«Poiché la funzione essenziale, la funzione umana per eccellenza che è offerta agli uomini come voi, arditi e difficili, è questa di cercare e trovare Dio.»
Così scriveva Pierre Drieu La Rochelle nella lettera aperta ai surrealisti pubblicata nell’agosto del 1925 sulla Nouvelle Revue Française e intitolata Il vero errore dei surrealisti, nella quale prendeva posizione sulla loro strombazzata adesione al comunismo.
Scrittore tra i più affascinanti nella Francia tra le due guerre, Drieu aveva stretto legami di amicizia con Aragon e con gli altri surrealisti, pur non aderendo al loro movimento. Credeva che la loro rivolta contro la società borghese del tempo fosse una cosa seria e non una buffonata da teatro. Credeva alla genuinità della loro ricerca di assoluto. Ma dovette ricredersi.
Così prosegue nella lettera:
«In Europa abbiamo completamente perduto il senso dell’assoluto; io speravo che il vostro gruppo, malgrado le strade percorse, spesso futili, avesse abbandonato la massa per poter risalire verso questa sorgente che è l’unica feconda. Sì, io speravo che foste qualcosa di più che semplici letterati , credevo che foste degli uomini per i quali scrivere è azione; e voi sapete che ogni azione è indirizzata verso la ricerca della salvezza.»
La lettera segnò il definitivo distacco dello scrittore dai surrealisti e la rottura della sua amicizia con Aragon. Ebbe strascichi polemici e velenosi, perché Aragon e i suoi, anziché restare sul piano delle idee, spostarono la polemica sul piano personale.
Così nella terza lettera ai surrealisti pubblicata su Les Dernier Jours l’8 luglio 1927 a Drieu non restava che concludere e ribadire:
«voi avete abbandonato il cammino della verità, vi siete inoltrati nelle strade della menzogna del secolo… voi chiudete gli occhi all’orizzonte metafisico e entrate risolutamente in un realismo quotidiano senza capo né coda».
Alla base di questa polemica c’è il diverso atteggiamento spirituale di Drieu rispetto ai surrealisti, che può riassumersi nella ricerca di un assoluto, di un senso della vita, che egli ricercava disperatamente e gli altri snobbavano. Ai surrealisti che si erano tanto adontati perché Drieu aveva usato la parola “Dio”, lo scrittore faceva notare che quella parola rappresentava per lui la profondità del mondo, il divino, l’assoluto.
Così riassume la questione il saggista Pol Vandromme:
«Sia con i dadaisti (verso il 1921) sia con i surrealisti (negli anni dal 1924 al 1925) Drieu non si trovò mai a suo agio: egli possedeva il senso del rispetto, mentre i suoi compagni non avevano che quello della parodia. Egli volle saggiare la sua energia spirituale, mentre gli altri membri del gruppo volevano solo rompere tutti i limiti, distruggere ogni legame, scatenarsi. […] Si era avvicinato a Breton per non cadere nella palude dell’imborghesimento, per vivificare la disperazione in cui viveva. Ma Breton si era imborghesito nel modo peggiore possibile, legandosi strettamente al partito della disciplina e del conformismo» (in Pierre Drieu La Rochelle, OAKS, 2021).
Nella sua ricerca spirituale Drieu non giunse al cattolicesimo, che pure costeggiò, ma ad un misticismo di sapore orientale, che fece da cornice al suo suicidio.
‘Rivolta contro la società borghese’? Non credo possa esistere. La cosiddetta società borghese è la nostra società. Al di fuori c’è il Lumpen che aspira ad entrarvi… e qualche aspirante suicida…