Lacci che tendono alle viscere della memoria.Un passato acuminato che entra nella carne della sofferenza e tormenta i fantasmi imprigionati nel cuore. Cosa c’è dietro ad un legame? Cosa lascia una separazione nel racconto dei bambini? Domenico Starnone in “Lacci” scuote e avvolge la conoscenza con un filo spinato di visioni ferree, temute, struggenti. Non c’è una spiegazione valida alla fine di un amore, accade e, la cosa più difficile è tirarsi fuori, abbandonarsi al destino.
Ma cosa dissemina ai propri figli, la famiglia che, gradino dopo gradino ha acquisito abitudini, andatura, sicurezza? Resta una condanna al senso di vuoto che confonde ed evolve, un ingranaggio che si inceppa e schiaccia ogni condizione. Tra le pagine assistiamo a più punti di vista e tutte accomunate da un unico fil rouge: lo smarrimento, un corridoio di fragilità che fa capolino nel futuro più che nel passato remoto. I tasselli di questa famiglia vengono scoperti e man mano si percepisce il disastro non solo materiale di una casa ma, dell’esistenza che fa fatica a riflettere il disinfettante del recupero.
Il ticchettio del tempo non ha espressione né eden, il dolore squarta senza anestesia e devasta la condotta con sadismo e consenso. Sono le intenzioni a sorprendere ovverosia quelle dettate dal senso di giustizia sentimentale, una richiesta di risarcimento in grado di tallonare “l”ordine” della separazione con acquiescenza e protezione per sé stessi.
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