La Moto Guzzi ha compiuto cento anni: venne fondata il 15 marzo 1921, con finalità “La fabbricazione e la vendita di motociclette e ogni altra attività attinente o collegata all’industria metalmeccanica”. I fondatori Carlo Guzzi e Giorgio Parodi scelsero come simbolo l’aquila dorata ad ali spiegate, in memoria di Giovanni Ravelli, loro commilitone nel Servizio Aereo della R. Marina durante la Grande Guerra, caduto con il suo aereo durante un volo di collaudo nel 1919.
La Guzzi ha conquistato vittorie e trofei sui circuiti di tutto il mondo, ben 14 Titoli Mondiali. È stata la moto dei record di velocità, simbolo di crescita di un Paese innamorato dei motori, è stata inoltre la moto della Polizia Stradale, della Guardia di Finanza ed altre Forze dell’Ordine e dell’Esercito, dei Corazzieri del Quirinale. Moto italiana per eccellenza, assai apprezzata anche all’estero. Pure se noi, oggi settantenni, da giovani ci siamo esaltati soprattutto con le imprese di Giacomo Agostini, classe 1942, quando correre significava un potenziale appuntamento con la morte ad ogni curva, sulla altrettanto italianissima MV Agusta, nei Mondiali 350 e 500 cc. 15 Titoli Mondiali vinti (gli ultimi 2 con la Yamaha, nel 1974 e ’75). Marca e scuderia entrate in crisi alla morte del conte Domenico Agusta negli anni ’70. Poi il marchio fu acquisito, nel 1992, dalla Cagiva; nell’agosto 2008 passò al gruppo Harley-Davidson che a sua volta lo cedette nuovamente a Claudio Castiglioni, ex titolare della Cagiva. La proprietà attuale è di una multinazionale, l’Ocean Group International.
Ha scritto, il 13 marzo, Massimo Falcioni sulla Gazzetta dello Sport, presentando la ricorrenza:
‘Sin dalle sue origini, 100 anni fa, l’aquila con le ali spiegate della Moto Guzzi non solo è stata il simbolo dei suoi bolidi vincenti per oltre trent’anni sulle principali piste internazionali, ma ha caratterizzato l’eccellenza della propria produzione di serie con alcune sue motociclette diventate icone per gli appassionati, ovunque nel mondo. La Casa di Mandello, da quel 15 marzo 1921 a oggi, ha vissuto giornate di gloria nelle corse e di grandi successi nei mercati, ma anche periodi assai travagliati che ne hanno persino messo in forse l’esistenza. Sempre, però, l’aquila con le ali spiegate – emblema industriale, sociale, economico, artistico e culturale oltre i confini del motociclismo – è tornata a volare forgiando quello che era ed è il capitale della Casa di Mandello: l’anima guzzista. Quell’anima guzzista derivata per i primi trent’anni (dal 1921 al 1957) dai trionfi in pista e per periodi ancor più lunghi da moto di serie caratterizzate da straordinarie peculiarità tecniche, frutto del patrimonio delle corse e, soprattutto, da una forte ed indelebile identità’. (M.Falcioni, Cento anni di Moto Guzzi: dalla 500 G.P. alla V85 TT i modelli leggendari dell’aquila in https://www.gazzetta.it/Moto/13-03-2021- 4001418047487.shtml).
La Moto Guzzi celebra il compleanno mentre appare vivere una nuova giovinezza. La gamma è stata rinnovata, si fa notare, mantenendo i valori di stile e autenticità del marchio, uniti alle migliori dotazioni tecniche in termini di supporti elettronici alla guida; ogni singola Moto Guzzi è costruita nello stabilimento di Mandello del Lario con cura artigianale nel rispetto di un’identità consolidata. La classica V7, rinata intorno al nuovo motore bicilindrico 850, e la Classic Enduro V85TT sono i gioielli di una marca italiana che ancora può esprimere molto su tutti i mercati, anche asiatici, e che è stata ampiamente ricordata da appassionati, stampa sportiva e specializzata, media e blog.
(Cfr. https://www.adnkronos.com/moto-guzzi-compie-100-anni_5lo1AWabrrtSIKGvHeI39h).
Il 15 marzo 1921 il cavalier Emanuele Vittorio Parodi, armatore e finanziatore dell’iniziativa, suo figlio Giorgio (Venezia, 1897 – Genova, 1955) e l’amico di quest’ultimo Carlo Guzzi (Milano 1889 – Davos 1964), vera anima dell’ impresa, fondarono a Genova la “Società Anonima Moto Guzzi”, con sede legale nel capoluogo ligure e sede produttiva a Mandello Tonzanico, poi del Lario, presso Lecco, in Lombardia. La prima moto, la G.P. 500 (sigla di Guzzi e Parodi), venne costruita con il supporto tecnico dell’officina di Giorgio Ripamonti, dove Carlo Guzzi aveva appreso i rudimenti della meccanica.
La storia dell’industria motociclistica internazionale può essere fatta risalire agli anni a cavallo tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX. Nei primi decenni del ‘900 le cinque Case italiane che costituivano la cosiddetta “pentarchia” erano Gilera, Benelli, Moto Guzzi, Sertum, Bianchi. Poi molti piccoli e medi produttori, aziende che duravano a volte l’espace d’un matin, oltre duecento. Per vari anni, fino alla seconda guerra mondiale, la produzione di mezzi a due ruote motorizzati è stata per lo più una prerogativa dell’industria europea, soprattutto tedesca, inglese ed italiana, con la parziale eccezione degli Stati Uniti, soprattutto delle sue Harley-Davidson e Indian, divenute mastodontiche a partire dagli anni ’30.
Fra le marche italiane ancora esistenti, la più antica è la Gilera, fondata ad Arcore nel 1909 da Giuseppe Gilera. Nel 1969 fu acquistata dal Gruppo Piaggio, che attualmente riunisce sei marchi italiani (Aprilia, Gilera, Moto Guzzi, Mondial, Vespa e Laverda) ed uno spagnola (Derbi), situandosi come quarto fabbricante al mondo di motociclette e motocicli.
La Benelli venne fondata due anni più tardi, nel 1911, a Pesaro da Teresa Benelli e dai suoi sei figli. Dal 2005 la Benelli è ora parte del consorzio cinese Qianjiang. In anni più recenti la gloria sportiva ha arriso, giapponesi a parte, soprattutto alla Aprilia ed alla Ducati, fondata nel 1926 a Bologna da Antonio Cavalieri Ducati, Carlo Crespi e figli. Attualmente la Ducati è una delle maggiori marche motociclistiche, sia a livello sportivo, sia commerciale. La tedesca Audi ha comprato la Ducati nel 2012.
‘Nel 1927 Guzzi realizza la G.T., prima moto al mondo con telaio elastico con sospensione posteriore: per lanciarla sul mercato il fratello di Carlo Guzzi, Giuseppe, si avventura con successo in un raid a Capo Nord con quella moto che sta in strada molleggiando su buche e dossi e non spezza la schiena del suo guidatore. Per la sospensione posteriore fu introdotto, con la Norge, il forcellone oscillante con molla sotto il motore, assistita da due ammortizzatori a compasso. La moto supera egregiamente la prova e si guadagna l’appellativo di Norge, in onore del dirigibile di Umberto Nobile. L’impresa-show di Giuseppe Guzzi fa il giro del mondo. Nel 1929 la produzione supera le 2500 unità fino a oltrepassare quota 5000 nel 1935, l’anno del primo storico trionfo al Tourist Trophy con Stanley Woods. La Guzzi diventa costruttore leader di motociclette in Italia, entra in Europa, nella top five mondiale. Parodi pensa la strategia, incontra banchieri e imprenditori, fa la spola fra Genova e Mandello, è come un direttore d’orchestra; Guzzi, gran lavoratore, inesauribile inventore, vive in fabbrica, traccia linee per nuovi motori e telai, costruisce, prova, migliora’ (Da M. Falcioni, op. cit.).
Le loro relazioni non sono delle migliori, ma seguono associati.
Nel 1931 esce la Sport 15, motore monocilindrico orizzontale di 498 cc., che supera il muro dei 100 Km/h, con il serbatoio messo a cavalcioni dei tubi del telaio: 6000 moto costruite fino al ’39. È la stagione d’oro per la nuova Condor 500 (140 Kg., 170 Km/h) il primo capolavoro del giovane ingegner Carcano appena assunto: agile e leggera, la moto di “serie” regina dei circuiti cittadini, la più amata dai corridori privati ed anche la più costosa. Soffiano già i venti di guerra e la Moto Guzzi realizza l’Airone 250 (9,5 Cv e 95 Km/h): 30.000 moto prodotte, il mezzo più utilizzato dal R. Esercito e dalla Polizia.
Audacia, ardimento, coraggio erano termini cari alla retorica del Ventennio ed erano utilizzati in tutte le occasioni. Alla regola non sfuggiva il motociclismo, che anzi incarnava alla perfezione questi concetti e lo stesso Duce non perdeva occasione per farsi immortalare in sella alla motocicletta, “frutto dell’italico ingegno”. La Bianchi 175 Freccia d’Oro del 1931, modello Sport Bitubo prima serie, monoposto con motore di cilindrata 175 cc., che erogava una potenza di 2 cavalli, pesava 135 chilogrammi ed all’epoca costava 3.600 lire. Nel 1931, in sella a questa moto, ovviamente donatagli, Benito Mussolini fu proclamato “Primo Motociclista d’Italia” con tessera N°1 del Moto Club d’Italia. All’epoca tali moto leggere non avevano targa e per guidarle non era richiesta alcuna patente… Peraltro, la Bianchi (che produceva anche biciclette, automobili ed autoveicoli) era la moto delle vittorie di Tazio Nuvolari e continuerà la produzione fino al 1967. Mussolini amava sul serio andare in moto, era solito percorrere velocemente la Roma-Ostia, fino a che ebbe un incidente ed il Capo della Polizia, Bocchini, pare, gli consigliò di smettere…
(https://www.repubblica.it/2008/03/speciale/altri/2008fuoriserie/moto-duce-esposta/moto-duce-esposta.html).
Mussolini, da buon emiliano-romagnolo, fece molto per le moto, per diffonderne l’uso con agevolazioni fiscali, creò anche una rete di commercializzazione in Africa. Era chiaro che il Duce “amasse” le motociclette, che erano pure era un potente mezzo di propaganda, sia per le Case produttrici, sia per l’Italia. Il farsi vedere in sella a una moto, per Benito, comunicava l’idea di un’Italia giovane, che sta bene, che viaggia, che si raduna, che apprezza la sana allegria. La scelta della “vita motociclistica” fu un progetto della propaganda ed altresì una dimostrazione dell’ego, dell’indole forte e spavalda del Capo, che echeggiava nelle piazze, sui giornali e tra la gente. Comunque, dalla sella della sua Bianchi, Mussolini sosteneva molto la casa di Mandello…
Il 10 maggio 1936 la V edizione della “Milano-Napoli”, conosciuta come Coppa Mussolini, parte da Modena e si conclude con la vittorio di Omobono Tenni su Guzzi 500 cc. La Coppa Mussolini debuttò nel 1932. Nel 1937 la “Milano-Napoli” viene prolungata nella “Milano-Taranto”, una gara di quasi 1.300 chilometri, simile alla Mille Miglia automobilistica, che eredita la denominazione di Coppa Mussolini. Vincitore Guglielmo Sandri, sempre su Moto Guzzi 500, alla media di 104 Km/h. La seconda edizione della corsa, che acquisì subito gran notorietà, fu vinta da Giordano Aldrighetti, su una Gilera 4C con compressore della scuderia di Enzo Ferrari, viaggiando alla media di circa 118 km/h.
Il giorno prima, il 9 maggio 1936, il Duce annuncia dal balcone di Palazzo Venezia la fondazione dell’Impero “che torna sui colli fatali” di Roma. La guerra d’Abissinia è finita ed il consenso per il fascismo è ai massimi livelli. Le sanzioni inflitte all’Italia dalla Società della Nazioni per l’invasione dell’Etiopia, condussero la nazione all’autarchia. Alla fine del 1936 la Moto Guzzi, per dare il proprio contributo alla causa realizzò la “moto per il popolo” al costo di 3.950 Lire, venduta pure in rate mensili da 170 lire. Il nuovo modello della Casa di Mandello, uscito nel 1937, fu chiamato PL 250, ma ben presto prese il soprannome, o fu un’abile operazione di marketing, di “Faccetta Nera”, come la celebre canzone di Renato Micheli che contribuì largamente alla propaganda della guerra. (La Moto Guzzi PL 250 “Faccetta Nera”, moto per l’Impero e per il popolo di Alberto Alpozzi, in https://italiacoloniale.com).
La PL 250 è derivata dalla P 250, realizzata nel 1934 ed a sua volta dalla P 175, dopo che cessarono le condizioni fiscali di favore riservate a tale cilindrata. La PL, con alesaggio e corsa di 70 x 64 mm, raggiunse i 247 cc. con una potenza effettiva di 10 CV. La distribuzione era ad aste e bilancieri con valvole in testa, il cambio a ingranaggi scorrevoli a tre velocità con comando a pedale. Il telaio, per contenere i costi di produzione, fu realizzato in tubi di acciaio ed elementi in lamiera stampata. La sospensione anteriore venne affidata ad una forcella a parallelogramma, pure in lamiera stampata, ed ammortizzatori a frizione. Quella posteriore era rigida, con il comfort affidato ai molloni della sella. Le ruote montavano cerchi a canale e pneumatici 3,00 x 19. La velocità massima era di circa 100 km/ora. (https://www.motoclub-tingavert.it/t919413s.html).
Nel 1939, appena prima dello scoppio della seconda guerra mondiale, Moto Guzzi presenta l‘Airone 250, un modello di notevole successo tanto da raggiungere i 29.926 esemplari costruiti. Con la guerra la produzione si rivolse quasi totalmente al mercato militare, fornendo diversi modelli al R. Esercito, come l’Alce, il Trialce, oltre l’Airone. L’Airone è rimesso in produzione dopo la guerra, nel 1947, aggiornato nelle sospensioni, con l’adozione di una forcella telescopica ideata da Carlo Guzzi in persona e di una coppia di ammortizzatori idraulici posteriori; mentre a fine 1948 fu introdotta una testata in alluminio con organi della distribuzione racchiusi.
Dopo il conflitto la società diventa Moto Guzzi S.p.A. e per ampliare il proprio mercato costruisce il suo primo motore a 2 tempi, il Guzzino 65, progettato da Antonio Micucci e di cui, solo nei primi tre anni, vengono costruiti 50.000 esemplari. Questa moto leggera viene prodotta negli anni cinquanta col nome di Cardellino e cilindrata di 83 cc. Interessante veicolo economico e robusto (220 mila esemplari prodotti dal 1954 al 1965), venduto a 99.000 lire. Guzzino e Cardellino, con la Vespa, il Mosquito, l’Aquilotto, l’Isomoto, la Lambretta, il Rumi Bassotto, il Cucciolo Ducati, il Benelli Leoncino ed altri scooters e ciclomotori consentono agli italiani, poveri ma operosi, vivaci, dinamici del dopoguerra, di andare al lavoro, al cinema, a prendere la fidanzata, magari ‘andare in camporella’ con lo scooter, non più a piedi o in bici… Altro successo della Casa di Mandello è il Galletto (1950-1966), a metà fra moto e scooter (175 cc. poi portato a 192 cc. con 7,5 e 8 Cv, 90 Km/h): 75.000 esemplari venduti, un boom per un mezzo piuttosto caro, definito talora il Guzzi “da donna” o…il Guzzi “del prete”!
Nel 1950 la Guzzi detiene il 30% del mercato in Italia e sbalordisce con la sua avveniristica galleria del vento. In quel contesto la Casa gioca il suo nuovo asso: il Falcone 500 cc. Le sue caratteristiche, che forse vale la pena analizzare da vicino, vista la longevità del modello e la sua essenza di simbolo d’una grande stagione motoristica italiana: cilindrata 498,4 cc. (alesaggio 88 x corsa 82 mm); 23 Cv a 4500 giri; peso a vuoto 175 Kg.; ingombri 2240 × 705 × 945 mm; massa a vuoto: 170 kg. Motore: monocilindrico orizzontale, raffreddamento ad aria, distribuzione ad aste e bilancieri, alimentazione con un carburatore Dell’Orto SS 29A, frizione multidisco in bagno d’olio. Cambio sequenziale a 4 marce, con comando a pedale, accensione a magnete, trasmissione primaria ad ingranaggi, secondaria a catena, avviamento a pedale, sospensione anteriore con forcella telescopica, posteriore con forcellone oscillante, con molla sotto il motore e due ammortizzatori; freni anteriori e posteriori a tamburo laterale. Velocità massima 135-140 km/h. Prezzo iniziale 482.000 lire, prodotta dal 1950 al 1967. Non da ultimo, indimenticabili ed inimitabili il melodioso “tum-tum-tum” del suo affidabile propulsore, lo scoppiettio lento al minimo, da gustare quasi come note di Mozart, il caratteristico volano esterno rosso, una sorta di gustosa macchina affetta prosciutto da salumiere…la moto italiana top gamma del Dopoguerra, l’ultima Guzzi con il classico monocilindrico orizzontale quattro tempi, che rappresenterà ancora a lungo il sogno dei centauri della penisola.
Anche in quel caso, Carlo Guzzi introduce una delle sue invenzioni destinate a segnare un’epoca. In quegli anni la sospensione anteriore stava adottando sempre più il sistema a forcella telescopica. A differenza delle forcelle utilizzate, dove il fodero era solidale alla ruota, Carlo Guzzi ne ribalta il concetto applicando il fodero alla parte superiore, sistema definito a forcella rovesciata, con il vantaggio di mantenere la struttura più rigida nel punto di maggiore stress meccanico. Con il 1953 il Falcone si sdoppia: alla versione già esistente, ribattezzata Sport, si affianca la Turismo, che è l’erede dell’Astore del 1949, dalla corta esistenza. Le due versioni si distinguono sia per particolari esterni (i paragambe, presenti solo sul Turismo, e il serbatoio, che sullo Sport è cromato) che per particolari di meccanica (testata, valvola di scarico, biella, pistone, albero a camme, carburatore).
La Guzzi entra con i suoi modelli nel “coffee racer”, uno stile motociclistico, e di vita, che si diffonde in Gran Bretagna negli anni ’50, in parallelo al rock ed alla Beat Generation d’Oltreoceano, e si diffonde, con moto personalizzate e modificate, ponendo enfasi nella velocità ed agilità del mezzo, confinando ai margini comodità e comfort. Un rumoroso Guzzi Falcone Sport compare, sia pure ‘ucronicamente’, nel romanzo di Antonio Pennacchi, Palude, 2011.
(Cfr. Greg Pullen, Moto Guzzi: The Complete Story (Crowood Motoclassics), 2013, Ramsbury; https://www.motoinfo.it/schede-tecniche-moto/schede.php?recordid=858;https://www.italianways.com/moto-guzzi-astore-lights-camera-action/; https://www.motociclismoonline.com.mx/noticias/203-moto-guzzi-cumple-90-anos;https://it.wikipedia.org/wiki/Moto_Guzzi_Falcone;https://revistamoto.com/wp_rm/carlo-guzzi-un-visionario)
Alla fine degli anni cinquanta la popolarità del Falcone (come quella della Gilera Saturno, sua rivale) si riduce: le sue prestazioni sono ormai alla portata di moto più moderne, fashion, con cilindrata inferiore. La produzione del Falcone cessa nel 1967, con l’entrata in commercio della V7. Il canto del cigno della fervida matita di Carlo Guzzi è la Lodola 175 (1956-1966), poi Lodola 235, con motore monoalbero da 14 Cv a 7500 giri, 110 Kg, 135 Km/h, altro buon successo della Casa di Mandello. Tocca quindi allo Stornello (1960-1974), 125 cc. monocilindrico 4 tempi. A metà degli anni ‘60 si passa all’era del motore bicilindrico a “V”: La V7 ha 702 cc., 40 Cv a 5.800 giri, 170 Km/h, 230 Kg., costa 725 mila lire. Pensata anni prima, e destinata ad impieghi turistici e militari, fu poi adottata da vari Corpi di Polizia nel mondo. Molte le versioni della V7 da 700 a 1100 cc. e tante le varianti: con la V 1000 I Convert da 61 Cv del 1975 c’è il primo cambio automatico montato su di una moto. Ancora altre creazioni, la V 850 Le Mans (1975) da 72 Cv e 220 Km/h, poi la California, le belle V50 e V35…
A metà degli anni ’60 – non considerando il perdurante successo della Vespa Piaggio nel campo delle due ruote – la Guzzi si è ritirata dalle corse, ma detiene il 60-70% delle esportazioni di moto italiane all’estero. Stanno però arrivando le prime giapponesi che sovvertiranno totalmente e rapidamente il mercato del settore, ovunque, sia nelle competizioni, sia nella mobilità e turismo, con le Honda, Yamaha, Suzuki, Kawasaki. Il quadro muta portando anche la Guzzi in crisi.
Nel 1957 la Guzzi aveva già abbandonato il mondo delle corse, assieme a Gilera e Mondial. I costi sono elevati e la concorrenza delle FIAT 600 e 500 toglie ampie fette di mercato. La 500 cc. 8 cilindri del 1955 e la 350 cc. Bialbero del 1957, Double Overhead Camshaf, furono le vette del design e della progettazione sportiva dell’ingegner Giulio Carcano (Milano 1910 – Mandello del Lario 2005) per la Guzzi ed il canto del cigno o, se preferiamo, l’uccello di Minerva che vola al tramonto di una grande stagione della Casa. Nella 350 la Guzzi vinse 9 titoli mondiali (5 piloti e 4 costruttori) dal 1953 al 1957. Mai si aggiudicò, però, un titolo nella categoria 500, nata nel 1949, ch’ebbe fine nel 2001.
Il progetto della 8 cilindri mandellese fu impostato da Carcano nel 1954, in risposta al dominio delle Gilera e MV Agusta quattro cilindri. Scartate le soluzioni a due e quattro cilindri, si optò per la poco usuale soluzione di un propulsore V8 montato trasversalmente, che permetteva la stessa disposizione dei pesi di un motore monocilindrico, unita ad un ridotto ingombro e ad un eccellente equilibrio delle masse rotanti. Il progetto fu realizzato in breve tempo: già nel 1955 si vide durante le prove del GP del Belgio e fece il debutto ufficiale in gara nel 1956. Carcano per la nuova Guzzi realizzò un propulsore inedito: un 8 cilindri 4 tempi a V di 90º, con distribuzione a due alberi a camme in testa per bancata e due valvole per cilindro, con cilindrata unitaria di 62,3 cc., per un totale di 498,5 cc. (alesaggio 44 mm, corsa 41 mm), raffreddato ad acqua, accensione a spinterogeno, lubrificazione a carter secco. La modernità del progetto, caratterizzato da soluzioni tecniche molto innovative, doveva confrontarsi, però, con materiali non altrettanto avanzati ed un motore che si rivelava in gara alquanto delicato. A ciò deve aggiungersi l’inadeguatezza dei pneumatici del tempo. Prese parte al Motomondiale 1956 e 1957. Due sole vittorie, a Siracusa ed Imola nel ’57.
(https://www.motociclismo.it/moto-guzzi-8-cilindri-gp-500-1955-1957-foto-video-sound-tecnica-67587).
Dopo le traversie dei trascorsi decenni, l’Aquila di Mandello, dal 2004 nel Gruppo Piaggio, ha tuttavia ripreso a volare, ubicandosi in una nicchia di mercato che fa ben sperare. Nel 2020 il Gruppo Piaggio ha raggiunto il 14,2% del mercato europeo delle due ruote. La Guzzi, grazie alle nuove V e V8TT 850 cc, è tornata nella top ten delle vendite in Italia con 3000 moto di raffinata tecnologia, ricreando l’orgoglio guzzista di tempi andati. Le crisi economiche, lo strapotere delle Case giapponesi, l’irrompere di nuovi marchi e modelli, hanno inferto duri colpi all’industria motociclistica italiana, fra le quali la Guzzi, ma non hanno scalfito il mito della Casa. A Mandello Lario non si sono costruite nei decenni solo motociclette, ma ‘autentici oggetti del desiderio’, come ha commentato Massimo Falcioni nell’articolo citato. A febbraio 2021 sulla V7 debutta il motore 850 cc. da 65 CV, già utilizzato sulla V85 TT: un bicilindrico a V trasversale di 90° raffreddato ad aria, con distribuzione ad aste e bilancieri a due valvole per cilindro. Permane lo stile sobrio, forte e minimalista della patriarcale, iconica Guzzi.
Da 18 anni Roberto Colaninno è a capo del Gruppo Piaggio, di cui il marchio Moto Guzzi fa parte. Nel 2003, attraverso IMMSI, la finanziaria di famiglia, Colaninno acquista Piaggio con un’operazione di leveraged buyout (acquisizione tramite indebitamento). Nel 2006 Colaninno la porta in Borsa. Piaggio oggi è il più grande produttore europeo e il quarto mondiale di veicoli a 2 e a 3 ruote. Discusso esponente della spericolata ‘finanza creativa’, delle scalate alle maggioranze azionarie di vari gruppi utilizzando capitali virtuali, anzi indebitamento, negli anni passati si è detto e scritto a iosa sul ragionier Colaninno che, transitando per Olivetti e Telecom Italia, dopo condanne ed assoluzioni per fatti non sussistenti o per non aver commesso illeciti, specialmente per bancarotta, oggi vanta un casellario giudiziario immacolato e pare saldamente al comando del Gruppo.
Nell’intervista di rigore per il centenario della Casa di Mandello, con Gianni Valenti, “La Moto Guzzi compie 100 anni ma non li sente. Ecco come crescerà”, Colaninno ha affermato che:
‘Guzzi non sente il peso degli anni, è ancora il marchio dei grandi viaggi, delle moto legate alla fantasia e ai momenti di avventura di ciascuno di noi (…) Ristruttureremo completamente lo stabilimento di Mandello e stiamo terminando il restauro di tutte le moto che dal 1921 a oggi fanno parte del Museo dell’azienda, una testimonianza incredibile della capacità italiana nel mondo della mobilità, dello sport e della tecnologia. (…) Qui nascerà la Guzzi del centenario il cui progetto potrebbe essere presentato al prossimo Eicma. Sarà straordinaria per tecnologia, design e prestazioni’.
Per proseguire:
‘Il piano per i prossimi anni è molto sfidante. Oltre ai lavori in Moto Guzzi, realizzeremo uno stabilimento in Indonesia e rafforzeremo la presenza in Vietnam e in Cina. Quest’anno lanceremo sul mercato undici modelli tra moto e scooter (…) lo scooter elettrico arriverà prima dell’estate e sarà destinato a chi desidera uno strumento agile, che non inquina. Sul nome ci stiamo lavorando, avrà un prezzo competitivo per un veicolo di tecnologia avanzata che vuole risolvere i problemi della mobilità urbana’.
(https://www.gazzetta.it/motori/la-mia-moto/14-03-2021/moto-guzzi-100-anni-intervista-roberto-colaninno-cresceremo-ancora-4001456824652.shtml).
Per degnamente celebrare il centenario, ed utilizzarlo altresì in termini di promozione commerciale, la Moto Guzzi ha progettato una serie limitata e speciale dei suoi attuali modelli V85TT, V9 Bobber e V7. Ha scritto Alessandro Pastore sulla Gazzetta dello Sport dello scorso 21 gennaio:
‘Moto Guzzi festeggia un secolo di vita con un 2021 ricco di iniziative che avrà il suo clou nelle Gmg – Giornate Mondiali Moto Guzzi, in programma a Mandello del Lario dal 9 al 12 settembre. In un’occasione così speciale Moto Guzzi produrrà una serie limitata dei suoi modelli in una speciale Livrea Centenario, che sarà disponibile su V7, V9 e V85 TT. Si tratta di una colorazione che trae origine dall’estetica di moto leggendarie, che hanno segnato la storia del motociclismo, prima tra tutte la Otto Cilindri del 1955: questa moto si presentava in un abbinamento di colori elegantissimo nella sua essenza puramente racing, unendo il metallo satinato del serbatoio col verde della carena e il cuoio della sella. Cromie che caratterizzarono anche la 350 Bialbero, una delle moto più vincenti della storia, imbattibile dominatrice della classe 350 nel Motomondiale’ (https://www.gazzetta.it/motori/la-mia-moto/21-01-2021/moto-guzzi-serie-speciale-il-centenario-40011355741.shtml; https://gasogeno98.com/moto-guzzi-v7-v9-y-v85-tt-edicion-especial-centenario).
Ci si è dimenticato dei motocarri guzzi, utilissimi nel dopoguerra per il trasporto merci. Chi riusciva possederne uno ( comprandolo a cambiale) era considerato benestante e nel sociale un privilegiato…..
Vero. Mi ricordo del famoso Ercole 500, che apparve nel 1946 e rimase in produzione fino al 1980.