Leggendo un libro come Welcome Signor Mussolini – L’unico viaggio del Duce a Londra, viene da chiedersi perché non sia stato scritto qualche decennio fa, ma si sia dovuto aspettare Fabrizio Vincenti nel 2020. Il volume racconta un evento singolare per la storia d’Italia e d’Europa, l’unico viaggio di Mussolini in Inghilterra, per i colloqui successivi alla Prima Guerra Mondiale, l’intento dei quali era regolare le pendenze economiche con le nazioni sconfitte.
Con il pretesto di spiegare come andò la vicenda, Vincenti rivela in modo dettagliato le vicissitudini dell’importante comunità italiana londinese, formata di emigrati dal Belpaese per stato di necessità e non per un vezzo multiculty, che visse da oltre Manica l’avvento del fascismo in Italia, rimanendone per forza di cose influenzata e cambiata.
La “perfida Albione” in quegli anni, anche se oggi viene poco ricordato, tributò al figlio del fabbro parole di miele, straripanti dai giornali di tutti gli orientamenti politici, tanto da dare i natali alla prima sezione del Fascio all’estero. Un esempio, quello dei fasci esteri, di utilizzo del soft power derivante dalle numerose comunità italiane sparse per il mondo, che otteneva relazioni e favori alla casa madre.
Mussolini, arrivando in treno sotto il Big Bang, trovò un’accoglienza debordante, sia da parte dei connazionali che degli inglesi curiosi di conoscere colui che aveva evitato la rivoluzione sovietica nel pieno dell’Europa. Manifestazioni di affetto e commozione, lettere d’amore, inviti a serate di gala, accompagnarono il Duce a Londra, che dalle campagne forlivesi era giunto a Buckingham Palace, rimanendo però poco entusiasta dell’atmosfera, peraltro impregnata di inquinamento da carbone, che gli sporcava i colletti delle camicie. Era il dicembre del 1922, la Marcia su Roma di pochi mesi prima sembrava già un ricordo lontano, ad un Mussolini che a novembre, pochi giorni dopo la presa del potere, era già stato a Losanna, per i medesimi motivi che lo portavano a Londra.
La Conferenza di pace non ebbe esiti molto entusiasmanti, per via della volontà francese di umiliare la già schiacciata Germania, laddove Italia, Belgio e Inghilterra cercavano una mediazione che permettesse sì di ricevere le riparazioni dovute, ma non di mettere in ginocchio definitivamente i tedeschi. I francesi invece volevano occupare la Ruhr per sfruttarla economicamente.
Mussolini, nonostante il fallimento dei colloqui, uscì rafforzato da quelle riunioni, proiettando la propria immagine a livello internazionale e riuscendo a compiere una mossa da maestro, legando il problema delle riparazioni a quello dei debiti interalleati, dando una svolta alle successive trattative.