Roma. Deturpata, abbandonata, fragile eppure tra le sue vie trionfa ancora l’immensità di un Impero. Tra la sporcizia, la noncuranza e il disordine si stagliano grandiose le opere dei nostri antenati, memorie d’un passato glorioso indimenticato. Il peso di questa storia aleggia leggiadro nell’aria come fosse una foglia al vento, appena percettibile. Sono i sogni dei Romani a dargli nuova consistenza.
L’associazione sportiva Roma deve convivere con questo sin dal suo primo giorno. Portare quel nome, raffigurare nel proprio stemma la leggenda ed avere il triplo dei sostenitori della Lazio fanno si che questo club soffra più dei concittadini la pressione dell’ambiente. La Roma deve farsi carico ogni anno di aspettative altissime, d’una passione incontenibile e d’un orgoglio che solo una Capitale di un Impero può portare con sé.
Negli ultimi dieci anni sono stati altrettanti i cambi di allenatore sulla panchina dei giallorossi. L’unico ad essere sfuggito all’esecuzione per più di 2 stagioni è stato il francese Rudy Garcia (2013-2016). Infatti dopo la prima gestione Spalletti (2005-2009) a guidare la Roma sono stati Ranieri (1 anno e mezzo), Montella (3 mesi), Luis Enrique (1 anno), Zeman (8 mesi), il traghettatore Andreazzoli, Garcia (2 anni e mezzo), Spalletti (1 anno e mezzo), Di Francesco (1 anno e mezzo), nuovamente Ranieri (3 mesi) ed infine Fonseca.
Gli anni ’10 del nuovo millennio saranno ricordati come quelli del dominio juventino ma anche come quelli del disastro delle milanesi. Inter e Milan si stanno riaffacciando solo ora nelle posizioni di alta classifica e questo ha ovviamente giovato i risultati di altri club meno blasonati. Le due compagini meneghine hanno visto succedersi 10 (Milan) e 12 (Inter) allenatori sulle loro panchine.
Questi numeri danno la dimensione della profonda crisi societaria che hanno dovuto affrontare. Per la Roma non è stato così, eppure il numero di allenatori succedutisi è lo stesso dell’Inter. I Giallorossi hanno ottenuto a più riprese risultati eccellenti, centrando il secondo posto per ben 3 volte e la qualificazione in Champions 5 volte, ma questo non è bastato a dare fiducia a tecnici come Rudi Garcia o Di Francesco, capace anche di raggiungere una storica semifinale nella maggiore competizione europea.
Ad oggi nulla è cambiato, la piazza ribolle e anela vette che al momento sono irraggiungibili. Il nuovo capro espiatorio? Sempre il solito: l’allenatore, Paulo Fonseca. Il portoghese dopo 3 anni eccellenti alla guida dello Shakhtar (7 trofei conquistati) approda a Roma circondato dalle solite aspettative. Il campionato però non è lo stesso di qualche anno fa. Le Milanesi, come detto, sono tornate ad imporsi, il fenomeno Atalanta continua a mietere vittime e il Napoli non ha alcuna intenzione di demordere. La Juventus inoltre resta una spanna sopra le altre, per tradizione, budget e società, ed infine la Lazio ha un progetto solido consolidatosi in cinque anni di costanza e ottimo lavoro.
Inutile prendersi in giro, i competitors partono tutti da condizioni di vantaggio. Per colmare questo gap i pezzi da incastrare sono tanti: la leadership manageriale, trattenere i maggiori talenti, la gestione della piazza, la costruzione di una mentalità vincente.
Fonseca sta facendo ciò che può ma se ci si aggiungono gli infortuni: Zaniolo, Smalling, Mkhitaryan; un Dzeko ormai attempato; dei giovani che hanno bisogno di crescere ed infine gli errori sul mercato della dirigenza: Santon, Pastore, Juan Jesus, El Sharaawy, Pau Lopez e chi ne ha più ne metta, diventa impossibile lottare per il vertice.
L’ex difensore lusitano ha saputo gestire momenti difficili, assumendosi sempre le proprie responsabilità e cercando di proteggere la squadra dagli attacchi esterni. Ha avuto la lungimiranza di cambiare sistema di gioco quando le cose non andavano ed è riuscito nell’impresa di imporsi in Europa, cosa affatto scontata viste le magre figure collezionate dal nostro calcio. La nuova presidenza farebbe bene a tenere conto di quanto detto prima di prendere decisioni affrettate. Staremo a vedere, ma ciò che è certo è che il povero Fonseca non merita di essere l’ennesima vittima sacrificale di un ambiente divenuto ormai tossico.
Ecco qui un interessante grafico che mostra i risultati della As Roma negli ultimi dieci anni