Poteva essere il salvatore della patria (minuscola). Non lo è stato (minuscola anche qui). Centro mobile che avrebbe abbracciato e affondato ogni volontà di potenza (altrui), nilotico coccodrillo sornione che spuntato dalla palude stigia avrebbe fatto un boccone solo dell’adfectatio regni catalinar-renziana e della retorica o-ne-stà o-ne-stà ex grillina e pseudo-graccana. Ave, Clemente: costruttori te salutant!
Dall’Arpinate al Ceppalonico: Mastella si intestava, autentico baluardo della conservazione primorepubblicana, la guida della resistenza in parlamento – non più Spqr – a chi scosse il Conte bis e le sacre istituzioni regolate dal mos maiorum democristian-consociativo della partitocrazia di una volta. E ci sarebbe riuscito pur potendo contare solo su un unico senatore: la di lui signora. Massimo risultato con minimo sforzo. A spese del centrodestra che olim li candidò.
Sulla sua strada, però, spuntò chi azzannò lui. Non le Idi di Marzo ma il Calenda di turno. Che, sicuramente poco generosamente, ha spiattellato urbi et orbi una telefonata che per quanto irrituale comunque avrebbe dovuto rimanere, più o meno, riservata e che invece è finita in caciara suburresca. Ma siamo sicuri che non fu tatticissima ammuina per stornare l’attenzione da altre e più importanti consultazioni?