Con Antonio Gramsci bisogna fare i conti. Comunque. L’attenzione verso il suo pensiero è stata sempre trasversale. Facciamo un esempio: dai primi anni Settanta, Alain de Benoist aprì la prospettiva di un gramscismo a Destra. L’idea era questa: avviare una diffusione di culture non di Sinistra e costituire un contropotere culturale per favorire una diversa direzione politica nella società. Era chiaro ed è altrettanto nitido: ognuno nelle proprie aree – la scuola, l’università, l’editoria – lavora per dimostrare che l’impegno culturale genera consenso; e poi l’arte, la letteratura, la filosofia non devono essere concepite come riserve di caccia dei post-marxisti o dei sacerdoti del culturalmente corretto.
Però è evidente che troppe battaglie per la diffusione di altre culture sono state perse; che attualmente l’egemonia del pensiero liberista e libertario rende passive le culture nazionali e popolari. Le quali sono notevolmente influenzate – come scrive Diego Fusaro – dalle culture globaliste. Ai processi reali di globalizzazione e al trionfo del capitalismo finanziario, il recente saggio ‘Bentornato Gramsci’ offre risposte mediante una rielaborazione del gramscismo. Il filosofo Fusaro sembra intuitivo per alcuni, ripetitivo per altri. Di sicuro, con lui, è portata avanti questa analisi: nei nostri giorni affannati dalla crisi, il futuro degli Stati è indiscutibilmente condizionato dalle forze internazionali; forze che limitano le scelte dei Paesi e avanzano con la cultura del “mercato sovrano e dell’economia spoliticizzata.”
Per una critica a tale egemonia, Fusaro invita a lavorare sull’autocoscienza dei popoli attraverso l’insegnamento gramsciano e la “valorizzazione del fatto culturale”; un fatto questo conoscitivo che possa spiegare come il mercato sia una divinità discutibile, come le scelte tecniche intrappolino quelle politiche, come il mondo ormai è una terra di consumi senza confini. E, principalmente, rimane un fatto culturale il dover “restituire alle cose il loro nome e tornare a riappropriarci delle categorie di cui siamo stati defraudati.” Pertanto non è errato chiamare con il proprio nome la flessibilità, cioè “sfruttamento deregolamentato del lavoro; non è storicamente scorretto attribuire alle privatizzazioni il concetto di “furto dei beni comuni”; non è un’idea da scordare quella che interpreta la globalizzazione come una smodata diffusione del capitalismo.
Per di più, esiste “la necessità di intellettuali che si facciano alfieri di un’egemonia alternativa e che, secondo la formula di Gramsci, si sentano legati organicamente ad una massa nazional-popolare.” Gramsci aveva un’idea: creare i ‘blocchi storici’ con la partecipazione degli intellettuali e conquistare la società attraverso l’impegno degli intellettuali. Allora sopraggiunge una domanda: ma è ancora possibile costituire ‘blocchi storici’ in una società fortemente frantumata e senza guide morali? Oppure, la stessa idea di egemonia è conciliabile con la democrazia pluralista? Leggendo il corposo lavoro di Fusaro le domande si moltiplicano. Tuttavia il suo procedere non prescinde dalla visione per cui il pensare spinge verso la trasformazione del presente; e il filosofo non deve solo interpretare il mondo, si tratta ora di trasformarlo; e con tale premessa urge il riposizionare il discorso intellettuale fuori dall’accettazione diffusa di una realtà immodificabile.
Pensare significa entrare nel presente, ripensarlo, e con questa nota minima raggiungiamo la celebre filosofia della prassi; ma tale idea, centrale nel saggio di Fusaro, per noi incontra il pensiero come divenire gentiliano. In questo senso il pensiero di Giovanni Gentile si muove (involontariamente) insieme a quello di Gramsci; e il tutto – è bene ripeterlo – ci è stato insegnato da Augusto del Noce. Ma, principalmente, il tutto ci interessa come bisogno intellettuale che, rileggendo la filosofia della prassi, ci orienta nella grave crisi del nostro presente, dentro il quale altre culture hanno da dire molto, da progettare tanto, per non accettare la morte delle idee.
* Bentornato Gramsci, di Diego Fusaro, La nave di Teseo, pagg. 362 , 18 euro
Fusaro dà voce a miei pensieri.
Ma quale gramscismo di destra ed altre bubbole…Lasciamo Gramsci al marxismo-leninismo con tutto quel che ciò comporta…Fusaro è un furbacchione che mescola continuamente le carte alla ricerca di visibilità.