processo che aveva come punto finale la sostituzione della religione con una “religione laica”, contro la trascendenza. Questo poteva farlo solo Friedrich Nietzsche con il suo Zarathustra e il suo “genio linguistico”, la sua “ala poetica”, la sua prosa esplosiva. Questa l’interpretazione dello studioso di Nietzsche Sossio Giametta. Nato 91 anni fa a Frattamaggiore (Napoli), vive a Bruxelles dove ha lavorato per trent’anni al Servizio linguistico dell’Unione europea e ha coltivato sempre due passioni: la cultura tedesca e Nietzsche. Fece parte, negli anni Sessanta, del gruppo che collaborò alla traduzione dell’opera completa del filosofo tedesco, gruppo guidato da Giorgio Colli e Mazzino Montinari. Traduzione che non ha mancato di suscitare polemiche fra gli studiosi del grande pensatore tedesco: Montinari e Colli furono accusati dal filosofo Domenico Losurdo di traduzioni in certi punti incomplete, in altri “edulcorate” e in un’opera ponderosa (Nietzsche, il ribelle aristocratico, di oltre mille pagine), offrì una lunga serie di esempi.
Da poco è stato pubblicato Saggio sullo Zarathustra (Aragno editore), ristampa di un volume di Giametta edito da Garzanti nel 1991 (Nietzsche il poeta, il moralista, il filosofo) ora notevolmente ampliato (l’ultima edizione è di 856 pagine, dalle 339 originarie). I brani aggiunti sono commentarii e articoli varii sul tema. Per Giametta Nietzsche non sarebbe un filosofo ma un poeta, critico della civiltà borghese, fondatore di una nuova religione laica, religione “del corpo e della terra” e sostiene che i primi due libri dello Zarathustra sono impeccabili, il terzo, quello propriamente filosofico, è inferiore, e il quarto libro “era l’inizio di una nuova opera, Meriggio ed eternità, che non nacque, per cui fu appiccicata a freddo a Così parlò Zarathustra, come suo quarto libro”. Ma ciò nonostante la considera “l’opera conclusiva dell’età moderna e sovrasta, per la sua portata, tutte le altre, non solo tedesche”. Le opere precedenti, La nascita della tragedia, Considerazioni inattuali, Umano troppo umano, Aurora, La Gaia scienza, furono opere preparatorie, autonome, che non avrebbero a che fare, per il pensatore di Frattamaggiore, con quello che seguirà, lo Zarathustra (un libro per tutti e per nessuno), in particolare. Come se, giunto il pensiero a una sorta di maturazione, definisse in quest’opera, scritta poeticamente, l’attacco al Cristianesimo nel nome di una sorta di “laicismo”. Forse l’uso del termine laicismo, però, svia dal “percorso nietzscheano”. L’esaltazione del corpo e della vita, che era annunciata nelle prime opere del pensatore di Röcken, si richiamava allo spirito greco, al paganesimo tipico della filosofia greca. E Nietzsche, peraltro fine filologo, non sfuggiva a queste suggestioni. Non a caso mentre scriveva la sua opera maggiore chiedeva a se stesso “Che cos’è lo Zarathustra?” e, discutendone con il suo amico Peter Gast, questi gli rispose: “E’ una sacra scrittura”. Il filosofo comprese e definì in seguito la sua opera “la Bibbia del futuro”.
Per Thomas Edward Lawrence, lo Zarathustra era uno dei cinque libri titanici dell’umanità, un libro che semina dubbi ma soprattutto certezze. E Giametta afferma: “La forza di Nietzsche nello Zarathustra è dunque la violenza del suo afflato poetico, l’esplosione del suo genio religioso, che rende sacre e oracolari le verità oracolari dello spirito”.
Sossio Giametta, Saggio sullo Zarathustra, Aragno ed., pagg. 854, euro 40.00