La voce di un narratore omodiegetico che traspone ossessione dell’inconscio, identificazione criminale, passione dilaniante e illusioni metafisiche. Questo libro, Follia di Patrick McGrath, è polarizzazione della psiche umana.
Edgar è un’artista e, come tale emana fascino, disegna un ruolo vitale nell’impulso magnetico dell’attrazione. La sua descrizione è analizzata da un punto di vista clinico e, dunque, riflette i motivi per il quale è rinchiuso in un manicomio criminale vittoriano del 1959. Uxoricidio: le ha cavato gli occhi, fatta a pezzi e lavorato la testa come fosse una scultura. Il motivo? Gelosia, convinto che la moglie lo tradisse, continuamente. Il perno del racconto è la sua personalità e la diffidenza del narratore, il suo psichiatra che, coglie intelligenza irrequieta e subdola. Stella, semplicemente, una donna che nasconde nevrosi e frustrazione per un matrimonio freddo e intangibile. Moglie del vicedirettore del manicomio e in tralice alla vita.
Loro sono follia. Nel modo più astratto ed ambiguo insinuano fantasie e cementano una specie di legame che porterà alla passione, un diluvio di debordante megalomania, notevole sensualità e istinto famelico.
Edgar e Stella sottovalutarono la violenza dei sentimenti che si scatenarono in lei. Crolla l’equilibrio e prende il sopravvento l’oscura regione della psiche.
Cosa può nascondere e quanto può essere ingombrante un desiderio? L’eco della vita in frantumi sposta la visuale sulla volontà di martellare il proprio destino. A mio giudizio è proprio qui che viene a sedimentarsi l’umore del testo, scappare e divenire acquitrini di sublimazione, convinzione patologica della duplicità dell’altro. Non importava rappresentassero l’Olimpo della follia, restava l’anelito allarmante e distruttivo della seduzione. Un groviglio di analisi psicologiche non bastano per controllare la fame che avevano l’uno dell’altro.
La voracità degli eventi sono accattivanti come la scrittura dell’autore seppur riflettendo in modo analitico le sequenze delle azioni che dominano e cercano di raggiungere la “verità”.
Si persegue la “pazzia” del cuore e mi chiedo se, amore è sinonimo di malattia.
L’abisso dei sentimenti è davvero cerebrale?
*Follia di Patrick McGrath (Adelphi)