L’immagine del finto vichingo urlante dentro il Congresso americano farà la storia. Non faranno la storia le migliaia di persone accorse a Capitol Hill per sostenere le convinzioni di Donald Trump né la donna uccisa a sangue freddo dalla polizia americana. Questo perché nessuna forma di opposizione timidamente irrazionale potrà mai competere sullo stesso piano dell’organizzazione razionale. La derisione positivista che affossa sentimenti di sangue, appartenenza, fede e desideri collettivi, ha gioco sin troppo facile: basta lo scorcio minimale di una videocamera. Come già diceva Heidegger – noi non abitiamo più nel mondo, ma è la Tecnica ad essersi fatta mondo, nell’immagine del mondo. Essa difendendo se stessa, funzionando se stessa, si fa beffe dei patetici fantasmi che il conservatorismo le mette fintamente contro. Non c’è scampo dal pensare, dal ripensarsi, dall’affrontare ciò che è complicato e nascosto.
Non esiste alternanza di valori
La triste fine del trumpismo, il clima da 25 luglio fra gli alleati italiani e francesi, dicono questo: non esiste bipolarismo fra globalisti e sovranisti, fra progressisti e conservatori. Finisce qui il tentativo, un po’ piacione e facilone, di ostacolare il Grande Nulla che avanza utilizzando le sue stesse armi: social, selfie, sbruffonate, crollano assieme all’attivista Qanon ferita a morte; i leader Populisti nati sulla Rete, una volta che la necessità delle cose ha imposto loro di attingere alle forze reali del mondo, si sono accorti che il mondo più non conta, e che per contrappasso, sarebbero dovuti essere proprio essi stessi a far contare nuovamente il mondo. Per salvare il mondo, non per governarlo. Un brutto risveglio, un incubo d’angoscia, la prova tangibile della separazione fra essere e cose, destinato a perdurare nelle menti di chi pensava di ribaltare millenni di metafisica occidentale grazie ad un brillante staff di comunicazione.
Una politica del disvelamento
Se basta una foto ad annichilire in pochi secondi qualsivoglia parodia comunicativa della fu volontà di potenza, chi resta da questa parte del campo, il campo dell’uomo, del sangue, dell’eros, del desiderio, della rabbia, di tutto ciò che la Tecnica non potrà mai controllare definitivamente, costui ha il solo compito di dire la verità: a-letheia, il non velato, da finalità, utilità e falsi tatticismi. Si guardino senza paura le pure cose e i loro dati: l’ambiente, la vita burocratizzata, il non senso produttivo, la decrescita infelice, la denatalità, la malattia mentale, l’accumulazione, la scarsità di possibili domani. Si torni a criticare pesantemente questa fredda e grigia modernità; esatto, non c’è nulla che “andava reso grande ancora”. Il make great again altro non era che l’ennesimo velo idealistico calato sul volto oppresso di un’umanità troppo stanca per non credere alla facilità di un’impossibile retromarcia.
Non si torna indietro
Un dire poetico, servirà a raccogliere i migliori. A far capire loro che non c’è più nulla da conservare, nulla da salvare. Ma che anzi, un balzo enorme andrebbe fatto. Nel buio. Sperando di atterrare in un campo aperto di infinite possibilità. La Politica oggi deve tornare ad essere un ver sacrum complessivo o avrà perso la sfida di ridare speranza, appunto, divina all’uomo. E non è tardi. Perché rispetto al cammino lineare dell’occidente, rispetto al suo crollo verticale verso la società della Tecnica, il tempo del poeta non è misurabile: vola da Omero a Rilke, dalla Bhagavad Gita a Holderlin, da Virgilio a Gottfried Benn e Majakovskij. Siamo e saremo sempre in tempo per ricercare quel senso di compiutezza che l’umanità trova costruendo la propria civiltà in sintonia col mondo.