La manifestazione contro lo scioglimento della “Génération Identitaire” del 20 febbraio 2021 ha dato luogo al noto arresto di Jérôme Rodrigues, assieme ai contro-manifestanti di sinistra. Cogliamo quindi l’occasione per fare uno screening sul caso del movimento dei Gilet gialli.
Dato il contesto di tensione, ci si poteva aspettare, in questo sabato di febbraio, che la manifestazione contro lo scioglimento della “Génération Identitaire” avrebbe creato un caos senza precedenti nelle vie di Parigi. Da varie settimane, gli anatemi balzano dalle schiere della sinistra pluralista, e arrivano sui televisori, sui social network e nei comunicati stampa: razzisti, terroristi, milizie fasciste! La cronaca sordida ha dato vita a notizie shock, per sgomentare i pezzi grossi della sinistra. La vicenda richiama all’invasione del Campidoglio, ad “oceani” di distanza. Molti hanno sostenuto che lo stato di diritto fosse indubbiamente minacciato dalle azioni del gruppo e che eravamo sull’orlo di una guerra civile. Naturalmente, gli antifascisti parigini non sono mancati all’appello.
Gli antifascisti entrano in scena
In un comunicato dai toni insurrezionali pubblicato sulla piattaforma di propaganda di ACTA, l’”Action antifasciste Paris-Banlieue” ha chiesto con forza una contro-manifestazione. Tutta la “ginnastica intellettuale” è stata necessaria per convincere il suo pubblico della necessità di questa rivoluzione: se il Sistema dissolve la “Génération identitaire”, si tratta un complotto per rafforzare l’estrema destra, e per nascondere al popolo che le idee identitarie sono già al potere. O meglio, se la congiura non viene smascherata, il “Rassemblement national” ne uscirà vittorioso. Per essere diretti, il movimento giovanile marxista “Jeune Garde” ha accolto con favore uno scioglimento che chiedeva da tempo e ha annunciato che avrebbe continuato a “scendere in piazza” pubblicando foto di militanti pronti a combattere sui social network. “Il vaso sta per traboccare!”, hanno promesso, imitando i codici del vandalismo. I sindacati di estrema sinistra, i partiti politici e le pagine Facebook ribelli hanno risposto. Questi appelli hanno spinto la prefettura a mobilitare, in segno di prudenza, le forze di polizia, al fine di evitare una battaglia accesa tra estremi.
Nel fatidico giorno, tutti erano lì a fare la loro parte, radunandosi e contro-radunandosi. Ma ciò che le telecamere hanno mostrato è stata una mobilitazione ed una comunicazione impeccabili da parte della schiera identitaria. Dei bravi francesi, indignati ma rispettosi della legge, l’appoggio di molti eletti di destra, una manifestazione seriamente organizzata, una piazza piena, e una varietà di volti lontani dall’immagine originale del potenziale terrorista con la testa rasata. I barboncini del sistema, infastiditi dall’assenza delle leghe fasciste pronte a rovesciare la Repubblica, hanno tentato come ultima risorsa di stanare un saluto hitleriano. Una manovra patetica che è stata rapidamente sfatata dai prudenti decodificatori dell’AFP.
Il clown Jérôme Rodrigues
Con grande dispiacere per lo spettacolo mediatico, l’unico scontro degno di nota non coinvolgerà gli attivisti ultra-violenti del movimento antifascista, ma solo qualche manciata di Gilet gialli ubriachi. Nessuno scontro romantico tra bande rivali, nessuna scioccante aggressione fascista, solo alcuni provocatori spietatamente espulsi dal servizio di sicurezza. Irrintracciabili sul terreno, gli attivisti antifascisti hanno perso la loro occasione. Mobilitando i Gilet gialli al loro posto per partecipare alla manifestazione identitaria, l’intenzione iniziale era certamente quella di mostrare che l’opposizione al fascismo non proveniva dai militanti radicali, ma dal popolo, l’eterna chimera di tutte le sinistre. Il contribuente francese non si è riconosciuto in questo sottoproletariato degenerato, in questi disoccupati che non hanno più un’identità nazionale o un patrimonio da conservare. Non vi è alcuna grande mobilitazione antifascista da parte del popolo francese, ma solo il triste spettacolo di una manciata di idioti smarriti con rivendicazioni non definibili. Indebolito e spezzato da mesi di mobilitazione e repressione il cui significato gli sfugge, il Gilet giallo superstite non ha più molto a che fare con la terra da cui proviene. Manifesta, per tradizione religiosa, ogni sabato. Contraddistinti solamente dai loro “gilet”, questi nuovi dannati della terra lotteranno fino alla fine, non importa contro cosa. Di fronte a questi declassati, questi “intoccabili”, avremo visto la Francia insorgere, da tutte le classi, da tutti gli orizzonti, uniti dalla bandiera, uniti nella difesa della libertà di espressione. Due mondi che si guardano da entrambi i lati di una fila di CRS. Il risultato di questo recupero del Gilet giallo avrà avuto solo lo scopo di mettere questa ingombrante palla al piede dell’estrema sinistra di strada.
Per convincersene, basterà guardare l’intervento del guercio clown Jérôme Rodrigues, onnipresente su Russia Today. Senza paura di apparire ridicolo, egli borbotta una dimostrazione traballante di cui è difficile distinguere i pro ed i contro. Capiamo vagamente che il pover’uomo è in guerra con “Macron” ed “il tedesco” – Jérôme Rodrigues vuole parlare di Lallement, Didier di nome, il prefetto di polizia del suo stato. Ieri erano i tedeschi, oggi è “il tedesco”. Il Gilet giallo è per la libertà di espressione, quindi deve manifestare contro “Génération identitaire” perché tutti i punti di vista devono essere ascoltati. Sì, sciogliendo la “Génération identitaire”, Macron ha scelto di dar loro voce! La manifestazione degli identitari non è stata vietata dal “tedesco”, quindi si deduce che gli identitari sono in combutta con lui. A meno che non sia il contrario. Gli argomenti elaborati dei teorici antifascisti sono esposti. Spogliati del loro gergo sociologico e del loro lirismo militante, nel cervello confuso di Rodrigues il citrullo, ritornano al loro stato naturale di poltiglia incomprensibile. Il culmine di questa pagliacciata è il giullare del nuovo re che si lamenta pietosamente di un violento tocco dei suoi testicoli da parte delle forze dell’ordine. Lo stato trema di fronte a tale ardore rivoluzionario e il pubblico ride. Si potrebbe pensare di ascoltare uno di questi delinquenti di periferia che si vittimizza sul set di Konbini per strappare lacrime e soldi a degli sciocchi ben intenzionati. Rivela la castrazione mentale e la sottomissione totale di colui che, lo ricordiamo, si unirà presto al circo di Hanouna come cronista.
L’arte del riciclo ideologico
Molto prima del “recupero” della sinistra, è la società dello spettacolo che avrà colpito i Gilet gialli. Il 17 novembre 2018, atto uno dei Gilet gialli, non vi erano dei “Gilet gialli”, ma dei francesi arrabbiati che si lamentavano della batosta fiscale. Su Internet, si parlava di un “movimento nazionale contro l’aumento delle tasse”, di una “Francia in collera”. Il Gilet giallo era solo uno strumento per identificarsi, si indossava il Gilet giallo, non si era “Un Gilet giallo”. Poi la messa in scena permanente ha dato vita all’identità del Gilet giallo. Non si era più un Gilet giallo perché si voleva pagare meno tasse, si era un Gilet giallo perché si marciava ogni sabato e si affermava di esserlo sulle reti. I Gilet gialli erano una grande famiglia, una comunità nella comunità. Man mano che il movimento perdeva di vigore, man mano che il divario con il francese medio diventava più pronunciato, la tentazione di affidarsi al tessuto associativo della sinistra per continuare ad esistere ed essere ascoltati diventava sempre più importante. Era necessario giurare fedeltà al dogma della convergenza delle lotte. Il Gilet giallo è diventato l’uomo di tutte le lotte: ambientalista, antirazzista, persino sindacalista; in totale contraddizione con le sue affermazioni iniziali. Meglio ancora, in opposizione alla polizia, unica costante del movimento, era necessario adottare gli slogan e i codici visivi del black block e, per estensione, dell’antifascismo. Nasce così l’identità del Gilet giallo antifascista. Inizialmente costruzione mediatica per assimilare il movimento ai “vandali metropolitani”, questa sintesi ha finito per diventare realtà.
La piovra identitaria di sinistra, abituata ad assimilare al suo interno tutte le battaglie di retroguardia, era impotente, travolta, caduta di fronte alla mobilitazione spontanea del popolo francese. Dei Gilet gialli, tuttavia, avrà fatto solo un boccone. La sua specialità rimane quella di abbattere le molteplici identità rivendicate dai reietti per radunarli nell’odio dell’uomo bianco borghese, personificato dal poliziotto e dall’attivista di destra. La magica caratteristica della sinistra “intersezionista” è che moltiplica le sicurezze mentre perde le masse. Se non ha preso i proletari, avrà preso i Gilet gialli. Abbiamo conosciuto il magrebino in carica per discolparsi del razzismo, e ora abbiamo il Gilet giallo in carica per discolparsi del disprezzo della Francia periferica. Un alleato ingombrante, scomodo davanti alle telecamere, inutile in strada, ma necessario per preservare l’illusione morale che la lotta di sinistra sia quella dei “più poveri” contro le élite.
Per molto tempo si è potuto discutere sullo status degli antifacisti come “utili idioti del sistema”; oggi nessuno negherà che i Gilet gialli sono diventati gli utili idioti della sinistra.
*Da Revue Elements. Traduzione di Antonisa Pistilli
Si è sempre saputo ciò che erano i ‘gilet gialli’. Che, però, anche qui qualche amico continuava a vedere come i paladini della tradizione e dell’identitarismo contro il ‘cattivone venduto’ di Macron… Povera destra sempre cieca…