Le legittime recriminazioni del mondo della ristorazione e del terziario non vanno confuse con il protagonismo di vichinghi in cerca di clamore mediatico.
Le proteste a Roma e in tutto Italia meritano rispetto e attenzione, soprattutto perché – ad eccezione di pochi momenti di tensione – rappresentano un malessere profondo di un ceto medio produttivo sempre più impoverito dalla crisi e con le mani legate per le chiusure e le restrizioni.
Il governo può e deve correggere la rotta, ma i manifestanti non possono essere incasellati nell’immagine iconica del vichingo emiliano che ha monopolizzato fino troppo l’informazione.
L’uomo con le corna infatti è Hermes Ferrari, noto alle cronache per una serie di problemi giudiziari e azioni da facinoroso di cui dà conto la Gazzetta di Reggio.
Le istanze del mondo dei bar e dei ristoranti hanno bisogno di pragmatismo e concretezza: ci sono associazioni di categoria e sodalizi come Mio Italia guidato da Paolo Bianchini e Ferdinando Parisella che associano alla legittima protesta un elenco di proposte da discutere nei tavoli istituzionali e governativi.
Etichettare con le solite categorie marginali – come usa certa stampa progressista – la legittima richiesta di sostegni e di una calendarizzazione delle riaperture è un percorso intellettualmente discutibile. La pancia del paese è in fermento. E le condizioni di fondo delle classi sociali sofferenti sono molto simili a quelle dei gilet gialli francesi. Non c’è dunque da perdere tempo.