Brillerà sempre meno sull’Italia, Stellantis, il nuovo gruppo automobilistico nato dalla fusione tra Psa e Fca. In realtà non si tratta di una fusione, bensì di un’acquisizione. I francesi di Psa (in pratica Peugeot, Citroen e marchi minori) acquistano il gruppo italoamericano che controlla marchi quali Fiat, Alfa Romeo, Jeep, Dodge.
Ufficialmente l’acquisizione da parte francese è solo un escamotage fiscale e l’accordo è paritetico. Così paritetico che Psa avrà un consigliere in più ed esprimerà l’amministratore delegato di Stellantis, cioè chi comanda. Mentre Fca avrà il presidente, John Elkann, giusto per compiti di rappresentanza.
Ma in Italia ci si preoccupa soprattutto di quali potranno essere le ricadute dell’accordo sugli stabilimenti nella Penisola. E le prospettive non sono delle migliori. Mike Manley, ceo di Fca, verrà dirottato negli Usa, ad occuparsi del mercato americano dove avrà il compito di rafforzare la presenza dei marchi transalpini. Mentre ad occuparsi di Europa, dunque anche di Italia, saranno i francesi. E nella compagine azionaria ha un peso non irrilevante lo Stato transalpino che ovviamente difenderà l’occupazione degli stabilimenti francesi.
Un problema non da poco, soprattutto considerando la sovrapposizione dei modelli di Peugeot e Citroen con quelli di Fiat (Lancia è ormai praticamente inesistente). In cambio le produzioni italiane potrebbero beneficiare di un traino francese sui mercati asiatici ed africani, dove Psa è decisamente più forte. I benefici potrebbero essere maggiori per i componentisti, se avranno la forza di entrare in competizione con i francesi che sono molto più avanti sul fronte delle vetture elettriche.
Il tutto, però, in un mercato estremamente difficile per le conseguenze del Covid e, soprattutto, per la pessima gestione dell’economia di emergenza.
Siccome le piattaforme (e pure il resto) saranno francesi, con il solo marchio italiano commerciale, per la componentistica italiana non vedo alcun futuro.
Già quella che era la nostra maggiore industria nazionale era stata americanizzata dieci anni fa con Marchionne, trasformandosi da FIAT a FIAT Chrysler Automobiles, con questa operazione l’auto italiana è definitivamente sparita. Al momento Stellantis è al 50% PSA e 50% FCA, ma sono sicuro che nei prossimi mesi e anni la quota degli Elkann si ridurrà progressivamente perché pur di guadagnarci le venderanno. E’ evidente che gli eredi degli Agnelli non hanno più intenzione di portare avanti l’industria automobilistica italiana, e vogliono solo campare di rendita. Per scongiurare la fine dell’industria automobilistica italiana e di tutto l’indotto, ci vorrebbe l’ingresso dello Stato italiano nella compagine azionaria di Stellantis.
Oggi la posizione di mercato di FCA nel mondo è inferiore e più debole di quella di PSA. Per questo Tavares sarà il capo di Stellantis. Ma, come ha ricordato di recente anche De Benedetti, la decadenza irreversibile della FIAT risale al 1988, quando venne liquidato Ghidella ed Agnelli all’auto preferì la diversificazione finanziaria del Gruppo, cara a Cuccia e Romiti…
Ma lasciamo perdere lo Stato, fonte d’inefficienza e ulteriori debiti… Non vi è bastato l’esempio Alfa Romeo o siete troppo giovani per ricordarvelo e l’avete solo letto?
Werner. Ma chi vuoi, De Maio o uno simile in un Consiglio d’Amministrazione di un colosso dell’Automotive? Quelli semmai van bene per la vendita delle bibite allo stadio e non è neppure detto….