Andrea Agnelli si fa fotografare mentre consegna a Cristiano Ronaldo la maglia 770 con su scritto “Goat”, acronimo caprino che sta per “greatest of all time”, il più grande di sempre. Poi, appena 90 minuti dopo, succede che il Benevento sbanca lo Juventus Stadium grazie a una topica clamorosa del signor Arthur. Il più grande di tutti scalcia, sbuffa, sbaglia (sì, sbaglia come tutti). E si fa esultare in faccia da tale Adolfo Gaich e compagnia stregante. Nel momento più delicato di tutta la stagione.
Nessuno dice che un campione debba essere – per forza e comunque – l’uomo che trascina la sua squadra verso grandi (e piccoli) successi. Nemmeno ci si sogna di mettere in dubbio le doti atletiche, sportive e pure di carisma del portoghese. Non abbiamo dimenticato che è stato lui, infortunato e furioso, a trascinare – letteralmente – il modesto Portogallo al suo ultimo titolo Europeo. Ma nulla, evidentemente, dura per sempre. E sono anni che ci sorbiamo una narrazione messianica che la realtà, in queste ultime settimane, ha letteralmente fatto a pezzi.
CR7 per vincere la Champions: la Juve, da quando c’è lui, non ha più visto una finale. CR7 per vincere il “decimo” di fila: lassù, imprendibile, c’è l’Inter di Antonio Conte, trattato come un’Efialte qualunque da quella stessa società che, invece, s’è letteralmente inginocchiata al talento mostruoso del portoghese. Epperò un atteggiamento così provinciale – e nessuno si offenda – ce lo si poteva aspettare da una medio-piccola, non certo da chi, nella sua storia lunghissima e gloriosa, ha avuto in squadra gente come Alex Del Piero, Vialli e Ravanelli, Zinedine Zidane e ravanando nella storia, Roberto Baggio, Michel Platini, Zibì Boniek, Dino Zoff e Gigi Buffon; CR7 è fortissimo ma gioca nel club che ha fornito l’intelaiatura di tutte le nazionali italiane vincenti ai mondiali, dai vetusti anni ’30 e fino a Germania ’06. Non è certo lui che ha inventato il calcio né l’ha portato in Italia.
CR7 deve promuovere il suo brand ultramilionario, alla Juve arrivano soldi e tifosi dai mercati globali grazie a ogni record spezzato, a ogni premio affastellato alla bell’e meglio nella favolosa cornice di Dubai. Ma la statistica da sola non basta, altrimenti basterebbe il fantacalcio o un algoritmo. A Cristiano Ronaldo, o meglio ancora a chi si pone come il non plus ultra del pallone oppure come si pone al centro dell’orchesta quale one man show, si chiedono risultati e a lui si chiede di trascinare una squadra. È la condanna dei migliori, se volete. È quello per cui la Juve s’è letteralmente svenata ed è proprio ciò che non sta riuscendo, al lusitano. Lo sta facendo Zlatan Ibrahimovic al Milan, se ci pensate. Che, detto tra noi, lo ha letteralmente sovrastato, in simpatia, persino sul palco di Sanremo.
L’avevamo capito in tanti che con l’arrivo di CR7 e la partenza di Marotta, non sostituito, si preparavano tempi cupi, non di facili vittorie. Per un paio d’anni di riffa o di raffa si è messa una pezza, poi l’errore di mandar via Allegri per l’impresentabile Sarri, poi il verginello Pirlo (che sembra proprio non tagliato per fare il coach) han fatto il resto… Adesso 7-8/11 di squadra son da cambiare e c’è una voragine di debiti…