Onde lunghe di riflessione sull’opera di Pierre Drieu La Rochelle. La consapevolezza di incontrare un’esistenza che divenne arte, rimorso, eccitazione, noia, prima di tutto, resoconto novecentesco da inserire nei manuali di letteratura. Lo scriviamo da tempo: far entrare Drieu nella mente degli studenti. Farlo anche attraverso la fascinazione delle foto: il suo profilo aristocratico, tagliato da una sigaretta, tra l’abbandono e lo sguardo che ricerca un altrove; uno sguardo che narra histories des femmes, di signore cercate, trovate, lasciate.
Dentro paesaggi parigini, le “intermittenze del cuore” di Drieu conducono figurazioni femminili, “Io non desideravo tanto il piacere quanto la forma della donna.” E queste ansie – le pensiamo ansie proustiane – dicono la bellezza che finisce, il corpo che diviene abitudine, il disincanto che bussa, e la donna di Drieu “ha molte qualità: è focosa. Ma poi lo è con tutte.”
Respiriamo le parole di Drieu: l’occasione ci è offerta da “Pierre Drieu La Rochelle” di Pol Vandromme (Oaks editrice). Qua appare “l’uomo che ogni volta gioca con la propria vita, si ferisce, strazia il proprio corpo.” È questa l’energia estrema di Drieu che si tuffa nella guerra, per scoprire se stesso. Egli scrive che “gli uomini non sono mai stati umani”, senza distinzioni, inumani i buoni e i cattivi, quelli che bombardano a est oppure a ovest. La bella introduzione al libro di Armando Torno ci schiude l’intelligenza non conforme di Drieu. Spiega che quando “i giudizi bigotti oggi chiamati politicamente corretti” saranno alle nostre spalle “bisognerà fare i conti di nuovo con alcuni autori che sono rimasti in un cono d’ombra per le loro scelte sbagliate. Tra essi ci sarà Pierre Drieu La Rochelle, morto suicida il 15 marzo 1945 a 52 anni.”
Nelle aule porteremo le pagina de “La comédie di Charleroi.” Perché la guerra fa orrore e lo scrittore francese lo segna sulla sua pelle, quella guerra esperienza terribile del secolo di Remarque, Hemingway, Jünger. Drieu incontra la battaglia aspettando la fine della vergogna – e lo ricorda Vandromme -, “Drieu ha raccontato l’ebrezza della battaglia, la violenza che afferra i cuori dei ragazzi che vi si immergono, … ma ha anche raccontato le attese snervanti, i momenti di vergogna…”
È un inseguimento continuo Pierre Drieu La Rochelle. Nel fuoco della guerra o nelle voci di una chiesa. Lui, drammatico e mondano, pensa di uscire dai contrasti invocando la palingenesi. Però la rinascita è sorella dell’illusione, dell’irraggiungibile. Così Vandromme fotografa un’anima novecentesca che ritiene come “tutto si distrugge perché nulla può essere raggiunto.” E nulla ci raggiunge perché la vita ha dimenticato l’essenza. Rimane solo il tempo finito. Allora che altro fare? “Non si può che scrivere sulla morte e sul passato.” E da ciò germina un esistenzialismo non sartriano, una radicale e storica insoddisfazione che approda sino alla dignità del suicidio.
*Pierre Drieu la Rochelle” di Pol Vandromme. Introduzione di Armando Torno, pagg. 160, 15 euro
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Bella recensione, complimenti!
Buon scrittore, ma l’uomo Drieu non mi piace. L’ideologo, poi, è un’insalata di contraddizioni…