La mezzanotte del 31 dicembre 2020 è stata un momento “storico” per il Regno Unito, con l’uscita definitiva dall’Unione Europea dal 1 gennaio 2021: il lungo e faticoso negoziato tra i britannici e l’UE ha scongiurato la peggiore delle ipotesi, quel “no deal” che avrebbe potuto avere pesanti ripercussioni, quantomeno sui rapporti economici tra le parti.
Eppure, mentre si tira un sospiro di sollievo, in realtà permane la più annosa delle questioni, mai troppo spesso ricordata (a differenza delle vicende scozzesi), quella dei delicatissimi equilibri vigenti in Irlanda del Nord (“creata” nelle sei contee dell’Ulster a maggioranza protestante): Belfast rimarrà di fatto per almeno quattro anni – rinnovabili dall’assemblea locale- nel mercato unico, mentre per la strategia nazionale britannica continuerà ad essere fondamentale il controllo del Mare d’Irlanda, per prevenire eventuali invasioni lanciate da occidente. In tutta questa incertezza è passato praticamente sotto silenzio un breve annuncio pubblicato su Facebook il due gennaio scorso, da parte del Republican Netwark for Unity , poche asciutte parole secondo le quali: «[We] are deeply saddened to learn the passing of our friendand comrade Michael McKevitt».
Chi era McKevitt
Nato nella Contea di Louth (An Lu’ in antico gaelico) il 4 settembre 1949, allo scoppio dei Troubles, McKevitt divenne presto membro della Provisional Ira, distinguendosi come uno dei più importanti esponenti e sposando Bernadette Sands (i due avrebbero poi vissuto a Dundalk, nell’Eire e avuto tre figli), la sorella di Bobby Sands, il leggendario patriota, martire del carcere di Long Kesh il 5 maggio 1981, trascorsi 66 giorni di sciopero della fame, per riottenere lo status di prigioniero politico dei militanti repubblicani incarcerati, dopo che il governo britannico li aveva declassati a semplici criminali comuni.
McKevitt, consolida la propria figura e nel 1985 diviene il Quartiermastro Generale dell’organizzazione, un compito fondamentale, in quanto responsabile di ottenere, nascondere e stoccare i carichi di armi, che negli anni ’80 sarebbero provenute soprattutto dalla Gran Giamahiria Araba Libica Popolare Socialista insomma, dalla Libia del Colonnello Gheddafi (che con i repubblicani irlandesi condivideva la commistione tra il socialismo nazionale e l’anti-imperialismo, nonché un’atavica avversione verso la Corona britannica, con la quale infatti ruppe le relazioni diplomatiche nel 1984).
I Provos intanto, con l’inizio degli anni ’90, avevano decisamente puntato su tattiche maggiormente improntate all’azione politica, accantonando progressivamente le armi, tattiche queste volute dai vertici Gerry Adams e Martin McGuinness e che avrebbero portato all’accordo del Venerdì Santo del 10 aprile 1998, in linea con la progressiva istituzionalizzazione dello Sinn Féinn (braccio politico dell’IRA, la quale si scioglierà definitivamente nel 2005), fino addirittura a prender parte direttamente all’autogoverno dello stato del Nord Irlanda.
Di fronte a quella che lui considerava una vera e propria resa incondizionata, McKevitt decide di uscire dalla formazione repubblicana, dando vita ad una scissione finalizzata alla formazione “dissidente” della Real Ira che riprende a “combattere l’occupante britannico” con l’uso della forza e senza grande prospetti politici: sarà proprio la Rira ad organizzare l’attentato di Omagh (N.I.), il 15 agosto 1998, causa di 29 morti (McKevitt ha sempre dichiarato di non essere coinvolto in questa operazione militare).
Omagh: un iter giudiziario, tortuoso e ritenuto non sempre trasparente
McKevitt viene arrestato e nel 2003 viene inizialmente condannato a venti anni di carcere in quanto “membro di una organizzazione illegale” e “direttore di atti terroristici”, costruita l’istruttoria soprattutto sulle testimonianze di David Rupert, un informatore americano dell’Fbi.. Ricorso in appello, anche questo viene respinto nel 2008 e nel 2009 un processo civile dichiara lui e i suoi compagni Liam Campbell, Colm Murphy e Seamus Daly, pienamente responsabili dell’attentato, ordinando loro di risarcire dodici tra i parenti delle vittime per un totale di 1.6 milioni £, una cifra enorme; è noto infatti che il reinserimento nella società per i carcerati della “guerra sporca” è spesso ai limiti dell’impossibile, visti i pregiudizi che devono subire, dovendo quindi sopravvivere grazie a delle collette fatte tra ex compagni o grazie a piccoli lavoretti, più o meno saltuari.
Rilasciato temporaneamente nel marzo 2015 per asportare un cancro al rene, faceva quindi ritorno in cella dopo cinque settimane e mezzo, per poi uscirne dopo aver formalmente scontato l’intera pena, la Domenica di Pasqua del 2016, ormai minato nel fisico; addirittura, nel 2019 l’Alta Corte lo dichiara in bancarotta dopo aver fallito di pagare il risarcimento impostogli nel 2009, un ultimo smacco, prima dell’arresa definitiva, il 2 gennaio 2021, sconfitto dal tumore che non gli aveva però impedito, fino all’ultimo, di continuare tenacemente a dichiararsi estraneo ai fatti del 1998.
Con le vicende di Michael McKevitt si chiude così un’altra delle storie dello scorso secolo, una storia fatta di grandi lotte e grandi ideali ma anche di metodi non necessariamente sempre condivisibili.
McKevitt è stato un “gigante” – nel bene o nel male non sta a noi dimostrarlo – in un periodo che ancora oggi è straordinariamente complesso anche solo da etichettare o da decifrare ma che proprio per questo meriterebbe, a maggior ragione in un paese come il nostro che non è solito fare i conti con il proprio passato, un approfondimento continuo e costante.
L’indipendentismo irlandese
Le dinamiche che riguardano quelle sei contee lì in Ulster sono infatti molto meno distanti di quanto si pensi, perché parlano di tradizioni, di culture, d’identità storiche e nazionali calpestate e sono intrise di disparità sociali, di degrado, di povertà tutti fattori che se non vengono immediatamente affrontati, in Irlanda come altrove, possono scatenare delle conseguenze non facilmente prevedibili; d’altronde, nel periodo dei Troubles (1969-1998) i britannici hanno in Irlanda del Nord realizzato una delle principali campagne militari (nella durata e nel valore “simbolico”) della loro storia, lì dove in piccole città grigie fatte di piccole casette a mattoncini rossi si sparava, si mettevano bombe, si arrestava e internava senza processo, mentre la tortura veniva regolarmente praticata, ecco, lì per alcuni decenni è passata una delle più enormi fratture che la storia recente d’Europa ricordi.
La riconciliazione mancata
Dietro agli accordi, alle clausole ci sono soprattutto quelle genti d’Irlanda, dalla nazionalità opposte e spesso inconciliabili, comunità ferite, non seriamente ristorate da un processo di riconciliazione che non c’è mai realmente stato, dove i muri di filo spinato sono ancora erti lungo le strade, a ricordarci cosa è stato: sarà bene dunque, che qualsiasi decisione si prenda, ci si ricordi bene di quel trentennio, perché le cause e i motivi non sono stati cancellati e la scintilla potrebbe essere pronta a diventar fiamma molto più velocemente di quanto si pensi. A futura memoria.