Per il penultimo appuntamento stagionale la F1 resta a Manama, in Bahrain, optando però per la conformazione esterna della pista, il velocissimo “Outer Circuit”, 3.543 metri e 11 curve, scelto per dar vita ad una gara incerta e senza soluzioni di continuità.
I motivi d’interesse non finiscono qui, dal momento che l’annunciata positività al SarCov 2 riscontrata dopo l’ultima vittoria, costringe Hamilton a guardare la corsa da casa e a lasciare il volante a George Russell, pilota Williams dal 2019: al suo posto, a Grove decidono di chiamare Jack Aitken, venticinquenne londinese proveniente dalla F2 che non resta però l’unico esordiente del fine settimana, giacché a fargli compagnia nel novero delle matricole, da avversario, è Pietro Fittipaldi (nipote del grande Emerson) che dopo otto mesi di inattività, assume la guida della Haas di Grosjean per le ultime due gare della stagione, vista l’impossibilità del francese di guidare dopo lo spaventoso incidente in cui è stato protagonista nell’ultimo Gran Premio del Bahrain; prima di Sakhir 2020, si deve riavvolgere il nastro fino al Gran Premio d’Italia 2001, per trovare sulla griglia due piloti esordienti in una gara che non fosse quella inaugurale: all’epoca si trattava di Alex Yoong sulla Minardi e di Thomas Enge sulla Prost.
Le prove libere
Le prove libere servono ai piloti per testare le “nuove” vetture e in generale sono fondamentali per prendere le misure ad una pista così stramba: Russell si mette subito davanti a tutti al venerdì (nelle FP1 con 54”564; nelle FP2 con 54”713), imitato da Verstappen nelle FP3 di sabato mattina, con 54”064; in ogni caso, George Russell mette in mostra il proprio potenziale e dimostra un incredibile senso di adattamento nei confronti di una vettura non sua, con il DAS (che in Williams non ha) e con la pedaliera costruita per Hamilton (circa 10 cm più basso di lui), cui deve ovviare guidando con una taglia in meno di scarpette.
Le qualifiche
Le variabili incerte dell’asfalto costantemente velocizzatosi e del rapidissimo tempo di percorrenza lasciano i piloti girare il più a lungo possibile, provocando i prevedibili episodi di traffico: nessuna grande sorpresa comunque, con Bottas primo nel Q1 in 53”904, e Verstappen davanti a tutti nel Q2, in 53”647.
Domenica pessima per Albon (12°), Vettel (13°) e Norris (solamente 15°, poi sceso 19° per una penalità tecnica), che vedono sfrecciare tutti i rispettivi compagni nel rush conclusivo del Q3, in cui le Mercedes sono le uniche a poter effettuare ben tre runs: alla fine la spunta Bottas, che si prende la pole col secondo dei tre tentativi, in 53”377 (tempo più rapido stabilito in una sessione di qualifica nella storia della F1; l’ultima volta che nelle qualifiche ufficiali si era girato sotto il minuto, era stata la pole position di Niki Lauda su Ferrari, in occasione del Gran Premio di Francia 1974, sul Circuito di Digione), staccando di soli ventisei millesimi George Russell e di cinquantasei Verstappen (due tentativi per quest’ultimo); alla spalle dei primi tre, rimasto senza più treni e costretto al giro secco, è Charles Leclerc, che issa la propria Ferrari in un’isperata quarta posizione, davanti a Sergio Perez.
La gara
Allo spegnimento delle luci Russell strappa subito il primato a Bottas, lasciandolo in lotta con Verstappen, Leclerc e l’ottimo Perez, autore di un grande stacco frizione e spostatosi subito all’esterno di Verstappen in uscita dalla seconda curva, con Leclerc all’interno dell’olandese: i tre, alle spalle del finlandese della Mercedes, percorrono praticamente affiancati il rettifilo successivo alla serie delle prime tre curve ma al momento di frenare per inserirsi in curva 4, Leclerc arriva leggermente lungo e colpisce Perez nella posteriore destra, rompendo la propria sospensione anteriore sinistra e spedendo il messicano in testacoda, in fondo al gruppo, dopo aver per altro approfittato della neutralizzazione per montare gli pneumatici a mescola media.
Nel tentativo di evitarli, nel contatto, resta coinvolto anche Verstappen che si allarga sulla via di fuga ma impossibilitato a decelerare e a curvare, finisce dritto contro le barriere di protezione; il tutto, mentre nel frattempo, in uscita dalla terza curva si era girato anche Kimi Raikkonen, pur in assenza di conseguenze.
La pista ricoperta di detriti necessita dell’intervento della vettura di sicurezza, rimasta in pista fino al settimo giro: alla ripartenza, Sainz passa Bottas all’esterno ma poi sbaglia e subisce il controsorpasso del finlandese; molto attivi anche Norris e Albon che estromettono Vettel dalla nona posizione in cui si era ritrovato dopo le concitate fasi successive alla partenza.
Le primissime posizioni si stabilizzano presto e i maggiori movimenti arrivano dalla rimonta di Sergio Perez che al ventesimo giro entra già in zona punti, sorpassato Norris dopo che lo stesso numero 4 era stato passato da Albon, e mettendosi alle spalle lo stesso Albon nella tornata successiva, con un attacco coriaceo portato alla curva 4 e perfezionato nella successiva, preambolo dei primi cambi gomma, avvenuti tra il giro 27, 28 (dapprima Kvyat, poi Sainz e Gasly) e il 32 (Vettel), via, via impostati dai vari protagonisti.
Si fa notare anche Ocon (dure per lui alla prima sosta) con un bel sorpasso al giro 44, molto simile a quello di Perez; la tornata successiva, ecco la sosta di Russell, anche lui per le Hard e nella girandola si fermano anche Perez e Albon (giro 47), rientrati nono e undicesimo, con Norris tra di loro: la sosta di Bottas avviene al 49, per riprendere la pista alle spalle del compagno, e precede le seconde soste di Gasly (che tornato in pista rifilerà un poderoso attacco all’interno di Vettel) e Kvyat.
Russell ricomincia da dove aveva concluso e con far sicuro si rimette a fare il ritmo (nonostante presunte perdite di potenze in rettilineo), passando indenne nella neutralizzazione virtuale, causata da un problema tecnico (motore) occorso a Latifi: poco prima Albon aveva passato Norris, partendo lontanissimo, all’interno della prima curva; della neutralizzazione suddetta, approfittano diversi piloti, tra i quali Norris, Vettel (altra sosta lenta di 6”5, dopo i 4”5 dell’iniziale) e poco dopo Sainz ma non si fa in tempo a ripartire e a vedere il duplice sorpasso portato da Perez su Stroll (dopo averlo indotto all’errore) e su Ocon che il testacoda di Aitkin all’ultima curva, lascia in traiettoria l’ala anteriore persa dopo aver pizzicato le barriere e causa una Virtual Safety Car, tramutatasi pressoché immediatamente in una reale Safety Car: è il giro 63.
I due leaders Mercedes ne approfittano per rientrare ma è proprio a questo punto che succede l’incredibile, giacché Russell viene costretto ad oltre 5” di sosta (5”3 per l’esatezza) e come se non fosse abbastanza, i meccanici sbagliano il treno di pneumatici (in F1 ci sono dei registri con dei codici per ogni singolo pneumatico, posto il divieto di invertirli e infatti la scuderia viene multata) dovendo perciò essere richiamato già la tornata successiva per delle medie “giuste nelle matricole”, mentre Bottas si salva dalla stessa sciagura, pagando un prezzo altissimo e scontando una sosta di 27”4, con annesso lievissimo incendio da surriscaldamento sul freno anteriore sinistro: di colpo, le due Frecce Nere, si ritrovano in quinta e stessa posizione.
Al 69esimo non si fa in tempo a ripartire che nel successivo è bagarre tra i due Mercedes, innescata da Bottas, che con gomme dure e più fredde, sbaglia in ingresso di curva 5 e si fa decisamente sopravanzare dal compagno, replicando questi in fondo al successivo rettilineo su Stroll che pure gli aveva tirato la staccata, per poi sopravanzare anche Ocon e gettarsi a capofitto alla caccia di Perez, ritrovatosi in testa dopo aver scelto di non rientrare; al contrario, Bottas sprofonda, subisce un sorpasso di forza da Sainz nel misto e si fa sopravanzare anche da Albon e Kvyat, quando ecco l’ennesimo colpo di scena, al giro 78: Russell, in quel momento “l’uomo più veloce in pista” (parafrasando uno dei messaggi radio motivazionali dell’ingegnere) deve pittare in emergenza a causa di una foratura, sprofondando così in quindicesima posizione e alleggerendo la pressione sul messicano della Racing Point che lì davanti s’invola, allungando sul secondo, Ocon: dietro di loro, un trenino composto da Stroll, Sainz, Ricciardo, Albon e Kvyat, cui presto si aggiunge Bottas, in difficoltà continua con il suo ultimo treno di gomme.
A Russell non resta che intraprendere una rabbiosa rimonta, concretizzatasi nella nona posizione finale, dopo gli affondi su Gasly e Norris (che a sua volta aveva messo alle spalle il francese dell’AlphaTauri al terzultimo) al penultimo e all’ultimo passaggio, nonché nei suoi primi punti in carriera (un amaro brodino visto il dominio di cui era stato autore), con annesso giro più veloce, fatto segnare al giro 80 in 55”404.
La bandiera a scacchi che mette la parola fine agli interminabili 87 giri del GP di Sakhir va a salutare la prima vittoria in F1 di Sergio Perez, ottenuta incredibilmente al 190esimo GP in carriera e dopo essersi ritrovato ultimo in seguito ai fatti del primo giro; con lui sul podio vanno Ocon, suo ex compagno di scuderia nel 2017-2018 (non senza screzi, ricordando l’incontro ravvicinato tra i due in discesa all’Eau Rouge) e Stroll, suo attuale compagno.
Punti iridati per Sainz, Ricciardo, Albon, Kvyat, Bottas, Russell e Norris; soltanto dodicesima la Ferrari di Sebastian Vettel e non troppo distanti da lui i due esordienti Aitken e Fittipaldi, rispettivamente sedicesimo e diciassettesimo.
Fatti, misfatti e commenti dal GP
Emozioni forti quelle del GP di Sakhir: la confusione dilettantesca dei box Mercedes ha spalancato le porte per la seconda favola della stagione, in bella compagnia con la gara di Monza.
La favola di Sergio Perez, classe 1990, nativo di Guadalajara e in Formula 1 dal 2011 è la storia di un pilota considerato una stella, velocissimo sin dagli esordi ma che poi improvvisamente si era trovato a dover ricostruire una carriera dopo l’annata tutt’altro che indimenticabile in McLaren: dal 2014 in Force India, di cui l’attuale Racing Point è di fatto l’erede, aveva ottenuto fino al secondo posto in Turchia di quest’anno, ben cinque terzi posti (di cui due a Monaco e a che si andavano a sommare ai due secondi posti e al terzo conquistati nel 2012 ai tempi della Sauber) ma tante volte era stato anche bersagliato dalla sfortuna, non ultimo il podio perso a soli tre giri dalla fine per la rottura del motore appena una settimana fa; a dire il vero, anche questa volta le cose erano iniziate piuttosto male ma evidentemente il finale non poteva essere già scritto e così sorpasso dopo sorpasso, nell’evoluzione della gara, il numero 11 ha saputo capitalizzare al massimo gli errori della Mercedes e la sfortuna di Russell, conducendo grandiosamente l’ultima porzione di GP senza mostrare alcun segno di scomposizione e anzi allungando sui diretti inseguitori, portandosi a casa la prima vittoria in carriera, per sé e per la sua squadra che giusto pochi mesi fa lo aveva licenziato e riportando il Messico sul gradino più alto per la prima volta dal Gran Premio del Belgio 1970, quando tale onore era toccato a Pedro Rodriguez, alla guida di una BRM.
Varcato il traguardo, rimaneva solo il tempo per le lacrime di commozione, così forti da non riuscire quasi a parlare via radio e per la grande festa della premiazione, cui il vincitore ha partecipato portandosi con sé e mettendo in grande sfoggio la bandiera messicana.
Dall’altro lato della medaglia, quale immagine della domenica permane una istantanea di George Russell nel dopo gara, sdraiato con le mani sotto la nuca in un prato retrostante i box, evidentemente distrutto dal risultato: l’inglese ha guidato da campione fin dalle libere, ha subito preso le misure della W11 EQ di Hamilton e in gara si è preso dal principio la testa, senza esitazioni, conducendo con estrema autorevolezza, come sottolineato dai tempi molto veloci stampati a ripetizione, e non era stata certamente la prima sconfitta subita in qualifica da un compagno di squadra, dopo un 36-0 fatto segnare fin dall’esordio, ad istillare in lui un qualche timore reverenziale; certo, vero è che la storia non può farsi attraverso i “se” e i “ma”, pur in questa occasione rimanga difficile scalfire la convinzione che non solo senza i disastrosi pit stop ma semplicemente senza la foratura, presumibilmente il buon George avrebbe conquistato la gloria nel giorno fin qui più importante della propria carriera.
Non sono invero mancati i primi confronti con Hamilton che subito hanno evidenziato la capacità dell’inglese di parlare molto di più alla radio, mantenendosi in contatto continuo con il muretto: la mancanza di Hamilton ha acuito la disorganizzazione già dimostrata dalla Mercedes, non nuova ad andare nel pallone al momento di reagire a fronte di situazioni d’imprevedibile confusione(vedasi Monza 2020 o Hockenheim 2019).
L’inedito podio di Manama, arricchito da Stroll sul terzo gradino, a completamento di una domenica da sogno in casa Racing Point e da Ocon sul secondo, alla prima Top 3 della carriera, terza quest’anno per la Renault (sotto gli occhi attenti di Fernando Alonso che ha seguito l’evento dal box francese) fa da contraltare alla grigia domenica di Valtteri Bottas, partito ancora una volta male, dimostratosi poco incisivo e poi davvero sfortunato nell’ultima fermata, almeno quanto nel fallace ultimo treno montatogli che non gli ha consentito di poter rimontare come il mezzo gli avrebbe permesso, così da onore al meglio il 6 dicembre, festa nazionale della sua Finlandia che celebra la propria indipendenza datata 1917.
Altra giornata nera in casa Ferrari, risoltasi nella buia gara di Vettel e rappresentata perfettamente dalla frenesia dimostrata da Leclerc subito dopo il via, frenesia che ha messo fuori gioco indirettamente Verstappen e che stava per costare molto caro anche a Perez: per questo il monegasco verrà punito, penalizzato di tre posizione da scontare nella gara ventura, in quel di Abu Dhabi.
Anche la Red Bull, nel computo delle favorite alla vigilia, non può certamente accontentarsi degli otto punti messi in cascina dal solo Albon per altro impreziositi da una buona risalita dal dodicesimo posto in griglia dell’Anglo Thailandese, né può ovviamente fare a meno di rammaricarsi per i fatti della curva 4; più in chiaro che in scuro la giornata dell’AlphaTauri, grazie a Kvyat (anonimo undicesimo Gasly), rimasto fino alla fine nel gruppetto subito a ridosso di Stroll e settimo al traguardo.
Gara solida per la McLaren che porta due vetture nei primi 10, nonché due belle rimonte, visto che i suoi due alfieri partivano ottavo (Sainz) e diciannovesimo (Norris): lo spagnolo, prossimo pilota Ferrari dal 2021, ha ancora dimostrato, se ma vi fosse la necessità, le sue grandi doti di attendismo e di costanza che sulla distanza lo hanno portato, dopo aver lungamente corso in terza posizione (ed essere scivolato più indietro per la sosta effettuata proprio nel momento in cui veniva tolta la Virtual Safety Car) ad ottenere dodici ottimi punti; la vecchia squadra dello spagnolo, la Renault, lascia anch’essa il Bahrain con un fantastico secondo posto ma soprattutto con la certezza di poter e dover continuare a migliorare.
Prossima gara, per la tappa conclusiva della stagione 2020, ad Abu Dhabi, la domenica ventura.