In Formula 1 questi giorni tra febbraio e i primi di marzo saranno particolarmente febbrili, andando tutte le squadre a presentare (o avendolo già fatto) le “nuove” vetture.
Eppure, al di là del dato tecnico, e come sempre avviene in quei mesi nei quali i motori non rombano, a tener banco arrivano i lati non meramente tecnologici ma che della Formula 1 restano parte integrante: dalla conclusione dicembrina dello scorso campionato infatti, non sono certamente mancati gli spunti o le novità d’interesse; su tutte, la lunga e chiacchierata trattativa per il rinnovo di Lewis Hamilton, il cui contratto era scaduto al termine del 2020 e che ancora agli albori di febbraio era rimasto formalmente disoccupato.
In realtà, la difficile quanto abbastanza ridicola telenovela, se non altro per alcune sparate che erano state annunciate (sui presunti veti che l’inglese avrebbe richiesto nei confronti dei possibili compagni di squadra), doveva concludersi col più classico dei comunicati stampa, la mattina di lunedì otto febbraio, arrivato con un breve video via Twitter: un anno di rinnovo per l’anglo caraibico e fine delle speculazioni, almeno per ora, sul suo futuro.
La Mercedes potrà così contare ancora per quest’anno sul suo alfiere e uomo simbolo, in attesa di capire poi cosa fare nel e dal 2022, quando con le nuove regole e il ritorno dell’effetto suolo, le gerarchie potrebbero cambiare e l’impegno stesso della casa di Stoccarda nel campionato potrebbe essere rimodulato.
Certo, non è tutto oro quello luccica, visto che la Mercedes si ritroverà in questo 2021, oltre a confrontarsi con la pressione di partire come la favorita d’obbligo, a gestire gli eventuali rinnovi non soltanto degli attuali titolari (il contratto di Bottas, così come quello nuovo di Hamilton, termineranno a fine stagione) ma anche di quel George Russell, che dopo la tantum di Sakhir (dove aveva quasi rischiato di vincere, per quanto su una vettura comunque fatta e settata da Hamilton e Bottas) è tornato in Williams dove correrà per il terzo anno consecutivo, anche se sempre con un occhio a Brackley, sede della Mercedes F1 e naturale tappa di una carriera che secondo la maggior parte degli addetti ai lavori non potrà che crescere (giova ricordare che Russell è a tutti gli effetti un pilota Mercedes ma è attualmente “in prestito” alla Williams che dai tedeschi acquista anche i moto propulsori).
E non ci sarà soltanto questa triplice trattativa da gestire, dal momento che si dovrà continuare a sviluppare la nuova vettura 2022, per offrire le necessarie garanzie sulle prestazioni, fondamentali per rassicurare e alimentare i sogni e le future ambizioni di Hamilton, che ormai trentaseienne e dopo una vita al massimo fatta di sacrifici e tante vittorie, non è detto sappia ritrovare gli stessi stimoli e la fame di successi.
Hamilton, alla Mercedes dal 2013, ha esordito in F1 nel 2007 con la McLaren Mercedes, giocandosi il mondiale fin dalla prima stagione e perdendolo per un solo punto, per poi rifarsi già nel 2008: l’inglese è un puro sangue rarissimo, che nella prima parte di carriera aveva fatto del giro secco, della staccata e della velocità pura, i propri connotati ma che nel contempo era stato fortemente limitato tanto dal “personaggio” costruitosi al di fuori delle piste, quanto dall’incapacità che troppo spesso emergeva nella gestione del gran premio o dei campionati sulle medie-lunghe distanze.
La scommessa del passaggio in Mercedes nel 2013, che all’epoca in pochissimi avrebbero ripetuto, lasciando una McLaren estremamente competitiva, l’incontro con il mentore Niki Lauda, l’anno di purgatorio del 2013: tutti questi elementi, sommati al dominio che Mercedes ha saputo costruire dal 2014 (anno dell’introduzione della motorizzazione turbo elettrica) ma soprattutto grazie alla stagione 2016 che aveva visto Hamilton perdere in volata il titolo dopo un’estenuante lotta col compagno di squadra Nico Rosberg, hanno reso il piloti inglese molto più forte mentalmente, oltreché smussarne le impurità al volante; e così, il contratto strappato alla squadra anglo-inglese (che in realtà “azioni alla mano” fa capo a tre indirizzi differenti, ossia il team principal Toto Wolff, alla Damler e al colosso Ineos) sarà la base per continuare a deliziare i tantissimi appassionati e cercare nuovi record.
Tra difficoltà e prospettive future: la Formula 1 che cerca di reinventarsi
Certo è che l’attuale stato di salute del Circus non versi in condizioni proprio solidissime: le incertezze finanziarie che coinvolgono anche i colossi del motorsport, sommate ai nuovi regolamenti che hanno varato dei tetti alla spesa, porteranno le squadre a rimodulare gli investimenti, le risorse ma soprattutto a dover ricollocare buona parte del personale; su tutti però, l’aspetto più interessante, e allo stesso tempo controverso, che ha caratterizzato queste recenti settimane, è stata la decisione di congelare lo sviluppo dei motori per il periodo 2022-2024 (come già avvenuto alla fine del 2006, quando gli allora V8 da 2,4 litri vennero di fatto limati dal 2007 al 2013), condizione resasi necessaria dopo l’abbandono della Honda e la decisione della Red Bull di acquisirne le tecnologie e la proprietà intellettuale.
Così facendo, la squadra austriaca ha fondato la “Red Bull Powertrains Limited” diventando anche costruttrice di propulsori, proponendosi anche come fornitore per Alpha-Tauri e garantendosi la sopravvivenza, anche dopo la dipartita dei motoristi giapponesi che pure in questi ultimi anni avevano saputo garantire delle buone prestazioni, sebbene senza mai eguagliare o superare in assoluto le qualità prestazionale e velocistiche delle unità tedesche.
Per il post 2025, c’è chi ha provato ad azzardare un presunto ingresso della Volkswagen; in verità, messe da parte le speculazioni, sembra impossibile anche solo delineare una qualche previsione, anche perché i costi esorbitanti delle attuali power units hanno portato gli stessi vertici della F1 ad interrogarsi su quali strade future siano di più e meglio percorribili, quanto meno per consentire a nuovi costruttori di affacciarsi in F1 e di poter sostenere dei costi che nel lungo periodo non siano insostenibili; e sugli eventuali successori, c’è già chi avrebbe proposto di tornare agli aspirati, nella fattispecie legittimando dei V8 di 3,5 litri alimentati ad idrogeno (secondo alcune primordiali stime abbozzate, l’abolizione del turbo e della MGU-H dovrebbe permettere dei costi che scenderebbero a un quinto rispetto a quelli attuali).
Porte girevoli in casa Red Bull
Ad ogni modo, non c’è stato solo il fronte motore a tenere impegnata la squadra austriaca la quale, dopo aver concluso il 2020 con la netta affermazione di Verstappen ad Abu Dhabi, era stata anch’essa al centro di un toto piloti, dal momento che fin dalle prime gare i vertici della squadra non erano apparsi pienamente soddisfatti del rendimento di Alexander Albon, promosso a metà 2019 dalla Toro Rosso al posto di Gasly (“retrocesso” in Toro Rosso, poi Alpha-Tauri, per un rendimento non certo eccelso) e che pure in realtà tante volte è stato costretto a rimontare, complici le tante sfortune, soprattutto nelle fasi successive alle partenze; alla fine, comunque, la differenza rispetto a Verstappen nella classifica finale (l’olandese è arrivato terzo con 214 punti, a – 9 dal secondo posto di Bottas, pur con ben quattro ritiri su diciassette corse complessive e con due vittorie; l’anglo thailandese “solo settimo”, con 105 punti e due terzi posti come migliori risultati) e soprattutto le differenze nel rendimento in qualifica, un secco e inappellabile 17-0 in favore del 33, hanno portato Helmut Marko e Christian Horner a retrocedere Albon al ruolo di terzo pilota, sostituendolo con Sergio Perez, che andrà dunque a confrontarsi con uno dei più ostici, arcigni e accentratori compagni di squadra –quel Max Verstappen, ormai pronto per una grande lotta al vertice, telaio Red Bull e motori Honda permettendo- che la F1 degli ultimi lustri abbia saputo produrre.
Albon, oltre ad essere riserva, ha già annunciato la propria partecipazione al DTM (alla guida di una Ferrari 488, ironia della sorte sponsorizzata dalla Red Bull), il campionato turismo tedesco che in questo 2021 vedrà al via le “nuove” GT3.
Per il messicano invece, dopo il brillante biennio 2011-2012 da esordiente in Sauber e la fallimentare stagione 2013 in McLaren, l’occasione Red Bull ha il sapore del meritato premio, conseguenza diretta delle stagioni in Force India/Racing Point, dove è riuscito a ricostruire la propria carriera, conquistando la prima grandiosa vittoria in F1 nell’emozionante GP di Sakhir dello scorso anno: a dare ancora più lustro alla vicenda, è il fatto che tale rivincita personale sia arrivata dopo il licenziamento comminatogli dalla sua ex squadra (rinominatasi Aston Martin dal 2021, tornata la fabbrica britannica in prima persona dopo le partecipazioni nel 1959 e 1960, forte della radicata collaborazione tecnica e commerciale con Mercedes; per altro, AMG aveva già collaborato con il glorioso marchio britannico sulle stradali, fornendo i V8) che gli aveva preferito Sebastian Vettel, in uscita dalla Ferrari e il quale sedile è stato preso da Carlos Sainz jr, apparso già perfettamente integrato nella nuova scuderia.
Nota a margine: le grandi incognite in casa Ferrari, dopo un 2020 da matita rossa, si chiamano prestazioni ed affidabilità…questa però è un’altra storia che si potrà svelare solo dopo aver visto i primi test e le prime corse.
Insomma, se a tutto questo aggiungiamo il ritorno di Alonso (che sta affrontando una breve convalescenza dopo un’operazione alla mascella, conseguenza di uno spaventoso incidente in bicicletta che lo ha visto incolpevolmente protagonista a Lugano, per colpa di un automobilista che definire disattento sarebbe un eufemismo), questo mix saporito di vecchi e nuovi protagonisti, di voglia di rivalsa e di ultime spiagge, la curiosità di vedere se qualcuno saprà insidiare lo scettro di Re Lewis, ben si capisce quanto alte siano le aspettative in vista di questa F1 2021…non ci resta che aspettare.
Essendo il motore (Unit Power) dell’Aston Martin un Mercedes-Benz, chiamarla Aston Martin è già un falso…